Diamond 17

2.2K 80 2
                                    

Non potevo rimanere lì per un'intera settimana ad aspettare che lui mi ascoltasse di nuovo.

Non sarei stata come le altre pazienti, non avrei continuato ad aspettare.

O mi accetta, o me ne vado.

Silenziosa e senza farmi notare da nessuno, mi avvicinai al suo ufficio ed entrai, nascondendomi sotto la scrivania. Aspettando lui, determinata a dimostrargli che non era l'unico capace di ottenere quello che voleva.

Pochi minuti dopo, mi preparai ad alzarmi, pensando che fosse lo psichiatra ad aver appena aperto la porta. <Cosa facciamo con loro? Non possiamo lasciarli fuggire. Non possiamo perdonare un tradimento del genere.> era la voce dell'avvocato Gherak.

Rimasi nascosta, ascoltando attentamente.

<Lo so.> disse lo psichiatra, facendo una lunga pausa prima di continuare. <Preparati, stasera torniamo lì.>

Lì dove? Che stava succedendo?

<Va bene.>

<Psichiatra n. 7, la paziente Elisabeth... La paziente Elisabeth è sul tetto.> disse una donna, che potei presumere fosse la segretaria.

<Cosa?! Ancora?!> esclamò prima di uscire di corsa, seguito dalla segretaria Luisa e dall'avvocato Gherak.

Uscii dal nascondiglio, udendo delle urla provenire dalla finestra. Mi affacciai e notai che tutti erano fuori, tutti uniti, guardando in alto.

<Il tetto.> dissi sottovoce, ricordando le parole di Luisa. Uscii dalla stanza e corsi verso le scale. Non sapevo bene dove mi avrebbero portato, ma non potevo permettere che quella ragazza commettesse quell'enorme errore.

Corsi il più veloce possibile, ogni scala mi sembrava infinita, segnava il tempo che passava senza ostacoli, l'avvicinarsi sempre di più alla fine verso cui Elisabeth desiderava andare.

Giunta all'ultima rampa, spalancai la porta e la vidi. Lì, al limite del tetto, c'era una ragazza innocente, devastata dalla vita. Era una giovane che vide nella morte l'unica soluzione.

<Elisabeth> dissi, avvicinandomi lentamente.

<FERMA. SE TI AVVICINI, SALTO.>

<Elisabeth, ascolta. So come ti senti. So cosa si prova a perdere la speranza, a vedere ogni porta chiudersi. So cosa si prova. Ma credimi, il suicidio non è la soluzione. La vita è un dono, Elisabeth.>

<Tu non sai nulla di me. Non sai cosa ho passato e cosa sto passando. Quindi zitta! Vattene!> rispose, voltandosi verso di me con il volto rigato dalle lacrime e le mani tremanti.

Nel suo sguardo, riconobbi me stessa: un'anima che vedeva nella morte un'alleata pronta a porre fine a una vita piena di ingiustizie. In lei, vidi riflesso il mio dolore, la disperazione che cercava conforto.

Mi avvicinai ulteriormente, porgendole la mia mano. <Stringila e ti condurrò verso l'immenso desiderio di scoprire cosa sia realmente la vita. Dum vivimus, vivamus. Mentre viviamo, viviamo.>

<No, t-tu n-non sei lui.> iniziò a respirare affannosamente, indicando con "lui" lo psichiatra n. 7, colui che mi offrì la stessa possibilità pronunciando le stesse frasi.

<Io non sono lui, ma lui è qui. È con noi e può aiutarti, se tu vorrai.>

<Nessuno può aiutarmi, solo la morte può concedermi un po' di sollievo.>

La vidi.

La vidi lanciarsi nel vuoto, verso la fine di tutto.

Corsi verso di lei e saltai, seguendola. Non ci fu esitazione, la mia mente comandava e io obbedivo.

Afferrai la sua mano, in bilico tra la vita e la morte. Ripercorsi con la mente tutto quello che avevo vissuto fino a quel momento: le gioie e le tristezze, i momenti di depressione e quelli di felicità intensa.

Vidi la me bambina riflessa tra i miei occhi, la vidi correre felice tra i prati, con le margherite tra i capelli, inseguendo le farfalle.

Vidi la mia innocenza e purezza di allora, in netto contrasto con la persona che ero diventata: una ragazza tormentata dai ricordi e dal passato, con una promessa ancora da mantenere.

Mi aggrappai disperatamente al balcone, stringendo con tutte le forze e trattenendo Elisabeth con l'altra mano.

Ma non riuscii a reggermi a lungo; la mia presa iniziò a cedere fino a staccarsi del tutto. Pensai che fosse la fine, che tutto si sarebbe concluso in quell'istante. Avrei incontrato papà senza aver prima mantenuto la mia promessa.

Alzai lo sguardo e vidi una mano reggermi, i suoi occhi dorati mi riscaldarono il cuore, mentre le sue mani mi riportavano alla vita.

Mi sollevò delicatamente e, con l'aiuto dell'avvocato Gherak, sollevarono anche Elisabeth. L'avvocato le tolse la mano dalla mia e ci condusse all'interno.

Lui mi aveva salvata, mi aveva appena offerto una seconda possibilità.

I suoi occhi erano fissi su di me; circondato dai raggi del sole era un vero angelo. Nonostante la sua freddezza e distacco, lui ci teneva a me. Voleva davvero far parte della mia vita.

Imponente nella sua perfezione, ci guardò una ad una prima di avvicinarsi a me. <Sei pazza.> disse con voce carica di rabbia.

Io non riuscii a rispondere, osservai semplicemente le sue labbra muoversi, scandendo ogni parola con rabbia e preoccupazione.

<Se ti fosse successo qualcosa, cosa avrei fatto io?!> continuò.

Era preoccupato per me? Nonostante il poco tempo trascorso insieme, sembrava sinceramente più preoccupato per me che per Elisabeth.

<E tu, signorina, da oggi puoi cercarti un'altra struttura psichiatrica dove stare. Non tolleriamo comportamenti del genere, non permetteremo che il nome della clinica Lux venga infangato in questo modo.> dichiarò l'avvocato Gherak, accanto allo psichiatra n. 7 che non smetteva di fissarmi.

Si passò una mano tra i capelli neri e inspirò profondamente prima di porgermi la mano. <Andiamo, vieni con me.> disse con voce calma ma decisa.

Io strinsi la sua mano e mi alzai, senza proferire parola. Tutto sembrava così surreale, come se fossi in un sogno.

Lo seguii mentre mi conduceva nella mia camera e mi faceva entrare. <Siediti e riposa, un medico verrà a visitarti fra poco.> mi disse con gentilezza.

Quando si voltò per andarsene, strinsi la sua mano, bloccandolo. <Resta con me...> sussurrai, senza più forze. Ero sotto shock e lui lo capì.

Sentii le palpebre pesanti, le gambe cedere e un brivido percorrermi la schiena.

Mentre tutto intorno diventava nero e il silenzio avvolgeva ogni cosa, udii una sola frase: <Non ti lascerò, tranquilla.>

Chiusi gli occhi e mi abbandonai al vuoto, accogliendo il sonno più profondo.

The PromiseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora