Capitolo 5: la calma prima della tempesta- 2° parte

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«Lo so» la interruppe serrando la mascella per poi scompigliarsi i capelli. «Non mi avete offeso. La verità è che non ho mai sopportato di vedere quel frutto perché» riprese fiato, poi regolò il respiro. «Quando ero bambino» la voce gli tremò con tale intensità che non riuscì a concludere la frase.

Notando che stesse tremando, la quindicenne si avvicinò a lui e gli appoggiò una mano sulla spalla. «Non sentitevi obbligato di darmi una spiegazione. Parliamo di altro.»

Ademaro si voltò di scatto verso di lei, e le appoggiò una mano sulla sua. «Non mi sento obbligato, anzi desidero rivelarvelo perché mi fido di voi» sospirò poi riprese a parlare. «Quando ero bambino, non vedevo quasi mai mio padre se non in rare occasioni. Un giorno dovevo incontrarlo nella capitale, e mentre stavo passeggiando in una via del centro storico un gruppo di persone, dei ribelli» precisò severo «hanno iniziato a lanciarmi delle mele. Ero troppo piccolo per riuscire a difendermi, e i soldati che mi stavano scortando non riuscirono a proteggermi. Sono rimasto a letto per una settimana. Ancora oggi ho su di me il ricordo di quella mattinata» le indicò una piccola cicatrice nel naso.

«È orribile!» esclamò esterrefatta. «Mi dispiace. Ciò che vi hanno fatto è crudele» gli riferì asciugandosi con il dorso della mano una lacrima che le scendeva sulla guancia. «Sono stati puniti i responsabili?»

«Sì. Mio padre li ha puniti in modo esemplare, ma per quanto mi avessero fatto del male quei popolani non meritavano la morte. Al massimo qualche giorno alla gogna» le riferì schietto.

«È per questo motivo che odiate i popolani?»

Scosse la testa deciso afferrandole una mano. «No, non provo odio verso nessun plebeo, soltanto per i ribelli e i criminali». Aprì le labbra poi le serrò, infine le dischiuse sussurrandole piano. «Credete che sia possibile che un giorno i popolani e gli aristocratici possano andare d'accordo, per lo meno rispettarsi a vicenda?»

«Prima di venire in questa scuola consideravo tutti i nobili assetati di potere e di gloria, ma poi ho compreso quanto fosse limitato il mio pensiero. Le persone sono buone, cattive, umili o egoiste indipendentemente che siano aristocratiche oppure plebee. Quindi sì. Sono convinta che si possa andare d'accordo con chiunque, a patto che andiamo al di là dei pregiudizi. Anche l'amicizia è possibile.»

«L'amicizia non potrà mai esistere fra classi sociali diverse, solo il rispetto» controbatté incrociando le braccia al petto.

«Se fosse vero allora perché trattate il vice capitano come un amico? L'amicizia non è forse basata sulla fiducia, sul rispetto, sulla sincerità e sull'aiuto reciproco?»

Ademaro sobbalzò all'istante. Era così tanto colpito dalle parole che aveva pronunciato la fanciulla che impiegò qualche secondo prima di risponderle.

«Avete ragione» le annuì rivolgendole un sorriso. «Dunque c'è la speranza che possiamo anche noi andare d'accordo?» le porse una mano.

«Sarebbe bello se accadesse» gli riferì ricambiando la stretta di mano.

«Me lo auguro anch'io» poi voltò, lo sguardo puntato verso il cielo. «Sarà meglio ritornare a scuola prima che piova più forte».

Prima l'aiutò ad alzarsi, in seguito le porse la mano per salire in groppa al cavallo. Rimasero in silenzio chiedendosi entrambi se un giorno sarebbe diventati amici.

 Rimasero in silenzio chiedendosi entrambi se un giorno sarebbe diventati amici

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Solarbiom, città della regione Fiamma, 6 novembre 495, anno della Lira.

Approfittando dell'assenza delle guardie, Noemi entrò nella biblioteca e osservò con attenzione tutti gli angoli della stanza per assicurarsi che non ci fosse nessuno. Dopo aver preso la scala e facendo attenzione a non fare troppo rumore, salì sui pioli di legno e iniziò a leggere i titoli dei libri proibiti che si trovavano nel ripiano più alto. Si augurò di riuscire a trovare il volume nel quale era custodita la pagina magica. Un sottile tomo verdognolo la incuriosì. Sotto al titolo era raffigurato il disegno della foglia di quercia. Sorrise raggiante mentre a sua insaputa una ragazza si avvicinò a lei con passi silenziosi.

Mentre stava per sfogliare il libro, una voce si diffuse nella biblioteca. Il cuore le batté all'impazzata per lo spavento e rimase amareggiata nell'ascoltare le parole che stavano echeggiando nella stanza.

«Non ho intenzione di coprirti ancora le spalle. Questa è la seconda volta che ti sorprendo a curiosare nel ripiano proibito. Sono costretta ad avvisare le guardie» le riferì Rachele prima di voltarle le spalle.

«Per favore non farlo» la supplicò vedendola uscire dalla stanza.

La nobile prima la fissò con indifferenza, in seguito chiuse la porta compiendo un giro di chiave. Rimase impassibile di fronte alle suppliche della fanciulla, e iniziò a sorridere mentre scese le scale per raggiungere il piano terra. Ademaro era molto abitudinario, ed era certa che in quel momento si trovasse in giardino. Mentre lasciò alle spalle una moltitudine di gradini, non riuscì fare a meno di rallegrarsi. Si chiese in che modo il conte l'avrebbe ringraziata per aver denunciato Noemi. Una passeggiata nel suo giardino privato? No, troppo banale pensò fra sé scuotendo la testa. Nel battito di ciglia seguente ipotizzò che l'avrebbe invitata a pranzare nella capitale.

Non appena uscì dal castello, l'aristocratica lasciò in sospeso ogni riflessione sul premio che avrebbe ricevuto per concentrarsi a individuare dove si trovasse Ademaro. Schivò alcuni gruppetti di studenti, ignorò un compagno di classe che la stava salutando e non fece caso alle parole che Clarissa le riferì quando le passò di fronte. Compiendo una breve corsa si avvicinò al gruppo di guardie più vicino al mantello scarlatto.

Si mise di fronte a uno di loro per poi porgergli una chiave. «Una mia compagna di classe sta leggendo i libri proibiti in biblioteca. L'ho chiusa nella stanza per evitare che scappasse.»

«Guardie!» urlò furibondo Ademaro con tale intensità da interrompere ogni conversazione che stava echeggiando nel parco «recatevi subito in biblioteca, e portate la fanciulla dal preside» fu tutto ciò che disse prima di dirigersi nel giardino privato.

Rachele lo fissò andare via. Ci sperò fino all'ultimo secondo, ma il giovane non si voltò mai verso di lei né tanto meno lo sentì pronunciare una parola di ringraziamento nei suoi confronti. 

La Fenice del vento - Sussurro di LunaWo Geschichten leben. Entdecke jetzt