Diamond 67

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L'amore è il più antico degli assassini.
Stephen King


Vestita di bianco mi guardai allo specchio in quella stanza le cui mura avrei tanto desiderato distruggere, annientare con le mie stesse mani.

Trascorse un mese dalla sua morte, un mese di isolamento, paura, rabbia e disperazione.

Mai avrei immaginato che questo matrimonio, il mio congiungimento con Eros Knight, sarebbe divenuto tanto doloroso, eppure sono qui, pronta ad unirmi a un uomo meschino come lui.

Uscii dalla stanza incamminandomi lungo il corridoio verso l'altare, tutto mi parve sfocato. Le parole del sacerdote divennero un ronzio lontano, e il volto dell'uomo che mi stava aspettando una maschera di indifferenza.

Sentii il peso del vestito da sposa, il velo che nascondeva il mio sguardo e il profumo dei fiori che riempiva l'aria.

Una sensazione di impotenza mi continuò a sovrastare, intrappolata a un destino che mi fu imposto, a una promessa.

Avrei tanto desiderato urlare, essere altrove, essere libera.

Libera di poter rifiutare.
Libera di poter scappare.
Libera di poter decidere io per il mio destino.

Chissà se papà ora mi sta guardando, chissà se è felice vedendomi sposare suo nipote, sto mantenendo la mia promessa, lo sto per sposare e sarò costretta a convivere con lui per il resto della mia vita.

Gettata tra le braccia di un uomo che mi considerò sua sin dagli inizi.

Divenni una sposa priva del libero arbitrio, una prigioniera delle circostanze, l'inizio di una vita peggiore del mio passato, rilegata a un mafioso senza cuore.

Questo mese di completo isolamento fu un incubo.
Sola con i miei pensieri, lentamente dominati dalla paura e dalla rabbia.

Le notti furono le peggiori. Stesa sul letto, ero solita guardare il soffitto buio e chiedermi come avessi fatto a finire in questa prigione, come sarebbe cambiata la mia vita se lo psichiatra n. 7 non avesse mai accolto quella pallottola, se al posto di proteggere me avesse protetto se stesso, se non avesse mai cercato di vendicarmi gettando quello stupratore ai miei piedi.

Il miele che colava dalle sue iridi ancora oggi mi riscalda il cuore al pensiero, avrei ceduto tutto pur di rivederli anche solo per un istante, sentire la sua voce bassa che mi faceva rabbrividire a ogni parola, ritornare a quelle nottate in cui, dopo una lunga giornata di lavoro, tornava da me, si sedeva vicino a me e mi ascoltava lamentarmi di tutto ciò che mi accadde.

E avrei tanto voluto avergli riferito tutto con estrema sincerità, non aver provato timore e aver avuto abbastanza coraggio per raccontargli di papà e della promessa che mi vincolò a vita, avrei tanto voluto ottenere una seconda possibilità, con lui.

Lo psichiatra n. 7 ora non vi era più e nessuno sarebbe venuto a salvarmi, nessun cavaliere in armatura brillante avrebbe infranto quelle porte per portarmi via.

Il mio stomaco mi parve una ruota che girava incessantemente, il mio cuore incominciò a battere a ritmo accelerato, e le lacrime continuarono a minacciare di sgorgare in qualsiasi momento. Mi sentii come una prigioniera condotta al patibolo, non come una donna felice per esser riuscita ad onorare la promessa che fece al padre.

Dovevo rispondere, dovevo dire "", ma mi sentii come se non fossi davvero presente in quel momento. Come se il mio corpo si muovesse automaticamente, mentre la mia mente era in un altro luogo, in un'altra dimensione, con un altro uomo.

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