4 Fiona

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Capitolo 4

Fiona

Ho finito di cenare prima degli altri e mi sono concessa un bel bagno caldo nella vasca che si trova al piano di sotto, nel bagno annesso alla mia camera da letto, dove l'acqua c'è a volontà.

Se farà il bravo forse dirò a Gabe che la stanza in cui deve soggiornare non è la mansarda e gli cederò anche la mia vasca.

Vado a togliere le candele profumate che ho sparso in giro per la stanza che gli spetta per non fargli capire quanto mi sia impegnata a renderla confortevole e ospitale; poi, come promesso, gli porto il mio telefono, in mansarda.

La scala è già tirata giù quindi avviso il mio arrivo chiamando il suo nome, poi inizio a salire i gradini.

Lui non mi risponde, ma io avanzo lo stesso. Lo trovo a dormire sul materasso impolverato privo di lenzuola. I raggi di luna attraversano il lucernario, cadendogli addosso. La sua espressione, nonostante tutto, è serena, ora, e non ha più quel cipiglio che gli indurisce il viso. Le ciglia lunghe sfiorano gli zigomi armonici e ben delineati, le labbra carnose sono dischiuse permettendo al fiato caldo di disperdersi nel nulla. Il suo petto nudo va su e giù lentamente e io, ancora una volta, mi perdo a osservare rapita il suo corpo che ha diversi tatuaggi sparsi qua e là.

Mi ha ferita, prima, quando mi ha detto chiaramente che non si farebbe toccare da me, ma ho fatto finta di niente. Gli faccio così schifo? Avrei voluto sfiorarlo, curiosa di scoprire che effetto avrebbe avuto la sua pelle sotto il tocco delle mie dita.

Sospiro e mi siedo per terra, a poca distanza da lui, con le gambe incrociate e il telefono stretto tra le mani.

È strano averlo qui, in carne e ossa, dopo aver fantasticato per giorni sul suo arrivo. Il suo aspetto mi ha affascinata dal primo istante in cui ho trovato la sua prima immagine che gira in Internet e ha tormentato per tante notti i miei sogni, fomentando in me la voglia di conoscerlo.

Scuoto la testa; sono una stupida perché dovrei sapere meglio di chiunque altro che quelli come lui sono in grado di procurare delle cicatrici invisibili che mettono radici profonde dentro l'anima e fanno sentire inadeguate e indesiderate.

Gabe apre gli occhi all'improvviso e caccia via un ringhio rumoroso non appena si accorge di me. Di rimbalzo, strillo anche io perché presa alla sprovvista.

«Cosa diamine stavi facendo?», mi sgrida alzandosi a sedere.

Ti stavo spiando.

«Ti ho portato il telefono», dico invece, porgendoglielo.

«Mi stavi spiando?» Dà voce ai miei pensieri.

Sono così trasparente per lui?

Gabe afferra il cellulare stando attento a non sfiorarmi nemmeno di striscio e quel senso di inadeguatezza si impossessa di nuovo di me.

Tento di scacciarlo via balzando in piedi con un saltello goffo che mi fa catapultare dritta su Gabe che, impreparato al mio atterraggio, non fa in tempo a impedirmi di finirgli addosso. Cadiamo entrambi sul materasso, con me sopra di lui, in una posa poco ortodossa. La mia testa sbatte contro la sua, strappandogli un altro ringhio furioso.

Le mie mani sono finite sul suo petto liscio e ne approfitto per tastare la sua pelle: è esattamente come immaginavo, morbida e profumata.

«Togliti!» Con le mani salde sui miei fianchi mi allontana da lui. «Sei sempre così imbranata o sono io a renderti tale?», tuona fulminandomi con i suoi occhi chiari. «Dove diamine è finito il telefono?», continua a sparare domande senza attendere una mia risposta.

Nella vecchia fattoria, ia ia LoveWhere stories live. Discover now