Capitolo 6: la prima pagina- 1° parte

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Solarbiom, città della regione Fiamma, 6 novembre 495, anno della Lira

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Solarbiom, città della regione Fiamma, 6 novembre 495, anno della Lira.

Nell'istante in cui udì i rintocchi del pendolo propagarsi nell'aria, Ademaro si alzò di scatto dalla sedia e con il sorriso stampato sulle labbra uscì dall'aula. Il momento tanto atteso era arrivato, e ora poteva mettere in atto tutto ciò che aveva pianificato nelle ultime due ore. La rabbia gli esplose nel petto. Le ondate di collera si intensificarono a ogni falcata compiuta, e mentre camminò furibondo nel corridoio si guardò intorno scorgendo a pochi metri di distanza alcune guardie. Si avvicinò a loro con andatura spedita per poi pronunciare il primo di una lunga serie di ordini.

«Mi occorre un po' di musica in giardino. Recatevi in caserma per prendere l'occorrente. Mi raccomando: più grandi sono e meglio sarà.»

In una frazione di secondo le sentinelle sussultarono. Si scambiarono un rapido sguardo per poi irrigidirsi. Incrociando gli occhi del giovane non osarono chiedere spiegazioni. Annuendo con il capo, iniziarono a correre a perdifiato raggiungendo in breve tempo le scale. Di pari passo scansarono con le mani qualunque persona che li stava intralciando. Aristocratici compresi.

«Che cosa stai tramando di bello?» gli chiese Brancaleone avvicinandosi a lui.

Il conte non si limitò a inarcare verso l'alto un lato della bocca rivolgendogli un breve sorriso. Non si accontentò di rispondergli con tono moderato. Posizionandosi al centro del corridoio, lo annunciò ad alta voce affinché tutti potessero sentirlo.

«Ci sarà un grande spettacolo in giardino. Accorrete numerosi.»

Mentre Brancaleone osservò il migliore amico scendere rapido le scale, gli studenti intorno a lui iniziarono a bisbigliare. L'eco delle conversazioni si propagò nel corridoio raggiungendo in breve tempo le orecchie di Evaldo. Le parole udite non lo lasciarono indifferente. Smise di scatto di chiacchierare con i compagni di classe, e si affrettò a raggiungere il giardino. Si fece largo fra la folla, ma poco prima di stringere il passamano della scala una mano esile lo afferrò per un braccio.

«L'ultima volta che il conte ha pronunciato quelle parole ha espulso tre studenti dalla scuola. Sai di chi si tratta?» gli sussurrò una fanciulla alle spalle.

Senza voltarsi, il ragazzo esitò qualche secondo prima di dischiudere le labbra. «Non lo so. Mi auguro che non sia Noemi la protagonista dello spettacolo» le disse sottovoce posando i piedi sul primo gradino della scala.

«Lo spero anch'io» fu tutto ciò che gli riferì prima di allentare la presa. In un battito di ciglia ritrasse la mano dal braccio muscoloso del giovane permettendogli di dirigersi verso l'uscita del castello.

 In un battito di ciglia ritrasse la mano dal braccio muscoloso del giovane permettendogli di dirigersi verso l'uscita del castello

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Scortato da tre fanti, Ademaro marciò nel giardino digrignando i denti. Passo dopo passo strinse con forza le dita della mano destra fino a formare un pugno. Lo voleva scagliare contro di sé per imprimere sulla pelle un livido. Con tale intensità da essere identico a quelli che gli inferivano le guardie quando, da bambino, lo sorprendevano a distribuire caramelle ai figli dei domestici. Ne seguiva sempre una carezza accompagnata da un'amara verità.

«Perché mi costringi a impartire ai soldati l'ordine di schiaffeggiarti? Quante volte devo ripetertelo? Non fidarti mai dei plebei. Mai. Non vogliono la tua amicizia, bensì favori e doni. Oggi le caramelle, domani ingenti quantità di Lunarie. Si approfitteranno sempre di te, figliolo. Sempre» rammentò l'avvertimento di suo padre mentre si sfiorò la guancia con i polpastrelli delle dita.

Si sentì uno stupido per aver ignorato la raccomandazione dei genitori. Non era nient'altro che uno sciocco per aver creduto che Noemi fosse degna della sua fiducia. Istante dopo istante si pentì per aver incaricato i pittori di dipingere Ventalun nel bagno della sua camera, affinché non avesse troppa nostalgia della sua terra natia. Si arrabbiò con se stesso per averla curata con una magia tanto pericolosa da rischiare la vita. Non avrebbe dovuto confidarsi con lei, raccontarle una parte del suo passato mentre erano seduti sotto a un Alloro in attesa che la pioggia calasse d'intensità. 

Passo dopo passo indurì il cuore, e promise a se stesso che sarebbe stato imparziale nell'agire nonostante fosse un'orfana. L'obbiettivo della fanciulla gli era ormai chiaro. Era interessata soltanto ai libri proibiti, non a divenire un'amica sincera. Non ci mise più di due secondi a trarre le conclusioni. Era ormai certo che si fosse iscritta alla scuola del Sole per appropriarsi di quei volumi, come avevano già tentato altri studenti plebei prima di lei. Si avvicinò alla scuderia della scuola, e le sue falcate divennero sempre più rapide mentre osservò Noemi scendere da cavallo. Si fermò di scatto di fronte a lei per poi puntarla con un dito.

«Prendetela» ordinò severo fissandola rabbioso.

Fu improvviso quanto un battito di ciglia. I soldati posti a fianco al conte compirono dei passi in avanti, e incuranti della presenza dell'insegnante afferrarono con una mossa fulminea la fanciulla.

«Lasciatemi. Lasciatemi andare» urlò Noemi a più riprese mentre venne portata nel giardino sul retro del castello.

Il cuore le sussultò dalla paura e cercò in tutti i modi di liberarsi, ma ogni suo tentativo fu vano. Per quanto ci provasse a svincolarsi e a inchiodarsi sul marciapiede non allentarono di stringerle i bracci. Non appena la condussero di fronte a una fontana si allontanarono da lei. Riprese fiato mentre si guardò intorno sentendosi a disagio nel constatare che una folla di studenti la stava accerchiando. Tuttavia il peggio doveva ancora arrivare. 

Sotto il cenno di Ademaro, alcune sentinelle iniziarono a percuotere grandi tamburi. Di pari passo si posizionarono in cerchio. Sobbalzando per ogni colpo scagliato contro le pelli dei timpani, la Selindovia intravide un varco nella folla. Trattenne il respiro notando Ademaro avanzare verso di lei azzerando la distanza che si contrapponeva fra loro. Erano così tanto vicini che poteva vedere ogni dettaglio della fibbia appuntata sul mantello scarlatto. Dalle gemme incastonate, alle minuscole perline che contornavano il bordo del monile dorato. In seguito puntò gli occhi sul volto dell'aristocratico, e si pentì per averlo fatto. Rabbrividì osservando la fronte corrugata, gli occhi serrati a due piccole fessure e le labbra arricciate del giovane.

Tuttavia non era l'unica a sussultare in quel momento. Anche Rachele fu scossa da intensi brividi mentre si mise in prima fila. Tremori non provocati dalla neve che iniziava a cadere dalle candide nuvole del cielo. Bensì scatenati da un intenso terrore. Rammentò ciò che accade l'anno prima, quando lei e i suoi fratelli erano stati portati di fronte alla stessa fontana. Si ricordò di ogni singolo schizzo d'acqua che le aveva bagnato il vestito mentre udiva il conte pronunciare la sentenza di fronte a tutti gli studenti. «Rachele, Demiro e Goffredo siete espulsi da questa scuola seduta stante.»

Brancaleone si avvicinò alle spalle della contessa, e nell'attimo in cui le mise una mano sulla spalla la vide sobbalzare. «Non era mia intenzione spaventarti. È di tuo gradimento lo spettacolo?»

«Certo, e mi aspetto un gran finale» commentò sventolando con intensità il ventaglio che teneva in mano.

«Ci sarà senz'altro, e anche una bella sorpresa. Tieniti pronta» le rispose ironico trattenendosi dal ridere.

Sperando che qualcuno intervenisse, Noemi si voltò in più direzioni ma si rese subito conto che nessuno era propenso ad aiutarla. Neppure il vice capitano che si limitò a sbuffare e a scuotere la testa. Quegli sguardi così poco comprensivi erano diventati l'arma usata dal conte per umiliarla. Anche se si sentì sola e vulnerabile non aveva intenzione di versare alcuna lacrima. Nemmeno quando vide il conte fare cenno ai soldati di smettere di percuotere i tamburi. 

La Fenice del vento - Sussurro di LunaWhere stories live. Discover now