Capitolo 6: la prima pagina- 2°parte

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Un silenzio surreale avvolse il giardino mentre Ademaro si guardò intorno compiaciuto

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Un silenzio surreale avvolse il giardino mentre Ademaro si guardò intorno compiaciuto. Tutto il personale della scuola era presente così come gli studenti. Compiendo un profondo respiro iniziò a parlare ad alta voce mentre fissò la Selindovia come se volesse azzannarla.

«Qualche ora fa ho inviato un messaggio ai vostri genitori, i conti di Isilas, per informarli di quanto è accaduto oggi. Mi aspettavo una lettera di rimprovero da consegnarvi» alzò il tono di voce. «Ma c'è stato un risvolto inaspettato. Loro mi hanno assicurato di non avere nessuna figlia che si chiama Noemi. Così ho fatto un controllo accurato, e ho scoperto che i documenti che avete fornito alla scuola sono tutti falsi. Provenite da Ventalun, un piccolo paesino sperduto di contadini. Siete soltanto una popolana bugiarda, signorina Selindovia.»

Bugiarda risuonò nella mente della quindicenne come un eco provvisto di lame affilate. Si morse un labbro respingendo il dolore per quella parola così ingiusta. Era lui l'imbroglione. L'aveva obbligata a non dire a nessuno la verità ricattandola. Dandole una falsa identità contro il suo volere. Non era stata lei a desiderare uno stemma nobiliare sulla giacca, ma sua zia per proteggerla dalla cattiveria degli aristocratici. Come poteva essere così ipocrita da addossarle tutta la colpa, quando lui non aveva indugiato ad accettare le Lunarie di Viola? Se il gesto della sua parente era giustificato dall'affetto, non si poteva dire lo stesso per ciò che lui aveva preteso. Una cifra da capogiro tale da far andare sul lastrico una famiglia popolana. Il desiderio di dire la verità era più forte che mai. Ciononostante non poté in alcun modo difendersi, né spiegare nulla. Ancora una volta le scomparì la voce. Siete un delinquente! Un farabutto urlò la frase con il pensiero, con la speranza che si scagliasse contro le orecchie del giovane mentre proseguì ad ascoltarlo.

«Entro domani mattina, lo stemma nobiliare impresso sulla vostra giacca dovrà sparire. Siete fortunata che le sarte hanno sbagliato i colori dell'araldo. Altrimenti sareste stata arrestata per frode, e al tempo stesso espulsa dalla scuola» sentenziò togliendole la spilla dorata applicata sulla divisa.

Il lieve chiacchierio della folla diventò, istante dopo istante, sempre più sostenuto e la ragazza venne travolta da una marea di insulti e di scherni. Una delle poche persone rimaste in silenzio era Rachele. Le gambe le tremavano per la rabbia, mentre metabolizzò la verità.

«Quindi lei è una popolana. Che vergogna! Ho fatto amicizia con una plebea. Come ha osato quell'insignificante ragazza fingersi una nobile? Ademaro avrebbe dovuto cacciarla dalla scuola» farfugliò sottovoce.

«Ti senti bene Rachele?» le chiese Clarissa avvicinandosi insieme a Piero.

«Sono così tanto agitata che fatico a respirare» sventolò il ventaglio in modo teatrale.

«Dev'essere alquanto scioccante apprendere che eri amica di una popolana. Se ti occorre un po' di conforto sono a tua completa disposizione» le riferì Brancaleone rivolgendole un occhiolino. «A proposito» le indicò una cameriera a fianco a lui «ti ho portato un infuso per calmare i nervi» pronunciò sarcastico mentre le porse una tazza di camomilla.

La nobile lo fissò infuriata, e si allontanò mentre lo vide ridere a squarciagola. Nel frattempo, il conte fece cenno alla folla di studenti di andarsene e si avvicinò a Noemi parlandole sottovoce.

«Se pensate che questa era la punizione per ciò che avete osato fare oggi, sappiate che è solo un avvertimento. Al momento non posso espellervi, ma vi garantisco che farò di tutto per convincervi a lasciare questa scuola. Vi suggerisco di preparare le valigie, e di partire stasera prima che sia troppo tardi.»

Osservandola con disprezzo il mantello scarlatto le voltò le spalle, e si allontanò da lei lasciando sulla neve le orme dei suoi stivali. Ma dopo qualche falcata si fermò di scatto sentendo la voce di Noemi propagarsi nell'aria.

«Non ho nessuna intenzione di andarmene. Le vostre minacce non mi scalfiscono.»

Il ragazzo ruotò il collo quel tanto che bastò per incrociare gli occhi della fanciulla. «Dunque avete deciso di non seguire il mio consiglio. Molto bene. Sappiate che considero la vostra risposta una dichiarazione di guerra perciò preparatevi. Renderò il resto dell'anno un vero inferno. Stasera godetevi la permanenza nel giardino perché da domani non potrete più venire qui.»

Ademaro proseguì a camminare, e passo dopo passo la sua sagoma diventò sempre più piccola fino a svanire nel nulla, come se quella candida bufera l'avesse inghiottito. Incurante che la neve stava cadendo copiosa, la Selindovia si sedette sul bordo della fontana e iniziò a versare qualche lacrima. Solo l'orgoglio le aveva impedito di non piangere davanti a tutti. In pochi minuti, l'aristocratico le aveva portato via tutto ciò a cui teneva di più. Non solo l'amicizia con Rachele e dei suoi compagni di classe. Soprattutto le passeggiate nel bosco che le ricordavano il profumo montano di Ventalun. La scuola sarebbe diventata un luogo ostile, e il suo tempo libero l'avrebbe trascorso nel più desolante silenzio senza alcuna possibilità di sfiorare con le mani il manto erboso. Osservò le orme sulla neve scomparire a poco a poco, e rivolse lo sguardo al cielo.

«Non importa quanta perfidia userà contro di me. Anche se non sarà facile sopravvivere in questa scuola lotterò con tutte le mie forze» lo sussurrò ai fiocchi di neve intenti a danzare con il vento.

Tremando per i brividi di freddo, la quindicenne iniziò a recarsi all'entrata del castello. Salì con rapidità le scale, e appena giunta nella camera scucì lo stemma nobiliare dalla giacca. Scacciò via tutti i pensieri che la stavano turbando smettendo di singhiozzare. Non aveva importanza che cosa sarebbe accaduto l'indomani. Quella sera avrebbe portato a termine l'obbiettivo che si era prefissata di raggiungere.

La bufera di neve aveva ricoperto con un soffice manto ogni angolo del giardino

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La bufera di neve aveva ricoperto con un soffice manto ogni angolo del giardino. Spruzzando di bianco i cornicioni delle terrazze, e rivestendo di gelido candore i vetri delle finestre. Nonostante ciò Noemi uscì dall'ingresso del castello tenendo strette fra le dita sia la chiave che la pagina recuperate, una manciata di minuti prima, nella biblioteca. Incurante del freddo che stava aleggiando intorno a lei tenne il cappuccio sollevato. Di tanto in tanto si fermò per assicurarsi che non ci fosse nessuna guardia nei paraggi. Avanzò a piccoli passi sopportando il gelo che percepiva ogni volta che le scarpette affondavano sullo strato nevoso.

Seguendola di nascosto, Evaldo la fissò rammaricato. Se l'allenamento non si fosse prolungato fino a tarda mattina, sarebbe riuscito a impedire a Rachele di sorprenderla con un libro proibito. Di conseguenza l'ira di Ademaro non si sarebbe mai scagliata contro di lei. Scosse la testa sospirando. Non era più certo che sarebbe riuscito a proteggerla dall'espulsione. Era troppo maldestra per passare inosservata. Più tonta di quanto avesse immaginato costatando che aveva scelto una pessima serata per recarsi dal libro. Compì un profondo respiro mentre cancellò con la magia le impronte che la quindicenne imprimeva sullo strato di neve. In contemporanea tramortì diverse guardie, che seppure brille, avevano intercettato un mantello bluetto zigzagare fra gli alberi spogli di foglie. Inserendo le mani all'interno delle tasche del giaccone, candido come la neve, si accucciò dietro a un arbusto sorvegliando i dintorni mentre la fanciulla si fermò di fronte al passaggio segreto.  

La Fenice del vento - Sussurro di LunaWhere stories live. Discover now