Diamond 32

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Capitano a volte incontri con persone a noi assolutamente estranee, per le quali proviamo interesse fin dal primo sguardo, all'improvviso, in maniera inaspettata, prima che una sola parola venga pronunciata.
Fëdor Dostoevskij

<So chi è il König.> dichiarai, dopo aver chiamato Peter col telefono che lui stesso mi aveva dato prima di liberarmi. <Bene, ora portamelo.> affermò, prima di chiudere la chiamata.

Mi sentivo intrappolata, legata a un destino colmo di ingiustizie e crudeltà. Ero abbattuta, ma allo stesso tempo determinata a portare a termine questo compito: salvare Luke e tornare alla ricerca di Eros, un uomo il cui nome sentii nominare più volte ma che non avevo mai incontrato. Era come se fosse un fantasma, come se non volesse essere trovato.

Può darsi che mi conosca? Che sappia che lo sto cercando? Non ne ero certa, ma Luke e i suoi amici parlarono di lui la prima volta che li incontrai, il mio primo giorno qui in Brasile. Eppure, non l'avevo mai incontrato di persona né visto una sua foto.

A villa Knight, in Germania, era severamente vietato menzionarlo o anche solo chiedere informazioni su di lui. Non sapevo esattamente cosa avesse fatto alla sua famiglia, ma era chiaro che sia suo padre che suo fratello lo odiassero. Disprezzavano il suo nome, la sua immagine e tutto ciò che vi era collegato.

Sembrava morto per loro.

Uscii in giardino per una passeggiata, sentendo il bisogno di allontanarmi dalla realtà dopo tutto ciò che avevo passato. Avevo bisogno di respirare e dimenticare, anche solo per qualche istante, quello che stava accadendo nella mia vita.

La clinica Lux, oltre ad avere uno straordinario giardino, presentava anche una vasta piscina sul lato sud. L'acqua era pura e limpida, circondata da fiori bianchi e cespugli, con alcune panchine disposte in fila poco distanti.

Entrai in piscina con i vestiti, volevo evitare di ripetere quello che era accaduto con Luke. Non volevo che qualcuno mi vedesse e notasse il mio tatuaggio. Non ero psicologicamente pronta per un altro confronto con chiunque fosse stato.

Nuotai fino al lato opposto e mi sporsi in avanti, sorreggendomi con le mani mentre uscivo dall'acqua. Mi sedetti con i piedi ancora immersi nell'acqua tiepida, probabilmente riscaldata dal sole stesso che non abbandonava mai quel luogo. Sembrava che la clinica Lux avesse un abbonamento con il sole; non l'avevo mai vista immersa nel buio.

Chiusi gli occhi e inclinai la testa all'indietro, inspirando ed espirando profondamente. Cercai di liberare la mente da ogni pensiero, di distaccarmi da questo mondo e da tutti i problemi che lo circondavano.

Sentii i raggi del sole riscaldarmi il corpo ancora bagnato, finché improvvisamente percepii una brezza fredda, come se il sole fosse scomparso. Aprii gli occhi e vidi il volto di una donna che mi stava osservando dall'alto, comprendo il sole e immergendomi nella sua oscurità.

Mi alzai di scatto, posizionandomi di fronte a lei e scrutandola attentamente. Era la stessa donna che avevo visto quel giorno nell'ufficio dello psichiatra, la stessa che era con Luke e che aveva chiuso la porta dietro di sé non appena mi ero allontanata, rimanendo sola con lo psichiatra n. 7.

<Ci conosciamo?> chiesi, non comprendendo il motivo della sua presenza accanto a me, nella clinica, di fronte alla piscina.

<Non lo so, ci conosciamo?> rispose lei con strafottenza.

Davanti a me si presentava una donna molto elegante, emanava un profumo delicato di vaniglia. Indossava una camicetta bianca con i primi bottoni aperti e pantaloni larghi e lunghi color beige scuro, abbinati a una cintura di Chanel dello stesso colore e una borsetta dello stesso marchio.

I capelli neri sciolti, che scendevano fino a sopra le spalle, formavano un contrasto perfetto con la sua carnagione chiarissima e le lentiggini. Mi concentrai sugli occhi nocciola e sulle labbra carnose, ornate da un rossetto rosso. Poi, abbassai lo sguardo e notai le sue mani curate, con le unghie di un bianco che si sposava perfettamente con l'atmosfera impeccabile della clinica.

Quasi mi vergognai del mio aspetto, vestita con una felpa oversize e pantaloni cargo, entrambi neri, senza scarpe e calze, completamente bagnata e in imbarazzo.

<Non so chi tu sia, ma è evidente che tu conosca lo psichiatra n. 7. Giusto?> disse con un sorriso, incrociando il mio sguardo.

Ovviamente, chi altro avrebbe potuto conquistare una donna del genere se non lo psichiatra...

Alzai gli occhi al cielo prima concentrai su di lei, rispondendo <E quindi? Anche se fosse, cosa ti cambia?>

<Lui è mio. Ricordalo molto bene la prossima volta che gli parlerai o che ti azzarderai ad avvicinarti.> disse con serietà.

Non potevo credere che una donna così meravigliosa fosse gelosa di me. In questo stato mi sentivo insignificante in confronto a lei, sembravo una barbona.

<Che fai, mi minacci anche tu? Va bene, fallo. Ci ho preso gusto.> ribattei. Nonostante la mia autostima fosse a pezzi in quel momento, non avrei mai permesso a nessuno di sminuirmi. Nessuno. E se risponderle in questo modo, lasciando intendere che ci fosse qualcosa di più tra noi che un semplice rapporto paziente-psichiatra, l'avrebbe fatta pentire di essersi avvicinata, avrei mantenuto la mia posizione fino in fondo.

<Sei solo una ragazzina.> disse ridendo, mostrando i denti perfetti e bianchissimi che quasi brillavano al contatto con i raggi del sole. <Una ragazzina che spera troppo. Non sono solita mostrarmi in questa condizione di fronte alle bambine, ma> continuò, poi mi accarezzò la spalla sorridendo. <voglio solo renderti il tutto meno doloroso.>

E ora cosa intendeva dire con "doloroso"? Cosa ci sarebbe mai stato di così doloroso da sopportare più del rapimento, dello stupro, della morte di mio padre, di un destino che non posso controllare. Cosa.

<Cosa intendi dire?> chiesi, cercando di mantenere la calma. Eravamo in clinica e l'ultima cosa che volevo era un altro scontro con il König o con lo psichiatra.

<Molte sono le ragazze che si sono ammaliate del suo fascino, che si sono inginocchiate a lui e hanno chiesto di passare anche solo una notte con lui.> disse, sistemando una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mostrando i diamanti che indossava. Voleva sotterrarmi? Lo aveva appena fatto. <E lui, sai cosa ha sempre fatto? Si divertiva una, due, al massimo tre notti con queste bambine per poi tornare da me. È sempre tornato da chi lo faceva stare bene: io.> sorrise, avanzando di un passo e costringendomi ad indietreggiare fino al limite della piscina.

<Io non sono una bambina! Piuttosto che perdere tempo con me, dovresti rivedere le tue priorità. Una donna che accetta che il proprio uomo la tradisca molteplici volte non dovrebbe neanche considerarsi una donna con dignità.> affermai con sicurezza. Non riuscivo più a sopportarla. Se c'era un concetto che non doveva toccare nemmeno per sbaglio, era il rispetto per me stessa.

<Io so di cosa ha bisogno, so chi è, io lo conosco. Non si tratta di essere una donna "senza dignità", ma di una donna che sa riconoscere le esigenze del suo partner e soddisfarle.> replicò con sicurezza.

The PromiseWhere stories live. Discover now