12- DAVID

1.6K 218 713
                                    

Rimasi interdetto e la guardai andare via. Nessuna donna mi aveva mai trattato così. Al contrario, il popolo femminile era attratto da me e nessuna si sarebbe mai sognata di parlarmi con tanto astio e quasi con paura. Sì, quella ragazza di cui ignoravo perfino il nome, sembrava spaventata da me e la cosa era a dir poco strana. Nelle donne non suscitavo certo paura.

Mentre la guardavo allontanarsi, non potei fare a meno di pensare a quanto fosse deliziosa. Ripensai a come si era sentita in colpa per la faccenda degli spaghetti e per lo scambio degli abiti e provai un'indicibile tenerezza nei suoi confronti, nonostante mi avesse aggredito a parole.

Quanto desideravo rivederla, parlare ancora con lei, conoscerla, comprendere i motivi della sua rabbia e rassicurarla! Sembrava sempre così imbarazzata davanti a me.

Aveva un viso così gentile, non poteva essere una persona cattiva, ma allora perché si era infuriata a quel modo? Di sicuro il suo comportamento nascondeva una grande diffidenza. Ero davvero curioso.

Ancora sconcertato da quel suo comportamento e immerso nelle mie riflessioni, quasi non feci caso al mio cellulare che stava squillando.

«Pronto» risposi distrattamente, senza staccare gli occhi dal punto in cui la ragazza era appena sparita.

All'altro capo, una voce femminile che conoscevo bene esclamò: «David, ma perché non rispondi?»

La realtà parallela che si era creata mentre pensavo a quella ragazza sconosciuta, andò in frantumi non appena udii la voce di Claire.

«Scusami, Claire, ma ho appena assistito a un incidente. Stavo passeggiando in Hide Park, quando una ragazza è caduta. Dimmi tutto.»

«È ancora valida quella tua proposta di fare una cavalcata insieme, oggi pomeriggio?» mi chiese.

Dannazione, me ne ero completamente dimenticato. «Senti, mi devi perdonare, ma oggi sono molto stanco e non sono dell'umore adatto» mentii, sperando che credesse alle mie parole. «Ora vado a casa.»

«D'accordo, sarà per un'altra volta» fece lei con una punta di delusione. 

Dalla sua voce non sembrava affatto che stesse attraversando un periodo difficile, ma conoscevo bene la sua bravura nel fingere. E, nonostante dalle sue parole non trapelasse assolutamente nulla, non potevo dimenticare che non era stata presente alla cena e quel suo comportamento era significativo di qualcosa che non andava. 

Sapevo quanto potevano essere repentini i suoi cambiamenti d'umore. Un momento era sorridente e sembrava la persona più spensierata dell'universo, quello successivo si chiudeva nel suo mondo buio ed era difficile farla uscire. Potevo affermare di essere l'unico in grado di riuscirci. Non sapevo perché, ma quando Claire era vittima dei suoi demoni ascoltava soltanto me. 

Anche per questo, suo fratello non aveva preso bene la notizia della fine della nostra relazione. Aveva la pretesa che le stessi sempre accanto e che l'aiutassi a combattere le ombre della sua anima senza mai chiedere nulla in cambio, quando io dovevo già combattere le mie. Tuttavia, in nome dell'amicizia che legava le nostre famiglie avrei cercato di continuare a darle il mio appoggio, per quanto possibile.

«Che ne dici di domani?» proposi, non perché ne avessi voglia, ma per risollevarle il morale.

«Certo, va benissimo.»

«Allora a domani» dissi un po' troppo frettolosamente. La verità era che non vedevo l'ora di chiudere quella conversazione e riprendere a fantasticare sulla sconosciuta.

Salutai Claire e riposi il cellulare nella tasca.

Tornai a casa continuando a pensare alla ragazza che mi aveva urlato contro. Non sapevo spiegarmi il perché, ma non riuscivo a togliermela dalla testa. 

C'era qualcosa di speciale in lei, qualcosa che le persone a cui ero abituato non avevano. Inoltre, dietro quel muro di freddezza e distacco che aveva eretto intorno a sé, avevo colto qualcosa di diverso, come una specie di profondo dispiacere. Forse stavo saltando a conclusioni affrettate, ma ero convinto che quella sconosciuta nascondesse dei segreti. 

Mi era bastato guardarla per comprendere che qualcosa non andava. Nel suo sguardo arrabbiato avevo letto tanta paura e anche una punta di amarezza. L'alone di mistero che l'avvolgeva mi incuriosiva e mi spingeva a voler scoprire qualcosa su di lei. 

Non sapevo nemmeno io cosa mi stesse succedendo, non riuscivo a spiegarmi l'interessamento che provavo nei suoi confronti. Non mi era mai accaduto di sentirmi così. Era come se una parte di me desiderasse conoscere il motivo del suo comportamento, comprendere il perché della sua diffidenza per poterla aiutare in qualche modo.

Non pensare che io sia una di quelle facili, mi aveva detto. Forse era anche per questo che mi aveva colpito così tanto. Lei era completamente diversa dalle ragazze che frequentavo di solito. Sentivo che non si sarebbe mai concessa al primo venuto.

Quando arrivai, superai i cancelli della villa e fermai l'auto accanto a quella di mio fratello. Quel giorno avevo deciso di tornare a casa, sia per passare un po' di tempo con i figli di Henry, sia per evitare le solite discussioni con mio padre che non faceva altro che chiedermi perché preferissi restare in ufficio invece di rientrare alla villa.

Prima di scendere, indugiai nell'abitacolo, continuando a fantasticare sulla ragazza. Mi sarebbe piaciuto abbattere le barriere, portarla a fare un giro sulla mia Porsche, lasciare che curasse le ferite della mia anima, perché ne avevo troppe e di così profonde che soltanto una persona speciale avrebbe potuto sanare. Quella persona avrebbe potuto essere lei.

Come puoi pensare una cosa del genere? Non la conosci, potrebbe essere totalmente diversa da come la immagini.

Non la conoscevo, era vero, eppure sentivo che lei avrebbe potuto davvero, in qualche modo, curare la mia anima tormentata. Già il fatto che quando riflettevo su di lei sparivano tutti gli altri pensieri significava tanto.

Entrai in casa con ancora la mente fissa su quella ragazza. Era diventata il mio nuovo rifugio per sfuggire alla realtà, il mio piccolo segreto che non avrei confidato a nessuno. Il suo pensiero era diventato il mio angolino sicuro in cui ritirarmi in ogni momento, soprattutto quando avevo più bisogno di evadere dalla mia esistenza e ritirarmi in un luogo dove tutto era possibile, perfino provare qualcosa per una sconosciuta che non solo sembrava avere paura, ma che non voleva neppure vedermi.

Sorrisi al ricordo della sua espressione arrabbiata. Eppure dentro di me avvertivo il desiderio di cancellare quella rabbia e sostituirla con la fiducia. Volevo che si fidasse di me, lo volevo più di ogni altra cosa.

Ma l'avevo persa di nuovo. Adesso lei era lontana, da qualche parte nell'immensità di Londra e sperare di incontrarla ancora era pretendere troppo. Non sapevo nulla di lei, nessuno vicino a me la conosceva. Era come un essere immaginario che mi ero creato io stesso e che viveva soltanto nei miei pensieri.

The Mind Owner - 1 La tua mente è miaWhere stories live. Discover now