Capitolo 32: cuore di pietra- 1° parte

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A qualche chilometro dal confine con il deserto dell'Ovest, regione monte Fiamma

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A qualche chilometro dal confine con il deserto dell'Ovest, regione monte Fiamma. 23 aprile 496, anno del Pavone.

Le risposte erano racchiuse tutte lì. In quel cielo costellato da brillanti che era sopra di lui. Nell'attimo in cui puntò lo sguardo alle stelle pulsanti, Marco si riempì gli occhi della loro luce. Era una verità che conosceva fin da bambino. Gli astri non gli avrebbero mai parlato, ma solo indicato una moltitudine di vie.

Doveva interpretare da solo ciò che la volta celeste gli stava mostrando. Affinché scorgesse fra gli innumerevoli percorsi quello che l'avrebbe condotto alla prossima tappa del tragitto. Un viaggio che stava durando da ore, e che l'avevano indotto a lasciarsi alle spalle fiumi e altrettanti centri urbani. Ormai smarrito di fronte a colline mai viste, e a un panorama del tutto nuovo per i suoi occhi si affidò ancora una volta alle nozioni che aveva appreso nel corso degli anni. Ogni costellazione indicava una località. Ciascuna stella una possibile strada che avrebbe abbreviato il viaggio in determinati mesi dell'anno. Solo delle galassie diffidava e ignorava ogni consiglio. Conducevano a luoghi impervi e inesplorati da cui era difficile uscirne vivi.

Lo capì non appena ruotò il capo verso est. La mappa del viaggio, dipinta nel blu cobalto del cielo, stava per essere velata dai colori dell'alba. Doveva affrettarsi prima che la luce la coprisse del tutto. Stando attento a non cadere da cavallo, tracciò con i diti linee immaginarie collegando gli astri luminosi fra loro. Fino a creare sagome dalle sembianze di animali e fiori. Studiò il loro orientamento in base ai punti cardinali. Confrontò la loro posizione con le montagne circostanti per poi stabilire una direzione.

«Andiamo» ordinò al cavallo incitandolo a galoppare verso un'estesa prateria.

Avrebbe voluto correre più piano. Inclinarsi verso il basso fino a sfiorare i ciuffi d'erba ricoperti dalla rugiada. Era una sensazione che gli mancava di percepire da parecchi anni. Da quando gli era stato affidato il compito di vivere a Thuban. La capitale del secondo regno nell'impero dei Draghi alati. Ma la sua missione non ammetteva ritardi né tanto meno distrazioni. Riprese il controllo delle redini, e incitò il quadrupede ad acquistare velocità. Così come erano apparsi davanti ai suoi occhi, gli ultimi prati verdeggianti della Fenice del vento smisero di riflettersi nelle sue iridi.

Oltrepassò ponti. Affrontò la potenza dei fiumi per poi fermarsi di scatto davanti a una radura. Non fece ricorso alle costellazioni per comprendere dove fosse. Lo sapeva già. Era a un passo dal raggiungere il confine del reame. Ricordi e altrettanti frangenti di tempo gli tennero compagnia mentre si guardò intorno. Dopo molti anni quel paesaggio era mutato. Le ferite che la guerra aveva lasciato nelle colline erano state ormai cicatrizzate. La natura le aveva guarite rivestendole di foreste, e ricoprendole d'acqua fino a creare nuovi laghi cancellando in modo definitivo l'orrore che l'uomo aveva inferto al territorio.

Tuttavia la natura non era riuscita a eliminare i segni scolpiti sulla pelle dei sopravvissuti. Quelli rimanevano indelebili anche sul volto di Marco. Squarci di battaglie che gli ricordavano le lotte sanguinarie a cui aveva partecipato per contrastare la follia chiamata sete di potere. Il vento proseguì ad accarezzargli le cicatrici impresse sul viso, e l'ansia a pulsargli nel petto.

Ne era consapevole. Ormai solo una manciata di chilometri lo separavano dalla meta. Presto avrebbe raggiunto il regno dei Quattroventi. Rimaneva soltanto una decisione da prendere. Quella più difficile. Una scelta che avrebbe sancito il suo destino. Le zampe del cavallo si mossero in avanti fino a raggiungere un bivio. Il quarantacinquenne osservò le due direzioni indicate sulla tabella di legno. Socchiuse gli occhi, e rammentò la sera in cui la principessa di Thuban aveva bussato alla sua porta.

La ricordò ancora, a distanza di settimane, la frase che le aveva rivolto quando l'aveva abbracciata per tranquillizzarla. «Fai un bel respiro e raccontami tutto con calma.»

Inevitabile quanto lo scorrere di un torrente, le parole di quella conversazione gli risuonarono nella mente. Così vivide da estraniarlo in un attimo dalla realtà. Ebbe l'impressione di non essere più seduto sulla sella, bensì sul divano della sua casa. Ritrovandosi nello stesso istante in cui le labbra della principessa si erano dischiuse per rivelargli uno scorcio del futuro divenuto ormai presente.

«Fra qualche mese, un tuo caro amico ti chiederà di recarti da lui per consegnargli un'importante informazione. Durante la strada ti troverai di fronte a un bivio. Se procederai verso sinistra affronterai soltanto un gruppo di soldati. Se invece... se invece andrai a destra non solo incontrerai tua figlia, ma anche il tuo peggiore nemico. Ci saranno di certo altre occasioni per incontrarla. Ti scongiuro. Per questa volta rinuncia a rivederla» l'aveva supplicato attraverso il tremolio della voce.

Ma lui imperterrito l'aveva stretta a sé fissandola negli occhi. «In tutti questi anni sei stata come una figlia per me. Non dimenticherò mai la gentilezza e tutto l'affetto che ha dimostrato la tua famiglia nei miei confronti. Ma ora non posso più attendere di incontrarla. Ha bisogno del mio aiuto, e non posso permettere che lei sia nelle grinfie di quel tiranno un solo giorno di più.»

«Ti stai illudendo. Tua figlia non ha un briciolo di innocenza» gli aveva spiegato contrariata scostandosi da lui e iniziando a scuotere la testa. «Mi dispiace riferirtelo, ma lo faccio per il tuo bene. Lei è malvagia, crudele e senza pietà. Inoltre si è subito affezionata ai draghi neri. È inutile sperare che lei possa cambiare.»

Così come allora percepì la stessa amarezza che quella sera gli aveva riempito il cuore. Traboccando fino a raggiungere l'anima. Per la seconda volta si sentì di nuovo succube della rabbia. Identica per intensità a quella che gli era esplosa nel petto mentre si era voltato verso di lei per dissipare ogni dubbio. «Mia figlia ha incontrato un drago nero?»

«Sì Marco. È accaduto ieri. Non solo ha accarezzato il drago, ma pure ha conversato con lui. Sembravano in perfetta sintonia.»

«Com'è potuto accadere?» le aveva chiesto sconvolto un attimo dopo passandosi una mano fra i capelli brizzolati.

Com'è potuto accadere? ripeté con il pensiero tentando di fuggire dai ricordi. Ma loro proseguirono a tormentarlo obbligandolo a rammentare le successive parole della conversazione. 

«Alessandro le ha fatto conoscere un signore anziano, e quest'ultimo l'ha aiutata a salire sulla groppa del drago. Altro non ho visto» si ricordò la risposta che aveva udito singhiozzando a più riprese.

«Una ragione in più per incontrarla e portarla via da lui. Non posso accettare che il destino di mia figlia sia già scritto.»

«Che sia già scritto» bisbigliò sottovoce stringendo con forza le redini del cavallo.

Nel respiro successivo appoggiò entrambi le mani sulla fronte. Aveva tentato una moltitudine di volte a scacciare dalla mente il volto della principessa. Ne rivide le labbra tremolanti. Le gocce trasparenti che le cadevano copiose dal mento, e il suono delle parole pronunciate con rammarico.

«Rispetto la tua scelta, ma ti prego sii prudente. Se procederai verso destra incontrerai altre due persone» gli aveva confidato proseguendo a parlare per alcuni minuti.

L'aveva ascoltata con attenzione. Solo quando non udì alcuna sillaba echeggiare nella stanza aveva aperto l'anta della credenza, posta a lato del divano. Con una mano aveva afferrato una bottiglia di idromele. Con l'altra due due bicchieri di vetro. Con rapido movimento, li aveva appoggiati sul tavolo di cedro versando in uno di essi la bevanda alcolica. Solo dopo aver bevuto due bicchieri di fila aveva proseguito a dialogare.

«Non sentirti in colpa per ciò che accadrà.»

La Fenice del vento - Sussurro di LunaHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin