XIX

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In realtà la storia di Narciso è semplice.
Narciso rimarrà solo a vita perché incapace di amare e di condividere la vita con qualcuno.
Morirà solo in una valle, triste ma felice di aver visto per l'ultima volta la sua immagine.

Rileggo velocemente quello che ho scritto sul diario che mi ha dato Amanda, mordicchiando il tappo della penna.
Sbuffo, strappando la pagina e gettandola nel cestino sotto la scrivania.
Oggi la voglia di andare a scuola è pari a zero.
Non voglio vedere né quello scorbutico né Judit.
Judit.

Mi manca da morire quella rossa, e credo di aver bisogno di spiegazioni.

Giocherello con il filo del foulard che porto al collo, o meglio, che sono costretta a portare al collo.

Sposto di poco la stoffa, tracciando con il dito il segno delle labbra di Adriel sulla mia pelle bianca.
Spero che questa chiazza se ne vada presto perché non saprei spiegare a Jane e George il motivo del foulard.

Sospiro, gettando la testa all'indietro.
Sono confusa, da me stessa, da lui.
Avrei dovuto spingerlo via, non permettergli di fare ciò che ormai aveva cominciato a fare, ma non ne ho avuto il coraggio, perché scossa da tutte quelle nuove emozioni che stavo provando.
Avrei così tante domande da fargli, che neanche un giorno di scommessa mi basterebbe.

Scendo velocemente le scale con lo zaino in spalla, e pregando un possibile Dio di non incontrare né Jane, né George.

Proprio mentre attraverso il corridoio penso di averla passata liscia, ma mi sbaglio.
-Alhena- mi saluta George, con il suo camice da dottore.

Jane e George lavorano in un ospedale da tutta la vita, sono entrambi medici molto bravi. Jane è una pediatra molto abile nel suo lavoro, da piccola non mi ammalavo quasi mai quando c'era lei, mentre George è un cardiologo, cura i cuori dal punto di vista medico. Io avrei bisogno che curasse il mio, già in frantumi, ma non rientra nelle sue competenze, purtroppo.

-George!- squittisco in imbarazzo.
-Tutto bene?- si acciglia.
-Si certo, tu?- assumo una finta posizione comoda.
-Si..ma- assottiglia lo sguardo, e io sgrano gli occhi.
-Perchè il foulard?- ridacchia indossando il cappotto.
Già, perché il foulard?
-Beh...ero al ..parco- gesticolo esageratamente
-E un uccellino si è posato sulla mia...spalla!- mi tocco la spalla ridacchiando.
-E poi mi ha beccato il collo...- dondolo sui talloni.
-Sul serio?- mi guarda confuso.
Già! Ma che cosa sto dicendo?
-Si, era una rondine- spalanco le braccia, urtando il vaso posto sopra alla credenza.
-Attenta- lo afferro al volo, riportandolo al suo posto.
-Va bene- sospira -hai bisogno di un passaggio?- cambia argomento, e io lo ringrazio mentalmente.
-No- sospiro, accennando un sorriso.
-Bene- mi lascia un bacio fra i capelli
-A dopo- e sparisce dietro la porta.

Tiro un sospiro di sollievo. Non potevo dire semplicemente che avevo preso un colpo di freddo ieri? O il torcicollo?

A volte mi stupisco da sola nel notare quante volte io menta in una giornata.

Arrivo a scuola mezz'ora dopo, in ritardo come sempre. Un grande vuoto nel petto mi lacera quando mi rendo conto che non c'è più quella testa rossa ad aspettarmi fuori dalla scuola, con la sua solita sigaretta tra le dita e la sbronza post-serata.

Sospiro pesantemente, infilando le cuffiette nelle orecchie, cercando di tirarmi su il morale almeno con la musica, almeno con quella.

Si dice che la musica ti trasmetta delle sensazioni che poi ti restano per tutto il giorno, per cui cerco sempre di ascoltare musica felice, ma non sempre funziona.

Alzo lo sguardo davanti a me, schiudendo poi le labbra per la sorpresa.

Narciso, seduto su un muretto con il ginocchio sollevato e la testa calata, tiene in mano un piccolo blocknotes, su cui fa scorrere velocemente la punta appuntita della matita.

Fiori Di NarcisoWhere stories live. Discover now