IX

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Le cicatrici non passano mai.
Altrimenti non si chiamerebbero cicatrici.
Sono una di quelle cose che esistono per restare, esistono per segnarti la pelle e l'anima fino alla fine.
Le cicatrici sono i ricordi più brutti che vuoi eliminare, ma che non se ne andranno mai.
Le cicatrici significano sofferenza, le cicatrici sono una punizione per aver passato un brutto periodo, ti costringono a ricordare, è impossibile dimenticare.
Le cicatrici non guariscono mai, si collezionano come trofei per aver appagato le tue sofferenze, fino a che non rimarrà più un pezzo di pelle scoperto, pulito.
Odio le mie cicatrici, mi ricordano il passato, mi ricordano le sofferenze passate, e i lembi di pelle liscia le sofferenze future.

-Credo che tu abbia bisogno di un'altra terapia, Alhena- mi guarda serio il Signor Smith, mentre io inizio a giocare con i fili dei guanti.
-Che intende?- punto il mio sguardo sul suo.
-Quando non ci sono miglioramenti tramite la terapia di gruppo, di solito consiglio la via privata- e si aggiusta gli occhiali sul naso.
-Via privata? Non capisco- mi guardo intorno stralunata.
-Uno psicologo privato Alhena- specifica.
Mi faccio immediatamente seria, stringendo le ginocchia e distogliendo lo sguardo.
-Come pensi che gli altri ti possano aiutare, se la prima che non si aiuta sei tu?- rilassa la schiena sullo schienale.
-Lei non capisce- scuoto la testa.
-Forse, forse non capisco- borbotta con voce profonda.
-Ma so che devi trovare la volontà di farti aiutare- si alza, andando ad accendersi un sigaro.
-Il fumo uccide- dico piccata.
-Anche l'indifferenza- mi punta con il sigaro fra l'indice e il medio.
-Prendi più seriamente la situazione, Alhena se vuoi uscirne- e se ne va, sbattendo la porta.

Ho sempre amato la pioggia, aiuta le mie riflessioni a moltiplicarsi magicamente, quindi sono più distratta.
-Guarda che tempaccio!- si lamenta la Campbell, sbaragliando le finestre.
Tengo lo sguardo fisso sul banco, mentre le mie mani stringono il tessuto della felpa dietro la schiena.
-Ragazzina, le pare ora di entrare in classe?-
-Si, e non sono affari suoi- riconosco subito l'indisponenza, e alzo gli occhi increduli.
-Mancata?- ammicca la rossa nella mia direzione, facendomi entrare in tachicardia.
-Judit- sussurro, gettandole le braccia al collo.
-Dove sei stata?- la mia voce è irriconoscibile, ma spero non se ne accorga.
-Mi sono rintanata un po' dentro, volevo stare per conto mio- abbassa lo sguardo, ed io capisco subito che è delicato l'argomento.
A volte dimentico la situazione difficile a casa di Judit. È sempre stata così, sua madre è morta quando era piccola e suo padre ha iniziato a bere...prendendosela molte volte con Judit.
Ricordo la prima volta a cinque anni che ci siamo conosciute, l'ho vista al parco con un occhio gonfio e lo zigomo graffiato, l'ho subito presa per mano e trascinata da Jane e George.

-Quello stronzo, tu non lo vedi più!- sbotta Judit, dopo che le ho raccontato dell'accaduto di ieri sera.
-Aspetta, intendi Mike o Adriel?- ironizzo.
-Entrambi!- lei è dannatamente seria.
-Avanti dammi il telefono- mi mostra il palmo della mano.
-Che devi fare?- alzo un cipiglio.
-Devo eliminare il contatto di Mike- mi strappa il cellulare di mano.
-Guarda un po'!- sbuffa osservando lo schermo, poi me lo pone davanti al naso.
Una serie di messaggi da parte di Mike in cui mi chiede scusa, niente da Adriel...ovviamente.
-Non rispondere-
-Ovvio che no! Sottona si, scema no- ridacchia, porgendomi poi il telefono.
-Non so che fare- mi appoggio svogliatamente alla schiera di armadietti blu che riempie il corridoio.
-Io si-, e giurerei di aver visto quello sguardo almeno un milione di volte.
-Oddio no, Juliet ti prego- mi lamento come una bambina.
-Oddio si! Serata tra donne stasera!- schiamazza facendo voltare mezzo corridoio.
-Oh no- ficco la testa dentro l'armadietto.
-Che succede?- si aggiunge la voce candida di Evelyn.
-Oh tesoro, la nostra Lhena ha bisogno di una serata fra donne- le da una gomitata scherzosa.
-Mi piace come idea!- squittisce la mora.
-Evelyn, anche tu?- sbuffo.
-Ho detto qualcosa di sbagliato?- si allarma.
-Oh no affatto- ci prende sotto braccio Judit -Stasera ci divertiamo- urla nelle nostre orecchie.
-Ti odio-
-Mi ami invece-
-È vero ma adesso ti odio-

Dire a Jane e George del consiglio del Signor. Smith si è rivelato più complicato del previsto.
Non l'hanno presa molto bene quando gli ho detto che avrei interrotto la terapia, almeno per un po'...ma alla fine hanno deciso che su questo devo decidere io.
Non sento miglioramenti anche se ho cominciato la terapia due anni fa.
Quindi è inutile continuare.

Prendo svogliatamente dei jeans a palazzo dall'armadio, abbinandoli ad una maglia a maniche lunghe. Se è una serata fra amiche, dovrebbe essere tranquilla no?

-Ti avevo detto fra amiche e siamo solo amiche- constata Judit.
-Si, ma non mi avevi detto in un pub!- urlo cercando di sovrastare la musica. Qui dentro c'è una puzza di sudore paragonabile ad un porcile.
-Lhena ha ragione, dove ci hai portate?- mi appoggia Evelyn guardandosi intorno schifata.
-O Cristo, bevete e non rompete- ci sbatte davanti al naso due drink blu -tutto d'un fiato-
Osservo attentamente il mio drink blu, avvicinando il naso al bordo del bicchiere.
Alcol puro.
Mi bagno le labbra del drink, prendendone poi un generoso sorso.
-Hai visto Eve? Fai come Lhena- Judy incita Evelyn a fare lo stesso, e la poverina si lascia trascinare.
-Quanto è alcolico?- ridacchio iniziando a vedere tutto girare, sentire la testa leggera e un caldo tremendo.
Ma nel momento in cui mi giro, noto Evelyn e Judit appiccicate come due sanguisughe.
Arriccio il naso, immischiandomi poi fra la folla di gente.

A volte mi sento la terza in comodo fra loro, penso che debba lasciargli i loro spazi senza mettermi troppo in mezzo, è giusto così.

Inizio a spintonare la gente, finché non arrivo ad una parte più appartata, dove dei sedili rossi riempiono la parete.
-Non me ne frega un cazzo- oh no, riconosco la voce.
Spalanco gli occhi, iniziando a guardarmi intorno nervosamente in cerca di occhi cerulei che traboccano ira.
Poi li trovo.
È seduto su uno di questi sedili in pelle rossa. Ha una camicia bianca sbottonata e le braccia divaricate al bordo del lungo sedile.
Due ragazze appiccicate alle costole.
Ma gli occhi non hanno ira dentro, solo confusione. È ubriaco?
Non sono affari miei, perciò giro i tacchi pronta ad andarmene, ma qualcosa mi blocca.
Anche io ho bevuto, e me ne ricordo solo ora.
-Ma sei ovunque?- sbotto con le mani sui fianchi.
Lo vedo alzare lo sguardo confuso, e puntarlo nel mio.
-Dovrei dirlo io, che cazzo ci fai qui?- dice annoiato, ed è una mia impressione o mi ha guardata dalla testa ai piedi?
Sono molto ubriaca, allora.
-È un posto pubblico Howell- ridacchio.
-È solo strano che ti abbiano fatta entrare vestita in quel modo- fa una risata di gola.
Mi acciglio, guardando i miei jeans e poi i vestitini striminziti delle sue amiche.
-Hai qualche problema con i miei jeans?- alzo un cipiglio.
-Li avessi solo con quelli- ride distogliendo lo sguardo. Credo di non aver capito.
-Che c'è Howell, non conoscevo la tua nuova amica- un tizio dai capelli rossi e abbastanza stacciuto mi affianca, e il suo sguardo non mi piace per niente.
-Lascia perdere Fred, non te la darebbe mai-.
Spalanco gli occhi di fronte a tale sfacciataggine, ma chi si crede di essere per commentare il mio stile di vita?
-Mi piacciono le difficili- scrolla le spalle il tipo.
-E poi la bambina ha paura delle cose grandi, vero Alhena?- continua Adriel, e sento le guance colorarsi di rosso ira.
-Ha sempre avuto paura delle balene- fa tremare il labbro inferiore.
-Che vuoi da me?- sbotto.
-Che te ne vai, ora- sibila serio.
Mi avvicino, sono senza controllo.
-Non ti fai schifo Adriel?-
-Mai quanto me ne fai tu, nana- si sporge verso di me -e adesso smamma, non è posto per te-
-Questo non lo decidi tu- ringhio.
-Allora resta se vuoi perdere miseramente la tua bella verginità che tieni al sicuro come se fosse oro-
Il mio polso si alza da solo, e fluttua in aria verso il suo viso.
Ma ha sempre avuto i riflessi troppo pronti.
-Non giocare col fuoco, ragazzina- stringe il mio polso, provocandomi un leggero dolore.
-Ti bruceresti ancora prima di toccarlo-
-Mi sottovaluti, Narciso. Non è da te- slaccio violentemente il polso dalle sue dita, poi mi alzo e inizio a farmi largo fra la gente.
-Tu resti qui, Fred- è l'ultima cosa che sento ringhiare, prima di uscire fuori e riempire i polmoni di aria fresca.
Ci metto un po' prima di capire che mi trovo nel retro del locale.
Sono ancora confusa dalla musica alta e dall'alcol.
Afferro il telefono dalla tasca posteriore dei jeans, controllando i messaggi.
Uno di Judit che dice di essere andata via con Evelyn, non trovandomi.
Un ultimo di Mike.
Sbuffo, aprendolo controvoglia.

So che non mi parli, ma è urgente. Se hai visto Adriel digli di venire a questo indirizzo, è un'emergenza.

Angolo autrice
Che ansia questo capitolo...secondo voi cosa è successo.......e cosa succederà???





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