Capitolo 23: il giorno del concorso- 2° parte

27 6 5
                                    

Erano bastate due ore per apportare le modifiche al percorso. Ademaro guardò soddisfatto il sentiero mentre i soldati erano indaffarati a scaricare gli ultimi scatoloni appoggiati sopra a un carro. Le trappole erano state posizionate, e mancavano soltanto gli ultimi ritocchi.

«I serpenti sono stati messi nella pozzanghera?» domandò il conte leggendo una nota trascritta sulla cartina.

Notando Andrea annuirgli gli porse la domanda successiva. «Ottimo, andiamo alla prossima tappa. Sono state aggiunte altre rane nel laghetto?»

«Sì, più di una dozzina» gli rispose sospirando.

«Clarissa sarà entusiasta di vederle!» esclamò Ademaro proseguendo a camminare.

Passando vicino a un piccolo calesse, una voce emerse dal gruppo di soldati che stavano appoggiando per terra alcune gabbie. «Signor conte, dove mettiamo questi?» gli chiese la guardia avvicinandosi a lui con una voliera piena di gufi.

Ademaro si chinò sulla gabbietta di legno osservando i volatili terrorizzati. «Portali a metà percorso. Saranno una piacevole sorpresa per la marchesa di Eclistis» commentò sghignazzando.

Approfittando che l'aristocratico iniziò a dialogare con Armando, il vice capitano rallentò andatura facendo cenno a Caligola di avvicinarsi. Nell'attimo in cui lo vide a fianco a sé dischiuse le labbra.

«Perbacco è uscito di senno!» sbottò moderando il tono di voce.

«Speriamo che la finisca con queste idee perfide. Cosa avrà mai mangiato stamattina per ridursi in questo stato? Le tarantole, per caso? Questo non è più un concorso, ma un campo di battaglia» gli bisbigliò sottovoce.

«Se avessi con me una padella la userei a dovere su questo moccioso. Sta superando il limite. Di tutte le idee che ha pensato, quella di piazzare i gufi raggiunge l'apice della stupidità. Devo intervenire prima che provochi un danno irreparabile» gli riferì raggiungendo con rapide falcate l'aristocratico.

«Signor conte» esordì Andrea riprendendo fiato. «La famiglia di Mirella ha donato ingenti somme di denaro per restaurare la scuola. Non sarebbe meglio rinunciare ai gufi come gesto di gratitudine? Temo che il marchese andrà su tutte le furie, se sua figlia verrà traumatizzata alla vista di quei rapaci. Non vale la pena rischiare di perdere un'importante benefattore solo per rendere il concorso più entusiasmante», gli spiegò mostrando tutto il suo disappunto.

Ademaro iniziò a ridere a squarciagola. «Eccome se ne vale la pena! Ho invitato alcuni miei amici dalla capitale. Deluderei le loro aspettative se rendessi il concorso più pacato, rovinando in tal modo, l'atmosfera spumeggiante. Inoltre non ho nessuna intenzione di fare favoritismi alle partecipanti. Quindi perché mai dovrei essere clemente con la marchesa?»

Il vice capitano scrollò le spalle rassegnato. Era inutile parlare con lui. Aveva perso del tutto la ragione e il buon senso. Pensò ad altro mentre il conte prosegui a impartire ordini. Si limitò ad annuire svogliato per l'ennesima idea che avrebbe decimato i benefattori della scuola. Tuttavia non poté restare indifferente notando, a pochi metri di distanza, un drago nero dimenarsi come una furia. Digrignò i denti, e serrò la mano fino a far diventare le nocche bianche.

«Di che avete paura vice capitano?» pronunciò Ademaro appoggiandogli una mano sulla spalla. «È incatenato» gli sussurrò sottovoce «e non può fare alcuna magia.»

Andrea sobbalzò puntando un dito contro la bestia feroce. «Rimane comunque un drago. Perbacco! Ha pur sempre dei denti aguzzi, e degli artigli affilati. Va eliminato, e se non avete il coraggio di farlo ci penserò io a mozzargli la testa» sguainò la spada furibondo.

«No!» esclamò disarmandolo con una rapida mossa. «Non azzardatevi più a intromettervi nelle mie decisioni. Senza di lui il concorso sarebbe noioso. Non trovate che sia divertente vedere le fanciulle correre come delle galline spaurite?»

La Fenice del vento - Sussurro di LunaWhere stories live. Discover now