5 Gabe

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Buongiorno♥️

Capitolo 5

Gabe

La sera prima

Vado vicino al palo della luce, massaggiando la fronte nel punto esatto in cui Fiona mi ha tirato una testata.

Sono qui da meno di quattro ore e ho rischiato di essere aggredito da un tacchino malvagio, mi sono scorticato la mano, ho ricevuto una botta in testa e un'indesiderata palpatina, e probabilmente mi verrà la dermatite a causa del dannato sapone rimasto sulla pelle.

Mio padre capirà che non posso restare a Greenlung. Ha sempre avuto a cuore la mia salute che era ottimale prima che finissi in questa gabbia di matti.

L'unica nota positiva è stata la cena, seppur con un commensale inusuale. L'asino non si separa da Mary Lo neanche se qualcuno le mettesse una bella asina davanti. È affezionato a lei come sarebbe un neonato con la propria madre.

Sono rimasto in disparte per tutta la durata della cena, anche se Seth, che parlava con la bocca piena e sputacchiava un po' ovunque, ha provato a rendermi partecipe chiedendomi cose riguardanti la mia vita. Non ho risposto alle sue domande e ho finto interesse per la telenovela che scorreva sullo schermo della televisione.

Oltre il sottoscritto, la sola a restare, stranamente, in silenzio, è stata Fiona che se n'è andata dopo aver mangiato una minuscola porzione di parmigiana.

Col suo telefono stretto tra le mani mi avvicino al palo della luce e, come ho già fatto in precedenza, il primo a cui indirizzo la chiamata è mio padre. Questa volta mi risponde dopo pochi squilli.

«Mark Coldwell!», tuona dall'altra parte della linea con la sua voce super professionale. Conoscendolo, sarà ancora in ufficio.

«Papà, sono io, non chiudere».

Avrà risposto solo perché non ha immaginato che a cercarlo sarei stato io, il figlio reietto.

«Figliolo, non mi aspettavo così presto una tua chiamata. Che succede?», domanda con una calma che gli invidio.

«Ho sbagliato ad accettare di prestarmi a questa follia», gli faccio sapere.

«Gabe...»

«Ascoltami! Io ci sto provando, ma non ce la faccio a stare qui, questo posto è invivibile!», esclamo, dopodiché inizio a elencargli tutte le cose negative che mi sono capitate in un lasso di tempo così ridotto. «Impazzirò prima che finisca l'estate se non tornerò a casa seduta stante».

«Stai esagerando! Non sei andato su un'isola sperduta. Ci sono degli abitanti da quelle parti e se loro ce la fanno a viverci non vedo perché tu non dovresti adeguarti».

«Forse perché sono stato abituato a un altro tenore di vita? Papà, manda Llionel a prendermi perché sono pronto a giurarti che...»

«Gabe, ascoltami tu! La tua bravata ha recato gravi danni d'immagine all'azienda e ci ha fatto perdere alcuni clienti importanti. Sono certo che riuscirai a capire che stare lontano per un po' da New York gioverà a tutti. In primis a te stesso. Da quanto tempo non ti prendevi una vacanza?»

«Non ho bisogno di una vacanza! E poi, scusa, questa la chiami vacanza? Più che altro assomiglia all'inferno!», sbotto.

«Calmati! Quando sei andato via da New York sembravi ben disposto a questa avventura e voglio che ritrovi la stessa grinta».

Mi prendo qualche secondo prima di dirgli: «Papà, so di averti deluso tante volte nella vita e che probabilmente non sono il figlio che avresti voluto avere», mando giù con difficoltà un fiotto di saliva anche perché questa è la prima volta che esprimo a voce alta i miei pensieri, «ma non ce la farò ad adeguarmi. Mi conosci meglio di chiunque altro».

Nella vecchia fattoria, ia ia LoveWhere stories live. Discover now