6- ANNA

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Quella sera raccontai l'accaduto a Teresa, mentre ce ne stavamo sedute a guardare la televisione nella sua camera. 

«Oh, mi dispiace. Comunque, non è stata colpa tua» mi disse.

«Forse no, ma... se ripenso a tutta quella gente che mi fissava e rideva, io...» Scossi la testa, cercando di scacciare l'imbarazzo che ancora provavo al solo pensiero. «Mi sono sentita morire di vergogna.»

«Ti capisco, se fosse successo a me sarebbe stato lo stesso. Comunque, se il direttore ti ha praticamente pregata di restare, al posto tuo avrei messo da parte il ricordo della figuraccia e sarei rimasta. In fondo, prendere la vita con un po' di autoironia aiuta molto.»

Sapevo che Teresa aveva ragione, ma ci ero rimasta troppo male. Inoltre, la maggior parte delle persone che avevano assistito alla scena erano clienti abituali e, ormai, mi conoscevano. Forse avrei fatto meglio a fregarmene di ciò che avrebbero pensato di me e continuare per la mia strada, ma proprio non ci riuscivo.

«Cercherò un altro lavoro» dissi decisa. Non avevo idea di cosa cercare, ma mi sarei messa in gioco. Non potevo lasciare che il mio soggiorno a Londra venisse rovinato da un imprevisto.

«Be', guarda il lato positivo. Se troverai un altro lavoro sarà un'esperienza in più e potresti arricchire di parole nuove il tuo inglese.»

«Già.» Sorrisi.

Restammo a parlare ancora. Chiacchierare con Teresa era davvero piacevole. Lei sapeva mettermi a mio agio, coinvolgermi e farmi ridere. Era una ragazza davvero simpatica e sincera, completamente diversa da Chiara.

Era da poco passata la mezzanotte, quando mi alzai e salutai Teresa. «Io vado a dormire. Ci vediamo domani.»

«Buonanotte.»

Una volta in camera mia, feci una doccia veloce e mi infilai nel letto.

Nel buio rividi gli occhi del giovane uomo incontrato al ristorante. Mi avevano colpita e non soltanto perché erano innegabilmente belli, ma perché sembravano nascondere tante cose. Il suo sguardo era come un messaggio criptato da svelare e io avrei tanto voluto farlo, sebbene una parte di me continuasse a ripetermi di tenere a bada certe fantasie e distogliere la mente da quegli occhi.

Dai, Anna, smetti di pensare a quello sconosciuto. Tanto non lo rivedrai più, mi dissi.

Lo sapevo bene. Lo avevo incontrato per caso e, anche se fosse stato un cliente abituale del ristorante, io non lavoravo più lì, quindi, quante possibilità c'erano di incontrarlo di nuovo in una città come Londra? Zero.

Forse non volevo nemmeno incontrarlo. Dopo la figuraccia di quel giorno, sarebbe stato meglio fingere che non mi avesse mai vista.

Ero ancora spiazzata dal suo comportamento, forse perché ero abituata ad Antonio, sempre pronto a scattare di rabbia per ogni mio errore. Lo sconosciuto del ristorante, invece, era rimasto tranquillo nonostante gli avessi praticamente rovinato il pranzo. Non solo, aveva cercato di mettermi a mio agio e attenuare il mio imbarazzo.

Mi misi a sedere e accesi di nuovo la luce. Dal comodino afferrai il taccuino dove annotavo i miei pensieri e, immediatamente, le mie dita mossero la penna sul foglio bianco.

Uno sguardo è il punto d'inizio di qualcosa, uno sguardo si scolpisce in un altro sguardo, occhi che dicono tutto senza dire nulla e che racchiudono universi infiniti di misteri.

Era tutto ciò che avevo provato osservando lo sguardo dello sconosciuto. Forse mi sbagliavo, forse erano semplici impressioni dettate dalla fantasia, però mi andava di fermarle e ricordarle.

Basta pensare a lui, Anna.

Improvvisamente, però, un altro sguardo si sovrappose a quello dello sconosciuto. Uno sguardo cupo e freddo, iridi scure che attraevano con l'inganno, promettendo sicurezza e calore, lo sguardo di un uomo incapace di mantenere simili promesse. Non solo non dovevo più pensare allo sconosciuto, ma dovevo smettere anche di focalizzarmi sul mio passato. Ero a Londra e volevo dimostrare a me stessa di essere in grado di cavarmela da sola a dispetto di qualcuno che mi aveva sempre reputata un'incapace.

Riposi penna e taccuino e presi il portatile. Avevo voglia di scrivere e sembrava proprio che in quel momento mi fosse venuta l'ispirazione. Prima di partire avevo iniziato una storia. Era ambientata in un circo e la protagonista, una ragazza che leggeva il futuro, aveva molto di me. In quel momento pensai di descrivere il protagonista maschile con le caratteristiche dello sconosciuto che mi aveva colpita così tanto. Ripensando ai tratti di quel giovane delineai il mio personaggio, rendendolo molto più realistico di quanto non avessi fatto in precedenza. Riuscii a delinearne anche il carattere, dipingendolo con la stessa gentilezza che lo sconosciuto aveva riservato a me. Tanto lui non l'avrebbe mai saputo.

Andai avanti, mentre nel silenzio della stanza cominciavo a dare concretezza alle mie idee e righe di parole prendevano vita sullo schermo davanti a me.

Restai sveglia a scrivere a lungo finché la stanchezza non mi impedì di proseguire. A quel punto, spensi il computer e la luce e mi sdraiai di nuovo, accoccolandomi su un fianco. Chiusi gli occhi, ma avevo ancora impresso nella mente quello sguardo di zaffiro, colmo di cose non dette.

The Mind Owner - 1 La tua mente è miaWhere stories live. Discover now