47- ANNA

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Quando quella sera David rientrò, nonostante la felicità che provavo nell'averlo con me, mi sentivo tesa. Le parole di Claire continuavano a far male. 

Non appena entrò in casa, venne ad abbracciarmi. «Mi sei mancata da morire. Quando sono in ufficio il tempo sembra non passare mai.» Mi cinse alla vita e mi baciò.

Mi abbandonai al suo contatto. Anche a me era mancato, inutile negarlo. 

Non appena i bambini ci raggiunsero, ci staccammo e loro si gettarono addosso a David che afferrò il più piccolo e gli fece fare un giro a mezz'aria, poi arruffò i capelli al più grande.

«Zio David, perché non resti un po' a casa? Anna è triste quando non ci sei» affermò Paul innocentemente. 

Abbozzai un sorriso. «È incredibile, si accorgono di tutto.»

David continuò a giocare con i nipoti fino a quando, poco dopo, Kate non li chiamò per la cena. A quel punto tornò a rivolgersi a me: «E così quando non ci sono sei triste...»

«Tanto» risposi con una punta di malinconia. 

«Devo rimediare subito.» Mi strinse e mi baciò con ardore, poi posai la guancia sulla sua spalla.

Restammo così per alcuni minuti e, quando mi scostò da sé per potermi guardare, capii subito che si era accorto che qualcosa mi intristiva.

«Gioia, che cos'hai? Qualcosa non va?»

«No, niente» mentii. Non mi andava di riferirgli la conversazione che avevo avuto con Claire.

«Allora, vado a cambiarmi, poi ti porto a cena. D'accordo?»

«Sì, ma... preferirei qualcosa di diverso... tipo una serata da passare liberi per la città, senza andare al ristorante.»

«Va bene. Conosco un posto dove fanno dell'ottimo fish and chips. Non sono un amante dello street food, ma per te questo e altro.»

«Nemmeno io sono un'amante dello street food. È giusto per fare qualcosa di diverso.»

«Tutto quello che vuoi.»

David andò a cambiarsi e quando tornò indossava pantaloni beige e, sotto una giacca nera lasciata aperta, portava una camicia che metteva in risalto il suo petto muscoloso. 

«Pronta?» mi chiese, ma io lo udii appena. Ero troppo assorta. «Anna, a cosa stai pensando?»

«Stavo pensando a te.»

«A me?»

«Sì, stavo pensando a che uomo fantastico sei... Certe volte stento a credere che tu sia entrato nella mia vita e penso di immaginare tutto questo.»

Gli occhi di David scintillarono. «Non stai immaginando, io sono qui e ti amo.» Mi baciò le labbra come per suggellare le parole appena pronunciate. «Allora, pronta?»

«Sì.» 

Uscimmo e salimmo in auto. Ero silenziosa e David lo notò.

«Sembri triste. Mi dici che cos'hai?»

«Niente, non preoccuparti.»

«Ho fatto qualcosa di sbagliato?»

«No, figurati, non pensarlo neanche. Tu non fai mai niente di sbagliato, anzi, mi fai sempre stare bene.»

«Allora, dimmi perché sei così silenziosa e malinconica.»

«Non sono malinconica.»

«A me pare di sì. Di solito sono io quello malinconico.»

The Mind Owner - 1 La tua mente è miaWhere stories live. Discover now