10- DAVID

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La cena non era altro che una riunione per l'avvenuta fusione della Casa Editrice Kent con la Anderson Publishing e si svolgeva nella sala da pranzo di un elegante hotel di Londra.

Seduto al lungo tavolo rettangolare, con indosso il completo che avevo acquistato quel pomeriggio, tenevo lo sguardo fisso sul tavolo davanti a me, coperto da una tovaglia bianca e apparecchiato in maniera impeccabile. Tutto era impeccabile e lussuoso come volevano le cinque stelle di cui si fregiava l'hotel.

«Figliolo, tutto a posto?» Mio padre mi posò una mano sulla spalla.

Annuii in silenzio. Niente era a posto, a cominciare dal fatto che mi trovavo lì contro la mia volontà. O meglio, avevo accettato di prendere parte a quella cena per far contento mio padre e anche perché, se davvero volevo dare una svolta alla mia vita, era necessario che lo facessi. Tuttavia, ciò non significava che fossi lieto di essere lì. Tutt'altro.

Non avevo mai amato la vita mondana e per quanto non amassi neppure la solitudine trovavo più conforto in essa. Essere da solo con me stesso mi permetteva di non indossare nessuna maschera, di non fingere di essere diverso da ciò che ero. Non dovevo far fronte ai giudizi altrui, potevo infischiarmene di come mi vedevano gli altri.

Ritrovarmi in quella sala affollata, a quella tavolata di persone distinte il cui comportamento freddo e distaccato e lo sguardo per lo più gelido che mi facevano sentire come un alieno venuto dallo spazio e approdato su quel pianeta sconosciuto chiamato Terra, mi fece sentire in gabbia.

Usa la mente per aprire le porte della tua gabbia. Aggrappati a un bel ricordo per fuggire lontano da qui, mi dissi. 

Solo che nell'inventario dei miei ricordi non c'era nulla di piacevole. Eppure avrei dato qualsiasi cosa per essere lontano da quella sala piena di gente.

Mi sentivo in gabbia, circondato da falsità, da frasi di circostanza e da occhiate, alcune insistenti e dirette, altre malcelate e sospettose. Del resto, quella era la mia prima cena in pubblico, la mia prima cena da membro attivo della Anderson Publishing e alcuni dei presenti stavano approfittando dell'occasione per conoscere di persona David Anderson, il figlio sbagliato di uno dei più importanti editori di Londra.

Oltre al sospetto, nelle occhiate di quelle persone c'era la curiosità di scoprire se le voci relative al sottoscritto che circolavano nei corridoi della redazione fossero tutte vere.

Alzai lo sguardo e incrociai quello di Mark Mason, il legale di Kent. Mi rivolse un sorriso fintamente gentile che non ricambiai. Anzi, spostai lo sguardo sull'uomo seduto alla sua destra: Dylan Brooks, un membro della nostra redazione.

Alla sua sinistra, invece, sedeva William Foster, il nostro legale. La folta barba curata, i capelli chiari pettinati all'indietro e i piccoli occhi azzurri dietro le lenti degli occhiali dalla montatura rossa gli conferivano un'aria di superiorità e distacco. Lui era l'unico a dirigere il proprio sguardo in ogni direzione tranne che nella mia. Era troppo abituato a dissimulare per lasciarsi sorprendere a fissare qualcuno, anche se sapevo che non gli sfuggiva nulla. 

La moglie, una donna raffinata e taciturna, seduta accanto, cercava di seguire l'esempio del marito, mantenendo lo sguardo basso ed evitando di posarlo su di me. Al suo fianco sedeva il figlio James che, di tanto in tanto, mi lanciava occhiate ostili.

La sedia adiacente era occupata da quello stronzo di Steve Johnson, il nostro addetto alla pubblicità. Lui era l'unico a fissarmi apertamente. Non gliene fregava niente di quello che pensavo né della possibilità di recarmi fastidio. Anzi, si divertiva a infastidirmi. Cercavo sempre di lasciar correre ma, certe volte, lo avrei preso volentieri a pugni.

Io sedevo tra mio padre e mio fratello, i quali sembravano essersi accomodati ai miei due lati come per farmi la guardia. Non sapevo se avessero occupato quei posti per intervenire qualora avessi manifestato un comportamento poco consono alla serata oppure per difendermi nel caso in cui a qualcuno fosse venuta voglia di fare battute sul mio conto.

The Mind Owner - 1 La tua mente è miaWhere stories live. Discover now