Capitolo 19: Orostella- 2° parte

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Con un movimento fulmineo, la Selindovia si affacciò a una finestra e tirò un sospiro di sollievo

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Con un movimento fulmineo, la Selindovia si affacciò a una finestra e tirò un sospiro di sollievo. Il conte non era in giardino. Le venne in mente un solo posto dove cercarlo. Dimenticandosi di salutare l'amica scese rapida le scale, e giunta al primo piano oltrepassò la tenda di broccato color ocra. Il tempo di compiere un profondo respiro, e poi iniziò a correre. Lasciò alle spalle i tappetti, gli arazzi appesi sulle pareti scintillanti e solo quando si trovò di fronte a delle vetrate riprese fiato. Si guardò intorno spaesata puntando gli occhi prima sui quadri e in seguito sui lampadari. Non aveva alcun dubbio. Si era persa.

«Caspita! Corri davvero veloce. Non ho fatto in tempo a dirti che sarei venuta insieme a te» le riferì Fidalma respirando con affanno. «Seguimi, ti faccio strada» le fece un cenno con la mano.

Le fanciulle proseguirono a camminare, e in una manciata di minuti scorsero in lontananza la porta del salotto. Mentre Fidalma si fermò di fronte a una statua, Noemi continuò a percorrere il corridoio mantenendo lo sguardo fisso su Ademaro. Non esitò nemmeno un secondo ad avvicinarsi a lui, nonostante fosse scortato da un gruppo di guardie. Nel battito di ciglia seguente tirò fuori dalla tasca della giacca un foglietto ripiegato.

Percependo dei passi dietro di lui, il mantello scarlatto si voltò di scatto. Impiegò soltanto una frazione di secondo per impedire a uno degli uomini armati di estrarre la spada. Tuttavia gli servì un minuto intero per calmare i battiti frenetici del cuore. Desiderò rivolgerle un sorriso nell'attimo in cui la vide fermarsi di fronte a lui. In un battito di ciglia accantonò il proposito. I bracciali che portavano i fanti al polso, gli ricordarono che non era scortato dai soldati sotto il comando del capitano Armando. Bensì dalle guardie di suo padre. Seppur riluttante, la fissò severo e mise da parte ogni gentilezza.

«Che cosa volete?» sbottò fermandosi davanti alla porta del salotto della scuola.

«Mi occorre un vestito per il ballo. Ho già parlato con il preside, e lui è favorevole a concedermi il permesso per recarmi in città. Manca solo la vostra firma. Potreste firmarmi questo documento?», gli chiese porgendogli la carta raffinata.

Ademaro dette un'occhiata veloce agli uomini armati a fianco a lui. Dall'intensità con cui stavano stringendo l'elsa della spada intuì che erano a un passo dal reagire. Un popolano che non porgeva un inchino a un nobile, per giunta di illustre lignaggio, era una grave mancanza di rispetto. Tale da richiedere un castigo immediato. Se avesse esitato a punirla, si sarebbero occupati loro di farlo al suo posto. Così stabiliva la legge. Uno schiaffo sulla guancia non sarebbe bastato per compensare l'offesa. L'avrebbero portata nelle segrete del castello, o peggio trascinata in giardino e messa alla gogna per un giorno intero. Non poteva permetterlo. Nessuno aveva il diritto di far del male alla fanciulla che gli stava facendo battere il cuore. Si era promesso di proteggerla, e così avrebbe fatto anche a costo di farsi odiare.

Con un rapido gesto, il nobile afferrò il foglio e lo strappò in due rivolgendole un ghigno. «Non occorre che mi ringraziate per avervi aiutata. Non siete contenta per aver risparmiato un po' di Lunarie?» Un secondo di silenzio, e poi cambiò tono di voce. Da autoritario divenne freddo quanto un ghiacciaio. «Che questo vi serva da lezione per non avermi omaggiato con un inchino», le riferì entrando nel salotto. Di pari passo lanciò in aria i pezzi lacerati. Le ante si chiusero nel momento esatto in cui i due lembi di carta toccarono il pavimento.

La Fenice del vento - Sussurro di LunaWhere stories live. Discover now