Capitolo 32: cuore di pietra- 2° parte

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Il respiro divenne regolare

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Il respiro divenne regolare. Si acquietarono i pensieri, e ogni dubbio svanì come una nuvola di vapore dissolta in un istante dai raggi del Sole.

«Se questo è il prezzo da pagare per rivederla, non ho alcuna paura di affrontare il mio destino» lo sussurrò sottovoce riaprendo gli occhi. Nel respiro seguente, il quarantacinquenne tirò le briglie del cavallo inducendolo a voltarsi verso destra.

I ciuffi d'erba iniziarono a essere più radi, e il suolo divenne ancora di più polveroso. Di pari passo, le zampe dell'animale affondarono nei cumuli di sabbia che comparvero con maggior frequenza lungo il sentiero. Procedendo con andatura lenta qualcosa attirò all'improvviso i suoi occhi. La sagoma di un uomo a cavallo, posto a ridosso di una piccola foresta.

Entrambi scesero dai loro rispettivi quadrupedi, e si avvicinarono uno di fronte all'altro. Si squadrano a vicenda senza fare un cenno di commozione e di gioia. Avvolti nel silenzio, proseguirono a fissarsi con rancore e odio profondo fino a quando uno dei due dischiuse le labbra.

«Sono trascorsi parecchi anni dall'ultima volta che ci siamo visti. Permettimi di porgerti i miei più cari saluti» esordì Alessandro sarcastico.

«Non vedo l'ora di contraccambiarli» gli rispose materializzando, nella mano destra, un globo di fulmini che scagliò contro di lui.

Ma un vento impetuoso dissolse in un attimo la sfera che aveva appena lanciato. E mentre le folate d'aria divennero sempre più intense, non esitò un singolo istante a sollevare il capo verso l'alto. Era come aveva supposto. Un drago nero stava scendendo con rapidità dal cielo.

Una volta atterrata, la bestia feroce si mise a fianco al sovrano della Fenice del vento e squarciò l'aria con un verso assordante. Le scaglie della sua gola divennero fiamme ardenti, e i suoi occhi si ridussero a minuscole fessure. Sul punto di spalancare le fauci, una mano lo accarezzò facendolo desistere dall'intento.

«Arrenditi Marco, e forse userò clemenza nei tuoi confronti» l'avvertì proseguendo a sfiorare il muso dell'imponente animale.

«Arrendermi? Lo farai tu, non certo io» replicò togliendosi il mantello dalle spalle. Con una mossa fulminea, impugnò la spada che teneva allacciata alla vita e la puntò contro il tiranno. «Oggi concluderò ciò che non sono riuscito a portare a termine quindici anni fa.»

Così come aveva annunciato, l'uomo passò dalle parole ai fatti. Strinse con forza l'arma vorticandola nell'aria. A ogni rotazione, la lama si contornò di fumo e di lampi. Nel mentre osservò Alessandro. Valutò in che modo colpirlo. Quante mosse e fendenti sarebbero occorsi per annientare l'ultimo ostacolo che si contrapponeva fra loro. Ringraziò il fato per aver fatto sì che non fosse un battaglione di cavalieri, ma un unico drago. Ora non restava altro che compiere lo scatto finale. Quello che avrebbe posto fine alla vita di chi ne aveva troncate centinaia, se non migliaia.

Ne era consapevole. Quel giorno si sarebbe sporcato le mani. Macchiato l'anima per ciò che stava per compiere. Ma il suo gesto andava ben oltre alla vendetta. Al di là del rancore personale. Ferirlo non avrebbe portato a nulla. Il tiranno andava fermato con il mezzo più crudele che un uomo potesse mai prendere in considerazione. Solo se Alessandro sarebbe perito la pace sarebbe ritornata, e una moltitudine di persone sarebbero state risparmiate dal dolore e preservate dalla morte. Mai più guerre. Mai più sofferenze pensò fra sé deciso.

Nell'istante in cui la lama venne abbagliata dai raggi del Sole, la luce accecante si scagliò contro gli occhi dei nemici. Approfittò che entrambi avessero serrato le palpebre per compiere i primi in passi in avanti. Con la spada stretta fra le dita. l cuore pulsante di coraggio, aumentò l'ampiezza delle falcate per raggiungere quanto prima il tiranno. Era così vicino dal colpirlo che se ne stupì. Il drago non aveva accennato a reagire, mentre Alessandro non aveva alcuna intenzione di attaccarlo. Perchè? si chiese fra sé direzionando l'arma contro il petto del sovrano.

Lo capì troppo tardi. Aveva abbassato la guardia. Un sibilo appena percettibile echeggiò all'improvviso dietro di lui. Nonostante i riflessi non riuscì a schivare in tempo la freccia. Penetrò nel suo fianco, e il sangue iniziò a sgorgare copioso mentre la spada tintinnò sul terreno. Digrignando i denti tolse fulmineo l'oggetto appuntito non emettendo alcun grido. Seppure provasse un dolore lancinante, non avrebbe mai dato al tiranno la soddisfazione di vederlo inginocchiato a terra in preda alla sofferenza. Dopo aver recuperato l'arma, la conficcò al suolo pur di restare in equilibrio chiedendosi chi fosse stato tanto codardo da colpire un uomo alle spalle.

«La tua mira è sempre più precisa» pronunciò il sovrano osservando una sagoma uscire dalla foresta. Poi ridendo a squarciagola si voltò verso il suo avversario. «Hai gradito la sorpresa che ti ho preparato?»

Mentre il giovane avanzò verso di loro, Alessandro riprese a parlare. «Occorre fare le dovute presentazioni. Dopotutto è la prima volta che vi incontrate.»

Tenendo premuta la mano sul fianco, il padre della Nomade osservò il volto del ragazzo che lo stava fissando con spietatezza. Lo riconobbe subito. Mesi prima aveva ritratto quel volto su un foglio di carta, ed era più che mai intenzionato a raggiungere il regno dei Quattroventi per consegnarlo.

«Chi è costui?» gli chiese con affanno, fingendo di vederlo per la prima volta.

«È il mio primogenito» gli rispose orgoglioso abbracciando il giovane.

Marco rimase così tanto sconvolto nell'apprenderlo, che le gambe gli vacillarono per un breve attimo. «No, è impossibile!» esclamò sgranando gli occhi incredulo.

«Invece lo è. Lui è sangue del mio sangue» replicò sghignazzando. «Colui che un giorno mi succederà, e siederà sul trono della Fenice del vento

Ciò che aveva appena appreso andava al più presto divulgato. Tuttavia non sarebbe mai riuscito ad arrivare a Meran. La ferita era troppo profonda per tentare di affrontare la spietatezza del deserto. Con le ultime forze rimaste creò intorno a sé una barriera, e tirò fuori dalla tasca della giacca il ritratto scrivendo una nota su di esso. Nel respiro seguente, pronunciò una frase magica e materializzò un piccione legando il foglio a una delle sue zampe. 

Tutte le sue speranze erano riposte nel volatile che si elevava verso il cielo. Ma quando raggiunse una discreta altezza, venne incenerito da un drago appena sopraggiunto. Fu allora che l'uomo si inginocchiò per terra, e osservò con delusione la macchia di fumo scomparire nel nulla.

«Ho fallito, ho fallito» pronunciò sottovoce battendo più volte un pugno contro il terreno. I granelli di sabbia si mischiarono alle lacrime che gli scendevano con abbondanza sulle guance.

La bestia feroce, nel frattempo, atterrò al suolo e avvicinandosi al sovrano eseguì un breve inchino. Gesto che venne compiuto anche dalle ragazze sedute sulla groppa dell'animale. Dopo essere scese, solo una delle due si avvicinò al primogenito baciandolo con passione. L'altra invece, avvolta da un mantello color magenta, si mise in disparte.

«Non ti aspettavi che fosse lei a tradirti, non è vero?» commentò Alessandro indicandogli una delle due fanciulle.

La Fenice del vento - Sussurro di LunaWhere stories live. Discover now