Diamond 54

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Mi sentii per l'ennesima volta debole.
Incapace di agire.
Impossibilitata nel possedere il controllo sul mio corpo.
Sottomessa a un uomo.

Il fiato mi iniziò lentamente a mancare, le mani a tremare e il cuore richiese di uscire, di fuggire dal dolore che avrebbe sopportato nuovamente, di scomparire e poter rinnegare ogni ferita riaperta e ogni goccia di sofferenza che sarebbe colata dal mio petto fino al ventre per curarlo, per rassicurarlo e dirgli che nonostante tutto sarebbe appartenuto a me, che, anche se in molti lo hanno preteso, è parte del mio corpo, di me.

Lo vidi ridere con il suo amico nel momento in cui entrambi iniziarono a slacciarsi i pantaloni e a toglierli con forza, nudi davanti a me iniziarono ad avvicinarsi al letto <Come al solito? Tu avanti e io dietro?>
<Certo.>

Riuscì a contare 5 persone sulla soglia della porta e ne vidi altri dietro ad assistere a questo orrore e altri che ancora si stavano unendo, come fosse normale, come non stessero per assistere a un abuso.

Presero uno dei loro boxer e me lo misero in bocca schiacciandolo e rendendomi impossibilitata a urlare, a parlare o a lamentarmi. Mi privarono dell'unica speranza che ancora imperversava in me, dell'unico modo che ancora possedevo per farmi sentire, per chiedere aiuto e uscire illesa da quella stanza.

<Boa menina.> mi sussurrò uno di loro mentre iniziò ad accarezzarmi la guancia e a guardarmi negli occhi, vidi nelle sue iridi azzurre non il cielo, no, il colore della più calda fiamma che esistesse, vidi lussuria e bramosia, lo percepii rivendicare il possesso di qualcosa che non gli apparteneva.

Il calore del suo bacio mi ustionò la pelle mentre le dita del suo amico, che iniziarono a slacciarmi i pantaloni e a sfiorarmi, parevano puro acido che corrodeva la mia pelle lentamente, consumandomi dall'interno, riflettendo la selvaggia degli uomini nella mia vita, conducendomi al pianto più disperato ma silenzioso.

Le lacrime iniziarono a rigarmi il volto senza sosta mentre mi alzarono la maglietta. Nuda sotto la vista di infinite persone ad assistere ridendo e commentando l'avvenimento, con queste due belve sopra di me.

Urlai e mi dimenai un'ultima volta prima che altri due uomini si avvicinassero tenendomi le gambe divaricate, aperte a soddisfare con la forza il loro desiderio, a compiacere il loro ego.

Sentii i loro baci sul collo, sul ventre, le loro bocche che succhiavano i miei seni stringendoli con forza mentre con le dita mi penetravano sia avanti che dietro.

Mi sentii impotente.
Violata dalla vita stessa.

Questa sono io: Diamond One, una ragazza di appena 20 anni con alle sue spalle una vita di violenze, infelicità, depressione, confusione, sofferenza e dolore.

Una ragazza il cui unico desiderio era vivere in pace in mezzo a una famiglia che la amasse e la rispettasse, dimenticando il passato e ogni suo tormento.

Una fitta al petto mi colpì nel momento in cui uno di loro mi sollevò penetrandomi da dietro mentre l'altro di mise sopra penetrandomi da avanti, chiusi gli occhi e strinsi i pugni nel momento in cui sentii il loro calore perforarmi l'anima e privarmi della dignità.

Ancora una volta.
Ancora.
Ancora.
E ancora una volta.

Come fossi una giostra.
Come non fossi umana.
Come fossi loro.

Chiusi gli occhi e mi immaginai lo psichiatra entrare in quell'istante e salvarmi, riportarmi tra le sue braccia e accogliermi nel suo calore, proteggermi sotto le sue ali e punire chiunque avesse assistito o partecipato a questa ingiustizia.

Chiusi gli occhi e immaginai Luke entrare e sparare loro senza sprecare neppure un'istante, privare loro della vita come loro privarono me della dignità, bagnarli del loro sangue come loro bagnarono me dei loro peccati.

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