10 Gabe

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Capitolo 10

Gabe

I miei testicoli sono in ottima forma, nonostante la forte botta presa all'altezza dell'inguine, me l'ha confermato la farmacista del paese, una signora di mezz'età.

Ex dottoressa che, stufa della vita in città, ha ben pensato di ritornare nel suo paese natale e aprire una struttura destinata alla vendita dei medicinali. Non male come idea dato che è anche l'unica farmacia presente nei dintorni. È andata da poco via dalla cascina, dopo avermi fatto un fin troppo appurato controllo e avermi consigliato, per la "felicità" di Fiona, di restare a riposo per oggi e di tenermi lontano dalle mucche.

Approfittando della pausa momentanea, zoppico verso il palo della luce e chiamo Liam, usando il telefono preistorico regalatomi da Fiona. Almeno ho potuto introdurre la mia vecchia SIM card e accedere ai miei contatti. Il mio migliore amico mi richiama dopo che ho lasciato squillare a lungo il telefono.

«Finalmente!», esordisco.

«Ciao», dice Liam e sembra più abbattuto di me.

«A te cosa è capitato?», passo direttamente al dunque.

Non abbiamo avuto modo di parlare di persona, mio padre mi ha colto alla sprovvista con la sua decisione e non ho potuto salutarlo poiché era fuori New York nel momento in cui sono stato costretto ad abbandonare tutta la mia vita, quindi non so esattamente cosa gli sia capitato in seguito all'esplosione della bomba sul mio compleanno. So solo che il suo nome era accanto al mio sui notiziari. Tutti sono a conoscenza del fatto che sia stato lui ad avermi organizzato la festa e sono certo che suo padre, questa volta, non gliela farà passare liscia.

«Lavoro socialmente utile. Sto lavorando fianco a fianco con i carcerati, Santo Dio!»

«Merda!», faccio una smorfia. «Vuoi fare cambio con me? Oggi una mucca mi ha tirato un calcio nelle palle». Nel frattempo, allungo una mano e raccolgo un paio di ciliegie che lancio in bocca. Red si alza sulle zampe e inizia a scodinzolare, probabilmente in attesa che gli dia qualcosa da mangiare.

«Oh, cazzo!», ride Liam dall'altra parte della linea. «Spero nulla di grave. So quanto ci tieni ai tuoi "gioielli"», continua a ridere.

Ignoro Red anche perché non posso dargli le ciliegie e mi sposto in tal modo da farlo staccare da me.

«Sono in ottima forma, il calcio mi ha soltanto sfiorato uno dei testicoli, ma ha fatto lo stesso un male infernale. In compenso, ho un grosso ematoma all'inguine», spiego ammonendo con un'occhiata quel testone di un cane che deve fare il bravo.

«Bene. Ora che abbiamo appurato che le tue palle sono in ottimo stato, per il resto cosa mi racconti? Come te la passi? Hai incontrato qualche bella figa contadina?»

«Può darsi...», rispondo rammentando con una smorfia la pantera di ieri sera, la proprietaria del bar in cui Seth mi ha portato. Non appena l'ho vista ho subito capito che ci sarebbe stata e dopo due drink mi ha invitato a raggiungerla nel magazzino. Purtroppo siamo stati interrotti sul più bello da uno dei suoi dipendenti e l'unico ricordo che ho di lei sono i graffi sulla schiena e il rossetto stravagante sulla camicia.

«Sei pessimo», ridacchia.

«Mai quanto te», replico facendolo ridere ancora di più.

Abbiamo frequentato l'università di Princeton insieme, io e lui.

Compagni di stanza e della squadra di baseball - io (lanciatore) giocavo per hobby, lui (battitore) perché voleva farlo diventare una professione - avevamo ovunque un alveare di donne intorno.

Siamo sempre stati delle vere teste di cazzo perché noi volevamo tutte e nessuna in particolare. Finché Liam non ha incontrato Kyla. Anche lei, come noi, era una studentessa dell'ultimo anno, ma era sempre passata inosservata ai nostri occhi.

Nella vecchia fattoria, ia ia LoveOnde as histórias ganham vida. Descobre agora