Nonostante la penombra che ci avvolge, riesco a individuare l'oggetto chiamato in causa vicino al materasso e per un istante penso di non farglielo sapere e lasciarlo a impazzire mentre lo cerca, ma il mio buon cuore mi suggerisce diversamente quindi glielo indico.

«È lì», gracchio con la pelle in fiamme. Quel semplice e breve contatto avvenuto tra i nostri corpi mi ha acceso un fuoco dentro, sensazione che non provavo da troppo tempo.

Gabe si impossessa nuovamente del cellulare e mi sorpassa; ancora una volta sta attento a non toccarmi, nonostante lo spazio ristretto.

«Hai chiuso Charlie? Sono libero di circolare senza rischiare di essere aggredito o mi devo procurare una guardia del corpo?», si gira a guardarmi con gli occhi ridotti a due sottilissime lame.

«La finisci di parlarmi in quel modo?», sbotto stufa di assistere alle sue sfuriate. Non ho fatto nulla per meritarmele. «Non è colpa mia se sei finito qui!», mi sbraccio.

«Senti, domani mattina andrò via e questa brutta parentesi delle nostre vite diventerà un ricordo. Fin ad allora è meglio se non ci incrociamo più perché mi rendi nervoso. Ti consiglio di starmi alla larga».

«Te ne vai?», sussurro... delusa, forse?

Ma lui sparisce nel nulla senza avermi sentita.

🦃🐴🏡🐕🐄

«Hii-hoo! Hii-hoo! Hii-hoo!»

Come d'abitudine, alle cinque del mattino in punto, il raglio di Ciuchino mi dà il buongiorno.

Sono stanca, non ho quasi chiuso occhio stanotte, agitata all'idea di svegliarmi e non vedere più Gabe.

Temo che se ne sia andato senza salutare nessuno. Ne sarebbe in grado visto che non vede l'ora di sparire dalla circolazione.

Ma forse, da un lato, sarebbe meglio così perché l'agitazione che mi scorre nelle vene quando ce l'ho accanto non è sana, ne sono consapevole.

«Hii-hoo! Hii-hoo! Hii-hoo!»

Stiracchiandomi, scendo giù dal letto e ringrazio mentalmente Ciuchino per avermi destata dai pensieri. Mi aspettano un sacco di cose da fare e non ho tempo per star dietro ai capricci del mio stupido cuore. I lavori da portare avanti in una fattoria sono tanti e Seth mi dà una mano, ma sono io a tenere le cose sotto controllo.

Mi lavo la faccia e i denti, indosso gli indumenti da lavoro, poi esco dalla stanza. Vorrei andare a controllare se Gabe sia ancora qui, ma tengo a bada la curiosità e vado in cucina.

Trasecolo e il cuore mi arriva in gola quando lo trovo seduto intorno al tavolo, con davanti il mio cellulare. Ha le mani tra i capelli e il capo chino. La poca luce paglierina che attraversa il sottile tessuto delle tende non è abbastanza da farmi vedere l'espressione che ha sul volto, ma posso immaginare che sia nervoso dato che la sua postura sembra tutt'altro che rilassata.

Mi ha suggerito di stargli alla larga, ma ignoro il suo consiglio perché devo prendere una rigenerante porzione di caffeina prima di andare a fare alcunché.

Non lo saluto e, facendo finta che non esista, accendo la luce e metto su il caffè. Mary Lo, all'anagrafe Maria Luisa Giordano, è italiana e anche se ha vissuto solo per i primi vent'anni della vita nel suo paese d'origine, certe abitudini non le ha dimenticate e le ha trasmesse anche a me: il caffè va fatto con la moka.

«Me ne faresti uno, per favore?»

La voce afflitta di Gabe mi giunge dalle spalle. Perplessa, mi giro verso di lui. È ancora seduto sulla sedia, nella stessa posizione di prima, ma la sua voce mi ha accarezzata come se mi avesse soffiato sulla pelle.

Nella vecchia fattoria, ia ia LoveWhere stories live. Discover now