40- ANNA

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Di solito passavo il mio giorno libero con Teresa, ma quel pomeriggio la mia amica sarebbe rimasta al ristorante per sostituire un'altra ragazza che era stata male.

Andai comunque in centro. David mi aveva parlato di una loro libreria che si trovava nella zona di Westminster e decisi di andare a dare un'occhiata.

Era grande e ben rifornita, ancora più di quella che si trovava a Milano, e subito mi persi tra gli scaffali. Mentre valutavo cosa acquistare, il mio cellulare squillò. Lo presi dalla borsa e risposi.

«Anna.» Quella voce mi fermò il respiro.

«David, che succede?»

«Niente. Avevo voglia di sentirti e, visto che oggi è il tuo giorno libero, mi sono permesso di chiamarti.»

Rimasi sorpresa. «Dove hai trovato il mio numero?»

«Ho cercato nell'agenda di Dorothy.»

«Capisco.» Soffocai un sorriso. Per arrivare a me, per raggiungermi era capace di qualsiasi cosa e ciò mi lusingò.

«Che stavi facendo?»

«Be', dal momento che la mia amica oggi deve lavorare, ho pensato di passare un po' di tempo in libreria. Mi trovo in una certa Anderson Bookshop...»

«Sul serio?»

«Sì.»

Ci fu un istante di silenzio, poi disse: «Aspetta lì, ti raggiungo».

«Ma, David, sei al lavoro. Non  voglio disturbarti.»

«Nessun disturbo. Oggi è il tuo giorno libero e, siccome la tua amica deve lavorare, tu lo passerai con me.» Chiuse la comunicazione prima che potessi replicare.

Sorrisi tra me, mentre il mio cuore accelerava al pensiero che, a breve, sarei stata con lui.

Acquistai un paio di libri e uscii. Attesi un po' prima che David arrivasse.

Mi aprì la portiera e mi disse subito di salire.

Non appena presi posto accanto a lui, mi baciò.

«Voglio mostrarti dove lavoro. Ti va?»

«Certo.»

Ripartì e io mi godetti un breve tour della città dalla comodità della Porsche.

Una volta arrivati, entrammo nel grosso complesso editoriale degli Anderson. Prendemmo l'ascensore e salimmo al quinto piano. Davanti a noi si presentò un lungo corridoio sul quale si affacciavano numerose porte, ognuna recante una targhetta con il nome di chi occupava quell'ufficio. Raggiungemmo quella con il nome David Anderson.

Dalla porta attigua, si affacciò Henry. «Anna, che sorpresa!»

«Ciao, Henry. David voleva mostrarmi dove lavora. Non mi tratterrò a lungo.»

«Non c'è problema. Anzi, se lo distogli un po' dai suoi pensieri non potrà fargli che bene.» Mi fece l'occhiolino.

David prese la mia mano e mi condusse all'interno. L'ufficio era luminoso, moderno e accogliente. La spaziosa scrivania ospitava un computer, una stampante e un telefono ed era ingombra di fogli. Tuttavia notai che erano tutti disposti in un certo ordine. Una risma era perfettamente allineata al bordo e bloccata da un fermacarte a forma di volpe di un materiale che sembrava alabastro.

Sotto la finestra che dava sulla City era presente un divano in tessuto blu e sulle pareti si trovavano scaffali stracolmi di volumi e faldoni. Una cosa catturò la mia attenzione. Su uno dei ripiani era presente un portafoto in argento, ma voltato verso la parete, come per nascondere la foto che conteneva. Mi chiesi per quale motivo fosse stato posizionato in quel modo. Forse David non voleva vedere il soggetto immortalato? O forse, semplicemente, non vi era ospitata alcuna foto?

The Mind Owner - 1 La tua mente è miaWhere stories live. Discover now