35- DAVID

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Ritrovarmi nel mio ufficio mi fece sentire in gabbia ma, aggrappandomi al ricordo delle sensazioni che avevo provato con Anna quella notte, nel silenzio della cucina della villa riempito soltanto dai nostri respiri e dal rumore dei nostri baci, riuscivo perfino a rendere quel luogo più accettabile.

Ancora stentavo a credere di averla baciata e soprattutto stentavo a credere che mi avesse baciato a sua volta. E non solo non mi aveva respinto, ma aveva risposto a ogni mio bacio come se lo avesse aspettato da molto tempo. 

Quando era apparsa sulla soglia della cucina, quasi non avevo creduto ai miei occhi. Io mi trovavo lì perché, come al solito, non riuscivo a dormire. Ai consueti pensieri si era aggiunto il timore di vedere Anna allontanarsi di nuovo da me. Evidentemente anche lei faticava a dormire. Sapere che qualcosa la tormentava, togliendole il sonno, mi agitava. Tuttavia la felicità di poter parlare con lei senza nessuno intorno era stata tanta e avevo deciso di non lasciarmi sfuggire quell'occasione.

Nell'averla vista così distaccata, dopo essere venuta a conoscenza dell'esistenza di Claire, avevo temuto che mi avrebbe reputato un mascalzone che voleva soltanto ingannarla. Non avrei potuto sopportare una cosa simile.

Fortunatamente mi aveva permesso di spiegarmi, ascoltando ogni mia parola, e mi aveva creduto. Averla sentita così arrendevole tra le mie braccia, mentre ci baciavamo, mi aveva mandato al limite. E quando le avevo scoperto il seno, così morbido e perfetto, per poco non mi ero spinto oltre. L'avrei presa su quel tavolo, infischiandomene di tutto e di tutti. Se ci pensavo diventavo duro all'istante.

Eo riuscito a staccarmi da lei a stento e soltanto perché mi aveva chiesto di fermarmi. Non avrei mai fatto nulla contro il suo volere, su questo non c'erano dubbi. E il suo disagio al pensiero che qualcuno della mia famiglia potesse vederci mi aveva aiutato in qualche modo a riprendere il controllo. Non volevo che si sentisse in difficoltà con me, desideravo che stesse bene esattamente come io stavo bene con lei.

Baciarla era stato incredibile. Mi aveva trasportato in una dimensione a me sconosciuta, una dimensione in cui non esisteva lo squallore di un'esistenza vuota, ma il calore di un sentimento unico e ineguagliabile.

Sapevo con assoluta certezza di non aver mai baciato in quel modo e di non essere mai stato baciato come aveva fatto Anna. Erano stati baci infuocati e sinceri, dettati da un sentimento profondo, non dal mero desiderio di un po' di sfogo, come succedeva con le ragazze che avevo frequentato occasionalmente per sentirmi un uomo normale, prima di incontrare Anna.

Tenerla tra le braccia mi aveva fatto sentire vivo, come non mi ero mai sentito, mi aveva reso l'uomo più felice del mondo. In quel momento erano spariti anche i miei pensieri, spazzati via da ciò che stavo provando, dal suo profumo di rose che mi faceva impazzire. Non mi ero mai sentito così normale, niente mi era mai sembrato così giusto.  

Più pensavo ad Anna, più mi sentivo libero. Era come se lei stesse spezzando le catene che mi imprigionavano da anni, come se con la sua dolcezza stesse allontanando i miei demoni.

«David, posso entrare?» La voce di Eveleen mi distolse dalle mie riflessioni. 

Mi voltai verso la porta e le feci cenno di entrare. Indossava un paio di pantaloni beige e un maglione bianco. I suoi capelli ramati erano sciolti e le ricadevano sulle spalle.

«Dimmi, Eveleen» la esortai, aspettandomi che mi chiedesse di contattare qualcuno o di occuparmi di qualche scartoffia.

Invece mi colse di sorpresa dicendo: «Volevo chiederti se... sì, insomma... Ti andrebbe di uscire a berci qualcosa insieme?»

Esitai. Avrei potuto accettare, del resto bere qualcosa tra colleghi sarebbe stato normale, ma sapevo bene che dopo quell'uscita ce ne sarebbe stata un'altra e poi un'altra, fino a quando Eveleen non fosse riuscita a raggiungere il suo scopo. Possibile che tutte le donne che avevano a che fare con me cercassero sempre di avvicinarmi per proprio tornaconto?

«Non mi va. Grazie comunque» dissi sbrigativo.

Lei parve delusa, ma annuì. Nessun uomo sarebbe stato indifferente alla sua bellezza. Nessuno, tranne me.

«Come vuoi.» Detto ciò uscì, nello stesso istante in cui Henry apparve sulla soglia.

Ma perché non mi lasciavano in pace?

Senza aspettare un mio invito, entrò. «Come va con Eveleen? Si è ambientata in fretta, mi pare.»

«Fin troppo in fretta.»

Avvicinò una sedia alla mia e, con mio disappunto, sedette. Aveva voglia di fare conversazione? Speravo di no perché io non ne avevo affatto.

«Sembra che abbia un debole per te» osservò.

«Io, però, non ce l'ho per lei» misi in chiaro.

«Non ti piace? È carina.»

«Sì, lo è.»

«Non sembri molto convinto. Forse ti piace un'altra ragazza.»

Non sapevo se Henry si fosse accorto di qualcosa riguardo me e Anna, ma non mi andava di rivelargli nulla. «Non sono affari tuoi.»

Mio fratello sogghignò. «Sai, questa è esattamente la risposta che si dà quando ci piace qualcuno e non si vuole ammetterlo.»

Cercai di non replicare. Avrei voluto parlargli dei miei sentimenti verso Anna, sapere se ciò che lui provava per Dorothy era lo stesso che io provavo per quella ragazza arrivata dall'Italia a riempire la mia vita. Un confronto con lui avrebbe potuto essermi di aiuto, visto che io l'amore non l'avevo mai conosciuto. Tuttavia sapevo che era meglio lasciar perdere e continuare a mantenere le distanze che ormai da tempo si erano interposte tra noi.

«Eh sì, penso proprio che ti piaccia un'altra ragazza» insisté.

«Pensa quello che ti pare» borbottai.

Questa volta Henry rise apertamente. 

«Mi trovi divertente oppure mi stai prendendo in giro?» domandai serio.

«Fai tu» replicò lui, continuando a sghignazzare.

Sentii le labbra tendersi in un'ombra di sorriso che subito mi affrettai a cancellare. Da così tanto tempo non ridevo con Henry che quasi mi sembrava strano farlo. Era bello condividere un momento di leggerezza con lui, avvertire quella complicità che soltanto tra fratelli può esistere. Da bambini eravamo molto affiatati, esattamente come Paul e Tommy, poi il nostro legame si era spezzato ed eravamo arrivati a essere quasi due estranei.

Momenti simili mi mancavano tantissimo, ma non potevo dimenticare che io non ero una persona come tutte. Nonostante i tentativi di mio fratello di farmi sentire accettato, continuavo a vedermi nel posto sbagliato. Anche condividere un momento di spensieratezza con lui mi appariva come un errore.

«Allora? Posso sapere chi è?»

«Chi?» Finsi di non capire.

«La ragazza che ti piace.»

«Non c'è nessuna ragazza» mentii. Non avevo idea di come avrebbero appreso la notizia che il povero David Anderson, sempre chiuso in se stesso, solitario e squilibrato, si fosse innamorato. Di sicuro non bene. Così tenni per me il mio segreto, chiudendolo a doppia mandata nel cuore, dove nessuno avrebbe potuto scoprirlo.

«David» disse lui, tornando serio. «Perché non possiamo essere di nuovo uniti come in passato?»

Stava pensando esattamente le stesse cose che avevo appena pensato io. Una sottile nostalgia si insinuò nel mio cuore. Anch'io lo avrei voluto. Tanto. Ma eravamo cambiati. Lui aveva seguito una strada, si era fatto una famiglia e si era realizzato. Io ero ancora quello che, come un funambolo, camminava sul filo sospeso tra ragione e pazzia. 

«Perché il passato non esiste più e noi siamo diversi da come eravamo un tempo» risposi, forse un po' troppo bruscamente.

«Vuoi dire che non recupereremo mai più il rapporto che avevamo?»

Lo guardai e vidi il dispiacere nei suoi occhi simili ai miei. «Proprio così.»

Lui continuò a fissarmi in silenzio per un po', poi disse: «Io, però, non smetterò mai di sperare in un nostro riavvicinamento». Si alzò e lasciò il mio ufficio, portando con sé quel breve istante di leggerezza che avevamo appena condiviso.

The Mind Owner - 1 La tua mente è miaWhere stories live. Discover now