13- ANNA

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Per tutto il tragitto fino a casa non avevo smesso di pensare a quel giovane. Una volta arrivata, avevo fatto una doccia e indossato abiti puliti, poi mi ero seduta sul letto a riflettere. Non riuscivo a togliermi dalla mente l'immagine dello sconosciuto e la strana sensazione della sua mano sul mio braccio. 

Continuavo ad avvertire il calore del suo tocco sulla pelle, come se mi avesse depositato un segno infuocato, ma che non faceva male. Era stato il primo contatto che avevo avuto con un uomo dalla fine della mia relazione con Antonio e mi aveva lasciata disorientata. Quel gesto aveva risvegliato in me pensieri cupi e ancora non ero riuscita a calmarmi. 

Mi imposi di non pensare a quanto era successo al parco, ma non era facile. I primi contatti con Antonio erano stati piacevoli, non potevo negarlo. Non avendo termini di paragone, avevo pensato che fossero tutto ciò che una ragazza può desiderare. E poi lo amavo e non sospettavo ancora nulla circa la sua vera natura. Con il senno di poi, però, mi rendevo conto che erano stati contatti dominati sempre da un certo distacco, carezze sterili che non mi avevano mai provocato quel brivido che invece mi aveva regalato il tocco dello sconosciuto al parco. Mentre mi teneva la mano sul braccio per rimettermi in piedi dopo la caduta, mi aveva fatto battere il cuore in un modo mai provato prima. Antonio non ci era mai riuscito davvero. Le sue mani mi avevano concesso soltanto freddezza quando io cercavo calore e, in seguito, avevano lasciato percosse mentre io desideravo solo un po' di tenerezza. Ogni suo gesto era sempre servito ad affermare la sua superiorità su di me, senza mai usare un briciolo di gentilezza.

Chissà se anche il ragazzo conosciuto al ristorante e poi incontrato di nuovo al parco era uguale a lui? A vederlo non sembrava, ma sapevo bene che non era saggio lasciarsi ingannare dal modo in cui una persona si presenta.

Le sue parole continuavano a persistere nella mia mente. Mi aveva addirittura invitata a cena e non mi conosceva nemmeno! Per chi mi aveva presa?! Sicuramente un'altra ragazza, al mio posto, avrebbe accettato l'invito da un tipo affascinante come lui, ma non io.

Di sicuro era un idiota che voleva provarci con me, non dovevo dargli peso, eppure non riuscivo a togliermelo dalla testa. 

Fin da quando l'avevo visto, la prima volta al ristorante, si era dimostrato gentile ed educato, non si era neppure arrabbiato con me per la camicia insudiciata. Davvero non se l'era presa o si era comportato così solo per un secondo fine? Quella domanda cominciò a perseguitarmi. Una parte di me sperava che non fosse così.

Passai il pomeriggio immersa in quei pensieri. Fui tentata più volte di chiamare mia madre, ma desistetti. Che cosa le avrei detto? Che un uomo conosciuto per caso mi aveva chiesto di andare a cena con lui? Si sarebbe preoccupata?

Quando, verso sera, Teresa venne a chiamarmi per propormi di uscire a mangiare qualcosa, accettai volentieri. Almeno avrei liberato per un po' la mia mente dai mille pensieri.

Il locale in cui entrammo non era molto grande, ma accogliente. Il colore predominante era il beige, i tavoli erano disposti in file allineate davanti al bancone posto sulla parete di fronte all'entrata e illuminati da lampade a sospensione.

Prendemmo posto a un tavolo. Io ordinai un piatto abbastanza diffuso, le Jacket Potatoes, patate cotte al forno con la buccia e incise in modo da essere riempite con un pezzetto di burro e fagioli stufati.

Teresa, invece, ordinò un Burger and Fries, un panino con hamburger e patate fritte.

Mentre mangiavo, però, continuavo a pensare all'accaduto di quella mattina in Hide Park. Mi ero arrabbiata con quel giovane. Forse avevo esagerato? Ero caduta perché mi aveva distratta, ma non l'aveva certo fatto apposta. E poi, non riuscivo a non pensare al suo bel viso, ai suoi occhi...

The Mind Owner - 1 La tua mente è miaWhere stories live. Discover now