Diamond 27

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Una volta arrivata alla clinica, varcai il portone principale che mostrava la scritta "Nosce te ipsum" sopra di esso. Percorsi il corridoio fino alla sala d'attesa, cercando di non farmi vedere, consapevole di essere scappata infrangendo il contratto che avevo firmato con loro.

Dovevo raggiungere l'ufficio dello psichiatra n. 7 senza attirare l'attenzione né della segretaria né dell'avvocato Gherak.

Mi nascosi dietro la porta, aspettando che Luisa, la segretaria della clinica, se ne andasse. Una volta sicura che non ci fosse nessuno, varcai lentamente la soglia, dirigendomi velocemente verso l'uscita.

Fortunatamente, la sala era vuota. Ripercorsi silenziosamente il percorso fatto precedentemente con l'avvocato e la segretaria fino a raggiungere l'ufficio dello psichiatra.

La porta era esattamente come la ricordavo, imponente e massiccia. Posai la mano sulla maniglia, soffermandomi sull'immagine incisa della manticora.

Non avrei mai immaginato di scappare da tutti e cercare di entrare furtivamente nella clinica solo per incontrare lo psichiatra n. 7, un uomo che si rivelò essere sotto l'influenza di uno dei più potenti capi della mafia brasiliana.

Non potevo credere di trovarmi in una situazione simile: io, sotto il controllo della mafia, mi stavo rivolgendo a un membro dell'organizzazione criminale nemica per chiedere aiuto, sapendo che un altro membro di quella stessa mafia era la causa principale delle minacce che mi avevano spinto a cercare aiuto.

Tutto divenne maledettamente surreale.

Inspirai profondamente prima di girare la maniglia e aprire la porta.

Lo vidi seduto di fronte alla scrivania, con un computer dorato posato davanti a sé. Era concentrato mentre digitava rapidamente sui tasti, deducendo che stesse redigendo qualche documento importante.

Deglutii a vuoto ed entrai senza dire una parola, sicura che avesse notato la mia presenza e stupita dalla sua grande indifferenza, come se fosse già a conoscenza del mio ritorno.

Mi avvicinai alla sedia di fronte alla scrivania e mi sedetti. Lo guardai per alcuni istanti, ma non ricevetti alcuna reazione da parte sua.

Completamente illuminato dai raggi del sole, emanava un'imponenza affascinante. Nonostante avesse scelto di ignorarmi, non riuscii a distogliere lo sguardo da lui. I suoi capelli neri brillavano mentre gli occhi color ambra sembravano il più puro miele.

<Ti devo parlare.> dissi, sperando in una risposta, ma il silenzio continuò a regnare in quell'ufficio.

<Mi hai sentito? Ti devo parlare.> ripetei, stringendo i pugni mentre lo guardavo. Avevo sempre considerato lo psichiatra n. 7 un uomo estremamente affascinante, ma questo non avrebbe mai potuto giustificare la sua fastidiosa indifferenza.

<HO DETTO CHE TI DEVO P A R L A R E.> gridai alzando il tono di voce, consapevole che fosse l'unico modo per ottenere una sua reazione. Un uomo come lui non avrebbe mai permesso a chiunque di sminuire la sua autorità in questo modo.

<SUL SERIO?!> sbattei le mani sulla scrivania, facendo tremare la targhetta dorata con il suo nome. <HO PASSATO GIORNI INFERNALI E A TE NON IMPORTA NEANCHE UN PO'?!>

Come è possibile che l'uomo che mi ha promesso aiuto, stringendomi la mano e portandomi qui, colui che mi ha salvato quella notte da quei mostri, mi stia ora voltando le spalle nel momento in cui più ho bisogno di lui? Può davvero essere così meschino?

<Abbassa i toni.> disse con un filo di voce, senza distogliere lo sguardo dal computer.

<ALLORA MI SENTI, PENSAVO FOSSI SORDO.>

Alzò gli occhi verso di me con una severità e una rabbia mai percepite prima.

<Non ripeterò la stessa frase per due volte, Diamond.>

<AIUTAMI.>

<Esci e torna da dove sei venuta, con noi hai finito.> disse con freddezza.

<COSA?! TI STO CHIEDENDO DI AIUTARMI E TU MI MANDI VIA?!>

Come poteva abbandonarmi così, come se nulla fosse accaduto? Lui ha promesso di aiutarmi, e se non sarà lui a mantenere quella promessa, sarò io a fargliela mantenere.

Mi avvicinai alla scrivania fermandomi di fronte a lui. <Guardami.> dissi con rabbia, poi alzai ulteriormente il tono di voce e ripetei: <GUARDAMI!> strinsi il suo mento con una mano, costringendolo a girare la testa e a guardarmi negli occhi.

Lui si girò allontanando immediatamente la mia mano prima di alzarsi in piedi e incrociare il suo sguardo con il mio.

Riuscii a percepire la sua rabbia. Avrei dovuto temerla, sarei dovuta stare alla larga da un uomo del genere, da un mafioso. Ma, stranamente, quella rabbia mi affascinava. La sua persona mi attraeva e allo stesso tempo mi faceva rabbrividire.

Non riuscivo a spiegarmi come un solo uomo potesse suscitare in me così tante emozioni contrastanti con un solo sguardo, in un solo istante.

<Zitta. Siamo in una clinica non a casa tua. Devi tacere.>

<I-Io..>

Era molto più alto di me, avvolto dalla luce del sole, ma feci di tutto per mantenere lo sguardo fisso su di lui. <Vattene.> affermò con rabbia <Esci dal mio ufficio.>

<No. Io ho bisogno di parlarti.>

<Allora prendi un appuntamento come tutti.>

Un appuntamento? Dovevo prendere un appuntamento per parlare del suo legame con il König? Dovevo prendere un appuntamento per farmi spiegare la presenza di uno psichiatra tra i mafiosi? Dovevo prendere un appuntamento per vivere?

<Scherzi, suppongo.>

<Ascoltami attentamente, Diamond. Ci sono delle regole che devono essere rispettate. Hai varcato la soglia del mio ufficio senza autorizzazione, quella del portone senza permesso e hai persino osato urlare senza averne il diritto. Desideri rimanere alla clinica Lux? Preferisci parlare con me? Perfetto, allora rispetta le regole.>

<Ho passato giorni infernali...> dissi con voce flebile, ponendomi alla destra della scrivania, di fronte alla finestra e allo psichiatra n. 7, voltando le spalle alla porta d'ingresso.

<Prenota un appuntamento e ne parleremo.>

<IO NON POSSO ASPETTAR-> si avvicinò a me e la sua mano mi coprì le labbra prima che potessi concludere la frase.

La morsi e gridai. <DEVO SAPERE CHI È QUESTO DANNATO KÖNIG!>

Nel giro di un secondo, vidi l'espressione sul suo volto mutare. Sentii la presenza di qualcuno dietro di me e mi voltai, notando Luke accanto a una donna sulla soglia della porta. Entrambi avevano la stessa espressione sul viso, molto probabilmente mi avevano sentita.

Guardai per un attimo lo psichiatra prima di correre dietro a Luke, che se ne era andato senza proferire parola. La donna mi osservò completamente prima di richiudere la porta dell'ufficio alle mie spalle non appena uscii.

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