Capitolo 29: un'emozione risvegliata- 2° parte

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Ciò che vide appena entrò nella grotta la lasciò senza fiato

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Ciò che vide appena entrò nella grotta la lasciò senza fiato. Mai si sarebbe immaginata di trovarsi di fronte a una fila di rami infuocati infilzati nel terreno. Fu un'impresa proseguire a camminare senza sudare. Le fiamme rilucevano il doppio delle comuni torce scagliando intense ondate di calore. Per un istante si voltò osservando Ademaro marciare alle sue spalle. Con rapidi gesti della mano la incitò ad andare avanti avvertendola con largo anticipo della presenza di pozzanghere e di sassi sporgenti sul suolo. Dedusse che il giovane conoscesse il tragitto a memoria, come se l'avesse percorso centinaia di volte.

«Davvero deludente come allestite le colazioni a lume di candela. Nessuno vi ha mai detto quanto siete carente nell'organizzare gli eventi?» commentò indicandogli con una mano alcuni rami spezzati a metà, con l'altra decine di bastoni storti.

«Siete alquanto sfrontata stamattina» sbottò rivolgendole un sorriso sbieco. «Non temete. Ho preparato per voi una grande sorpresa. Non certo una banale colazione» le riferì serrando gli occhi a due piccole fessure.

Noemi lo fissò guardinga prima di riprendere a camminare. Nonostante l'avesse punzecchiato di proposito, il conte non si era sbilanciato. Non aveva alcun dubbio. Aveva organizzato un evento malvagio. Mentre le gocce d'umidità caddero dal soffitto roccioso bagnandole la giacca, ondate di vento le sferzarono il volto. A ogni metro lasciato alle spalle si intensificarono. Non tremò mentre la temperatura scese repentina. Continuò a rimanere calma anche quando un odore pungente di bruciato le pizzicò il naso. Iniziò a rabbrividire nell'attimo in cui raggiunse il fondo della caverna. Si fermò di scatto mettendosi una mano al petto lasciando che l'ennesimo soffio le scompigliasse i capelli. Si sforzò a continuare a respirare mentre le ginocchia le vacillarono. Non erano folate d'aria quelle che le stavano allontanando le ciocche corvine dalle orecchie. Bensì il respiro che fuoriusciva dalle narici di un enorme drago nero. Di tanto in tanto dei sbuffi di fumo emersero dalle fauci della bestia. Non le servì alcun incoraggiamento ulteriore per iniziare ad arretrare.

Qualcosa però le impedì di continuare a retrocedere. Afferrandola alla vita, il conte le sussurrò all'orecchio. «Avevate un conto in sospeso con loro, vero?» le riferì spingendola verso il drago.

In preda al terrore, la Selindovia cominciò a premere i piedi sul suolo per evitare di avanzare. Tuttavia fu inutile. Il terreno umido non le consentì di avere una presa salda, e le sue scarpe di cuoio inevitabilmente si inabissarono nel fango. Di pari passo non smise di fissare il drago. Arrotolato su se stesso, il feroce animale era addormentato. Avrebbe proseguito a restare nel mondo dei sogni se il sasso lanciato dal conte non l'avesse colpito sul muso. Una palpebra si sollevò, e quando la seconda si innalzò ciò che si riflesse nelle iridi di Noemi furono acuminati denti. Il drago era molto arrabbiato. Troppo dedusse dall'intensità con cui la gola gli stava sussultando e gonfiando. Odio. C'era soltanto puro rancore in quegli occhi gialli. Impallidì all'istante. Non aveva con sé nessuna arma e poteva soltanto confidare sull'aiuto del nobile. In una frazione di secondo, si voltò verso l'aristocratico che era appoggiato alla parete della grotta facendogli cenno di sguainare la spada.

Il mantello scarlatto non si scompose. Tenendo le braccia conserte, ridacchiò divertito. «Che fate impalata? Muovetevi a farmi vedere come si addormenta un drago.»

In un battito di ciglia, la fanciulla appoggiò una mano sulla parete per evitare di accasciarsi. Era peggio di quanto avesse ipotizzato. L'aristocratico non aveva inscenato alcun scherzo crudele. L'aveva messa in pericolo senza battere ciglio. Peggio ancora non era intenzionato a muovere un dito per soccorrerla. Si sentì un'ingenua per aver creduto che il nobile volesse solo spaventarla. Altresì si dette della sciocca per aver sperato che sarebbe intervenuto con tempestività. Ormai consapevole che non avrebbe ricevuto alcun aiuto, la quindicenne compì un profondo respiro. Tutto le era più chiaro. Ademaro l'aveva portata di proposito in quella grotta per assicurarsi che avesse detto la verità. Dei brividi di paura le iniziarono a indurire tutti i muscoli del corpo. Abbassandosi con cautela al suolo, per evitare di fare bruschi movimenti, afferrò alcuni sassi.

«Siete proprio curioso di saperlo? Spero che non rimarrete deluso» pronunciò senza degnarsi di guardarlo negli occhi.

Il giovane non si mosse di un solo centimetro. Si limitò a sbadigliare. «Avanti contadina. È giunto il momento di rivelarmi come riuscite ad addormentarli. Credete davvero che non mi sono accorto che custodite un oggetto nella vostra tasca? Tirate fuori quella pozione, e usatela prima che lui vi divori in un sol boccone.»

«Pozione? Fino a questo punto ne siete ossessionato?» esordì esterrefatta estraendo dalla tasca una meringa. «Avete davvero creduto che tenessi un'ampolla nella giacca?» sbottò scuotendo la testa.

Fu inatteso quanto un tuono comparso in una giornata serena. La bestia si alzò in piedi in una frazione di secondo. Roteando il braccio, la fanciulla scagliò fulminea i sassi contro il muso dell'animale. Il drago non gradì l'affronto, e sollevando gli angoli della bocca le mostrò i denti appuntiti e macchiati di sangue. In contemporanea le scompigliò i capelli con il suo respiro torrido e bruciante. In preda al panico, si voltò verso Ademaro che continuava a restare appoggiato alla parete rocciosa e umida. L'ultima briciola di speranza le volò via dal cuore. Non era affatto preoccupato per lei, bensì indifferente. Come se non gli importasse nulla se sarebbe sopravvissuta o meno.

«È arrivato il momento di confessare, popolana. Non mi muoverò di qui, fino a quando non mi rivelerete la ricetta della pozione. Non volete per caso diventare il pranzo del drago, vero?»

«Lo dirò fino al mio ultimo respiro. Non ho inventato alcuna pozione. Se non mi credete, allora la mia morte sarà la prova inconfutabile che vi ho detto la verità» affermò iniziando a guardare con astio l'animale.

L'aristocratico rimase impassibile mentre osservò la bestia feroce accorciare la distanza che lo divideva dalla plebea. Continuò a rimanere disinteressato scrutando l'animale guardare con intensità la fanciulla. Tuttavia quando vide le braccia della Selindovia smettere di tremare, e abbassarsi a peso morto sui fianchi posò la mano sull'elsa della spada. Accorgendosi che Noemi fissò le grandi iridi gialle del drago, sobbalzò. Con scatto fulmineo estrasse l'arma dal fodero.

«Contadina, allontanatevi subito» le ordinò a squarciagola.

Tuttavia la ragazza rimase immobile, come se non l'avesse udito mentre il drago era in procinto a colpirla. Una lacrima blu-argentata gli scese all'improvviso dall'occhio destro, e in un istante si ricordò dell'altruismo. La prima emozione risvegliata da quando aveva bevuto il sussurro di Luna. Una fitta lancinante al petto gli impedì di agire con prontezza. Nonostante l'avesse tirata a sé, non riuscì a evitare che il drago la colpisse alla spalla. Prendendola in braccio si affrettò a uscire dalla grotta e l'appoggiò contro un albero, a qualche metro di distanza dalla cavità. Tirò un sospiro di sollievo nel constatare che non ci fosse alcuna traccia di sangue sullo strappo della giacca. Di conseguenza dedusse che l'artiglio non le avesse graffiato la pelle.

«Noemi, Noemi, riuscite a sentirmi?» le sussurrò scuotendola con delicatezza. Fu tutto vano. Dopo l'ennesimo scossone, sospirò.

Alzandosi in piedi, Ademaro dette un forte pugno all'albero. I rami vibrarono. Le piccole foglie si agitarono, e alcune porzioni di corteccia caddero sui ciuffi d'erba. Nel respiro seguente si scompigliò i capelli. Era stato un'incosciente a portarla lì. Non avrebbe mai dovuto farle correre un simile rischio, solo per assicurarsi che gli avesse detto la verità. Brandendo in aria la spada entrò di nuovo nella grotta e si preparò ad affrontare il drago.

La battaglia durò diversi minuti. Rumori metallici, urla e grida si mescolarono all'odore di fumo e ai bagliori rossi che si riflettessero sulle pareti rocciose. All'improvviso il silenzio si impadronì della grotta, e dopo qualche istante da essa uscì la sagoma del vincitore. 

La Fenice del vento - Sussurro di LunaWhere stories live. Discover now