8 Gabe

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Capitolo 8

Gabe

Il terzo giorno dal mio arrivo a Greenlung mi sveglio a un orario indecente: sono le dieci del mattino, me lo dimostra l'orologio che è appeso alla parete, sopra un vecchio mobile a cassetti. Maledizione, quanto ho dormito? E come ho fatto a non sentire il raglio dell'asino?

Stiracchiandomi, scendo dal letto che è molto più comodo del materasso abbandonato in soffitta.

Nonostante sia datata, la stanza è carina, si nota che chiunque l'abbia preparata ci ha messo cura. Dubito fortemente che i quadri che raffigurano la mia città fossero lì prima del mio arrivo.

Preso il necessario, vado a farmi una doccia senza chiedermi il perché nessuno sia venuto a interessarsi di me. Forse la nana malefica ha capito che non sono fatto per i lavori in fattoria e ha scelto di risparmiarmi.

Al piano di sotto il bagno è più spazioso e anche l'acqua non finisce di scorrere dopo tre minuti. Mi lavo i denti, sospiro, mi rado la barba e sospiro di nuovo prima di farmi una lunghissima doccia.

Non mi sento per nulla a mio agio in questo buco di paese, stare sempre rinchiuso nella fattoria mi farà uscire fuori di testa. Non so se alla fine riuscirò a mantenere la parola data a mio padre.

Torno in camera con un solo asciugamano legato intorno ai fianchi, la mia stanza è lontana dalla cucina da cui continuano a provenire delle voci.

«Bau, bau, bau!»

Cammino lungo il corridoio, perso tra le pieghe dei miei pensieri, quando sento il latrato di un cane che, guarda caso, si trova proprio davanti alla porta della mia stanza.

È una persecuzione?

«Ci mancavi solo tu», sospiro per la millesima volta, lanciandogli un'occhiata. Più che infastidito, il cocker sembra soltanto incuriosito dalla mia presenza. «Vieni qui, bello!» Mi batto una mano sulla coscia e, come volevasi dimostrare, il cane marrone con le orecchie pendenti mi viene incontro, scodinzolando. «Chi sei?», gli chiedo, chinandomi a grattarlo tra le orecchie. Immagino appartenga a Mary Lo. «Non hai le pulci, vero?», continuo a parlargli.

Il cane si sdraia a terra, con la pancia all'insù, voglioso di ricevere le mie carezze. Gliene lascio due, poi approfitto del suo momento di distrazione per sgattaiolare via e andare a chiudermi nella stanza. Mi spruzzo del disinfettante sulle mani prima di vestirmi. Da dietro la porta si sente il cane che abbaia e le sue zampe grattare la superficie. Probabilmente non gli sta bene che l'abbia preso per il culo.

Ignoro a priori i vestiti che Fiona mi ha comprato ieri e indosso un paio di Dsquared2 e una polo a maniche corte.

Il mio stomaco brontola ricordandomi che ho saltato la colazione. Non posso rintanarmi qui per sempre quindi decido di uscire dalla stanza e andare a mangiare qualcosa. Quando spalanco l'uscio per poco il cocker non mi cade addosso.

«Bau, bau!», si alza sulle zampe posteriori, mi appoggia quelle anteriori sulle ginocchia e mi guarda con la lingua di fuori.

«Non ti prenderò in braccio», gli faccio sapere spostandomi verso la cucina. Il cane mi segue.

Una donna sbuca all'improvviso dalla porta e per poco non la travolgo. I suoi occhi marroni, contornati da piccole rughe, mi fissano curiosi.

«Buongiorno, Gabe», mi saluta sorridente, spostando il peso del corpo formoso da una gamba all'altra. Tra le mani regge una busta con delle bottiglie di latte all'interno.

«Buongiorno», saluto chiedendomi chi diavolo sia e come faccia a conoscere il mio nome.

Ma poi ricordo di trovarmi in un paesello che non è nemmeno rintracciabile sulla mappa e che con molta probabilità tutti i paesani di Greenlung sappiano chi io sia.

Nella vecchia fattoria, ia ia LoveWhere stories live. Discover now