30- ANNA

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Il giorno seguente, Dorothy uscì insieme ai bambini e io mi ritrovai con un pomeriggio libero in più. Teresa lavorava, così mi accinsi a passare qualche ora nel parco da sola.

Con mio immenso piacere, David mi raggiunse poco dopo.

«Vieni, andiamo alle scuderie. Ti mostro i cavalli.»

Accettai volentieri, sia per vedere i cavalli sia per stare un po' con lui.

Mi raccontò aneddoti sulla villa e sull'immenso giardino e io ascoltai ogni sua parola con interesse.

«Lavorando in città, sento spesso il bisogno di staccare, di lasciare da parte il cemento e respirare davvero. Questo parco è essenziale per me. Ogni volta che ne sento il bisogno, vengo a passeggiare qui.»

Lo capivo perfettamente. Anch'io amavo rilassarmi nel verde. Mi dava un senso di pace e serenità. «Sono d'accordo» dissi. Mi guardai intorno. Quel parco maestoso mi piaceva sempre di più forse anche per merito del giovane al mio fianco che, con la sua presenza, rendeva più bello qualsiasi luogo.

Le scuderie si trovavano in fondo al parco. Consistevano in una costruzione allungata, in mattoni rossi, circondata da alte querce e con la facciata decorata da ferri di cavallo. Sul retro si trovava un ampio recinto in cui i cavalli potevano uscire nei giorni di sole.

Ci avvicinammo.

La testa fiera di un bellissimo cavallo grigio si affacciò dall'apertura di uno dei box, non appena percepì il nostro arrivo.

David si diresse proprio verso quel cavallo che sembrò salutarlo con un forte nitrito.

«Hai già fatto la sua conoscenza. Lui è Hurricane, il furbacchione che mi ha disarcionato» spiegò.

Sorrisi al ricordo.

«È un po' bizzoso, ma molto intelligente» continuò David. «Accetta di essere cavalcato soltanto da me. Non si fida di nessuno. Comunque, quando mi ha disarcionato non è stata colpa sua. Ho tirato troppo repentinamente le redini quando ti ho vista e lui non se lo aspettava.»

«Allora, direi che è stata colpa mia» affermai.

Ci scambiammo un sorriso, poi David passò oltre, mostrandomi gli altri cavalli: due esemplari neri, una mansueta cavalla dal manto marrone e, in un recinto, un pony dal manto bianco.

Di nuovo al box di Hurricane, il cavallo spinse il muso contro la spalla di David per richiamare la sua attenzione.

«Vuoi uscire, vero?» Detto ciò, aprì il box ed entrò. Mise i finimenti all'animale e lo guidò fuori. Io mi feci da parte. «Hai paura?» mi domandò.

«In realtà, sì. Non sono abituata ai cavalli. Li vedo così grossi e sembra che ti scrutino dentro con quegli occhi profondi.»

David accarezzò Hurricane, il quale rimase tranquillo sotto il suo tocco.

Istintivamente mi avvicinai. Il cavallo mosse le orecchie e mi guardò.

«Accarezzalo» mi incitò David.

Desideravo tanto farlo perché, nonostante avessi paura, mi piacevano i cavalli.

Di fronte alla mia esitazione, David prese la mia mano e la posò sul fianco dell'animale. Non la lasciò subito, ma indugiò come se non volesse staccarla dalla mia e io rimasi immobile con lo sguardo fisso sulla sua mano forte che copriva la mia.

Quando la lasciò, cercai di calmare il mio cuore e cominciai ad accarezzare il manto grigio argento pomellato del cavallo che sembrava velluto sotto le mie dita.

L'animale non si mosse. Ricevette ogni mia carezza placidamente. Non sembrava affatto lo stallone bizzoso che David aveva descritto.

«Non sembra un cavallo bizzarro» osservai.

The Mind Owner - 1 La tua mente è miaWhere stories live. Discover now