6 Gabe

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Capitolo 6

Gabe

«Su, cos'aspetti?»

Fiona mi sta allungano un badile da più di un minuto ormai, dopo avermi costretto ad abbandonare le mie Giorgio Armani edizione limitata in cambio di un paio di stivali di gomma sporchi che mi stringono dal momento che non corrispondono al mio numero di scarpa.

«Non ce la faccio, la puzza si sente fin da qui e mi dà il voltastomaco», dico assumendo un tono di voce che non accetta repliche.

Ma lei non sembra minimamente impressionata dalla mia inesistente voglia di collaborare. «Ti ci abituerai. Dai, non è il momento di comportarti da principino. Fammi vedere quanto sei uomo!» Sbatte le palpebre e mi mostra un sorrisetto del cazzo che farei sparire volentieri a furia di badilate sui denti.

«Io sono un vero uomo», ci tengo a precisare, fulminandola con un'occhiata. «Dà qua!» Ferito potentemente nell'orgoglio da una sempliciotta, le strappo il badile dalle mani.

Se qualcuno mi avesse detto alcune settimane fa che sarei finito in una dannata e puzzolente stalla, circondato da mucche e da letame da spalare, gli avrei riso in faccia. Invece eccomi qui, pronto a vomitare anche il cenone dello scorso Capodanno.

«Le ha già munte Seth quindi per adesso ti mostrerò soltanto come si pulisce una stalla».

Soltanto?!

Fiona entra nella stalla con disinvoltura. Io la seguo e affondo il naso nell'incavo del gomito.

La stanza che mi si presenta davanti è gigantesca oltre che altissima, ed è dotata da delle finestre posizionate in alto alle quali non si può arrivare se non con l'utilizzo di una scala. L'ambiente è ben illuminato e la temperatura all'interno sembra perfetta. In fondo alla stalla vedo dei covoni di paglia e fieno che quasi sfiorano il soffitto a cupola.

Le mucche hanno un solo spazio comune che potrebbe tranquillamente ospitare un numero molto più elevato, oltre le dieci che riesco a individuare. Da un lato del recinto c'è un abbeveratoio dove due delle mucche si stanno dissetando; dall'altro le sbarre sono larghe affinché gli animali possano tirare fuori la testa e mangiare il fieno sparso a terra. Il restante di loro lo fanno proprio in questo momento senza curarsi della nostra intrusione.

«Muuuu!», muggisce un'altra vacca, la più grassa di tutte, quella bianco e nera, l'unica a essere sdraiata a terra, e io sobbalzo, guardando diffidente Fiona che va ad aprire il cancello che mi tiene al riparo dalle bestie.

«Cosa diavolo stai facendo?», chiedo.

«Prima di pulire dobbiamo portarle al pascolo».

Fiona si sposta accanto alla vacca sdraiata e la incita ad alzarsi finché non si mette in piedi, seppur con fatica. Poi, in fila indiana, le mucche escono dal cancello e Fiona lascia ad ognuna una carezza.

Io, come se stessi assistendo a chissà quale tragedia shakespeariana, inizio ad indietreggiare. Non aspetto che mi raggiungano e me la do a gambe, uscendo fuori dalla stalla e allontanandomi a passi rapidi dopo aver lanciato il badile a terra.

«Gabe, torna qui, non ti fanno niente!», sento la voce di Fiona alle mie spalle, ma non la sto a sentire.

Nonostante le scarpe strette, accorcio in fretta la porzione di terreno che mi separa dalla cascina e raggiungo i gradini che mi conducono al porticato. Resto a guardarla mentre si allontana insieme alle mucche verso la vasta distesa d'erba presente accanto al frutteto, delimitata da un recinto di legno.

«Col cazzo!», brontolo intenzionato a mettere radici sul portico.

«Guarda che sono erbivori».

Mi volto e vedo Seth alle mie spalle. Oggi indossa un paio di jeans usurati e una T-shirt slabbrata con il logo di una rock band. Non avevo idea che vivesse qui anche lui.

Nella vecchia fattoria, ia ia LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora