Capitolo 11: la cella bianca- 3° parte

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C'era un'esplosione di profumo nel giardino del castello

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C'era un'esplosione di profumo nel giardino del castello. I fiori dei Calicanti erano all'apice della fioritura, e i fanti rimasero per qualche minuto sotto gli alberi per respirare a pieni polmoni un anticipo delle fragranze della primavera. Non appena dettero una breve occhiata a una panchina isolata si sbrigarono a marciare. Era bastato un solo sguardo di Ademaro per spronarli a riprendere la ronda.

Il conte rimase seduto sulla panchina, e chiuse di scatto il libro che stava tenendo in mano. Non se la sentì più di leggere. Con un rapido gesto lanciò il volume all'indietro evitando per un soffio la torcia posizionata alle sue spalle. Provò a distrarsi scagliando occhiate severe a qualunque sentinella intenta a parlare. Tentò di contare le stelle pur di svagare la mente. Fu tutto vano. I suoi pensieri ritornavano sempre a concentrarsi sullo stesso argomento: la Selindovia.

Era stato avventato a rinchiuderla nei sotterranei. Avrebbe dovuto portarla nella cella blu, o ancora meglio tenerla rinchiusa in camera. Ma era troppo tardi per rimediare. Fino all'indomani, la fanciulla avrebbe alloggiato in una zona segreta della proprietà in cui erano presenti le guardie di suo padre. Arricciò le labbra rammentando che fossero diversi dagli uomini al servizio del capitano Armando. Nicandro non li conosceva ancora bene, ma lui sì. Erano spietati, intransigenti e poco inclini a essere cordiali con le persone. Soprattutto la maggior parte di loro erano propensi a fare la corte alle fanciulle graziose. Non si sentì affatto sereno che lei potesse essere circondata da complimenti, e da occhiate per nulla discrete. Si alzò di scatto in piedi, e cercò di accelerare il più possibile l'andatura pur di arrivare in breve tempo alla caserma. Non sarebbe mai riuscito a dormire se non si fosse assicurato che fosse trattata con rispetto. In una manciata di minuti raggiunse l'edificio.

Dei passi veloci e decisi risuonarono sempre più forti nel piano segreto della caserma, e i soldati incaricati di sorvegliare il corridoio si fermarono di scatto estraendo le armi. Una ragazzo comparì davanti a loro. Sul punto di colpirlo, rimisero con un movimento fulmineo le spade all'interno dei foderi.

«Buonasera, conte Ademaro. Come mai è venuto qui a quest'ora?» li fecero in simultanea un breve inchino.

Ma il nobile senza nemmeno rispondere li scansò con una gomitata, e si affrettò ad affacciarsi alla finestra della porta bianca. Tirò un sospiro di sollievo constatando che Noemi stava dormendo. Dopo aver fatto un breve cenno, una sentinella aprì la porta. Di pari passo la ragazza si destò dal sonno.

«Ispezione di emergenza» esordì il nobile entrando nella cella.

Imbarazzata, la ragazza sollevò le lenzuola fino all'altezza del mento. «Non mi lasciate nemmeno dormire?» commentò sbadigliando.

Ademaro rimase sorpreso e al tempo stesso incantato di vedere il disegno affisso sul muro, e si voltò verso la guardia. «Chi ha avuto la brillante l'idea di portare alla contadina l'occorrente per disegnare?»

Mentre l'uomo abbassò lo sguardo, Noemi iniziò a sbraitare come una furia. «Non azzardatevi a incolparli. Non mi avete mai vietato di disegnare, perciò guai a voi se li punirete.»

«Sono d'accordo con il vostro punto di vista. Ergo sarete voi a ricevere l'ammonimento» sentenziò odiandosi per le parole che aveva appena pronunciato.

Tuttavia represse ogni rimorso. Erano presenti le guardie di suo padre, e non poteva mostrare di fronte a loro alcun cenno di bontà. Soprattutto nei riguardi di una popolana. Con riluttanza pronunciò un ordine osservando gli uomini armati.

«Mi raccomando, strappateli senza pietà.»

Non se lo fecero ripetere due volte. I soldati afferrarono come belve i fogli di carta lacerandoli in più punti. A quel punto, Noemi uscì rapida dal letto. «Ho impiegato due ore per realizzarlo. Non posso permettervi di distruggerlo» gridò spintonandoli per poi mettersi di fronte al disegno.

In una frazione di secondo, Ademaro si voltò verso le guardie. «Uscite immediatamente da qui!» urlò severo.

Rimasti da soli, il conte si avvicinò alla quindicenne. «Siete impazzita per caso? Indossate soltanto una vestaglia. Non dovreste mostrarvi in questo modo di fronte alle guardie di mio padre. Loro sono inclini a... » si fermò di colpo a parlare.

Concluse la frase con il pensiero. Sono inclini a osservare le belle ragazze arrossì di colpo. Nel battito di ciglia seguente, si affrettò ad avvolgerla con il suo mantello scarlatto. Non le rivolse mai le spalle, nemmeno quando una sentinella gli porse una cappa scura.

«Dovreste prestare attenzione quando indossate la divisa della scuola» fu tutto ciò che gli riferì l'uomo prima di uscire fulmineo dalla cella.

Il giovane borbottò un ringraziamento mentre allacciò l'indumento alle spalle. Poi ritornò a fissare la Selindovia. La vestaglia marrone della fanciulla, lunga fino ai ginocchi, era di lino pesante. Non presentava nessuna scollatura. Ciononostante lo considerò lo stesso un indumento troppo corto e audace.

Rossa più di una rosa, Noemi iniziò a spingerlo con forza verso la porta. «Vattene guardone!» esclamò imbarazzata.

Ademaro sollevò le braccia in alto, e scosse diverse volte la testa. «Guardoni sono le guardie, non io» obbiettò ordinando ai soldati di chiudere la porta.

Il nobile si allontanò con falcate rapide, ma quando si voltò indietro e notò le sentinelle ridacchiare arricciò le labbra. «Guai a voi, se raccontate al preside quanto è accaduto stanotte.»

Il tempo di compiere un profondo respiro e poi si lasciò alle spalle i corridoi, le arcate e l'odore delle torce collocate sui muri di pietra. Salendo le scale per raggiungere l'uscita della caserma serrò le dita formando un pugno. Non permetterò a nessuna persona di farle del male. Noemi è la mia luce.

Il giovane trasalì mettendosi una mano sulla fronte. Ma che razza di pensiero mi è venuto in mente. La mia luce? Scosse la testa deciso. La fanciulla era tutto fuorché un bagliore in grado di rischiarare le ombre che gli avvolgevano il cuore. La popolana non era nient'altro che la sua rovina. Una grande seccatura. La peggiore disgrazia della sua vita, nonché un'acerrima nemica. Eppure non ci mise un solo secondo a riflettere che fosse molto più bella di un panorama mozzafiato. Che ogni volta che la vedeva sorridere percepiva una pagliuzza d'oscurità staccarsi via dall'anima.

La Selindovia osservò rammaricata il disegno ormai strappato

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La Selindovia osservò rammaricata il disegno ormai strappato. Rimaneva qualche brandello di carta intatto, raffigurante parti di chioma e frammenti di ruscello. Mentre tolse i pezzi di foglio con delicatezza, un punto della parete iniziò a brillare all'improvviso. Per un breve attimo comparve il simbolo della foglia di quercia. Di pari passo le piastrelle del pavimento cambiarono aspetto diventando identiche a quelle della stanza segreta, in cui era custodito il libro magico. Una crepa iniziò a farsi largo nelle pietre, e in pochi attimi una porzione di muro si sollevò verso l'alto senza emettere alcun rumore.

La ragazza rimase immobile chiedendosi se fosse il caso di entrare nel passaggio segreto, oppure se fosse meglio allontanarsi. In breve tempo la curiosità prese il sopravvento sulla prudenza. Vinse la paura che le batteva nel petto, e facendosi coraggio varcò la soglia dell'apertura. Così misteriosa, ma così tanto intrigante da spingerla ad avanzare nelle ombre. L'oscurità la inghiottì dopo pochi istanti. 

La Fenice del vento - Sussurro di LunaWhere stories live. Discover now