When the children play

By AlenGarou

54.4K 4.6K 6.4K

[Vincitore agli Oscar Wattpadiani 2017 come: Miglior Scenografia e Miglior Protagonista Maschile, vincitore W... More

Presentazione SERIA dell'opera
Prologo
1. Cappuccetto Rosso e il branco non richiesto
2. Pennington Mansion
3. A Mad Samhain Party
4. Una chiacchierata tranquilla
5. Good morning little... f*ck
6. Un duetto perfetto
6.2. Porcorosa Fluffoloso
7. Il blasfemo esorcista non collabora
8. Alla ricerca della fata scomparsa (con annessa polvere fatata)
Bonus pt1: L'incontro
Bonus pt2: il tentato omicidio
9. A bullet for everyone in this room
10. Mr. Gilman
11. Re diesis e sol bemolle
12. Io non stuzzico i morti, sono loro che stuzzicano me
In questo piccolo angolo di disagio
13. Con un poco di zucchero la pillola va giù
14. Un prete, un angelo e il bambino di Omen entrano in una chiesa
Do you remember?
C'è posta per il bradipo pt.1 (nella speranza di un seguito)
15. Salvate il soldato Gregory
16. Qualcosa di inevitabilmente scomodo
17. Le idee... quelle pessime
18. Dite "amici" ed entrate
18.5 The Lone Wolf and the Little Bunny
19. Sogno di una notte di Samhain pt.1
Chi non muore si rivede (purtroppo)
19. Sogno di una notte di Samhain pt.2
Why you don't remember?
20. Alexander passione bimbi pt.1
20. Alexander passione bimbi pt.2
A little gift for you... sorta
Quello che la gente chiama cast, io lo chiamo "una cagata pazzesca"
"Se ci sei batti un colpo!" *E nel mentre sbatté su tutti gli spigoli di casa*
21.2 La casa per bambini quasi normali di Mrs. Pennington
21.3 La casa dei bambini diabolici di Mrs. Pennington pt. 1
21.3 La casa dei bambini diabolici di Mrs. Pennington pt. 2
22.1 Quel Rottweiler della Rottermeier
22.2 Ring around the rosie, a house full a bodies
23. No Spoiler
24. Andiam, andiam, andiamo a farci ammazzar
25. Il volo dello yurei
26. Appuntamento a tre nel seminterrato
27. Dahlia Cassidy Reynor
28. Curiosity killed the cat
29. Ciao, Sgorbio...
30. Quel capitolo... sì, quello che terrorizza l'autrice
31. L'unica parte da cui stare
32. Non potrebbe andare peggio di così

21. La casa per bambini normali di Mrs. Pennington

834 78 47
By AlenGarou



Percepire il tepore del sole sulla propria pelle poteva definirsi come la vera sorpresa della nottata.

Fu questa la prima sensazione che riconobbe una volta libera dall'oppressione del nulla. E mentre ricordi a lei estranei si delineavano, unendosi e plasmandosi in un unico flusso di coscienza, una storia dalle tinte passate e dall'aroma drammatico, Alex si rese conto di un dettaglio fondamentale. Con le palpebre ancora calate e il corpo squassato dai numerosi stimoli esterni che man mano divenivano sempre più concreti, socchiuse le labbra, liberando il respiro che aveva trattenuto fino a quel momento.

Non aveva con sé i popcorn.

Non avrebbero fatto alcuna differenza in quel mondo onirico, questo era certo, ma ormai le era venuta voglia di sgranocchiare qualcosa impregnato di burro fuso mentre osservava le improbabili e contorte memorie episodiche offerte dai marmocchi. O magari dei pancakes. Forse erano più facili da reperire.

Si accontentava di poco. Eccetto dei biscotti all'uvetta della Bestia di Satana.

Una lama di luce le fece stringere le palpebre con più forza, costringendola a prendere una posizione. D'istinto Alex sollevò una mano per proteggersi il viso da quel bagliore irruento, godendo al contempo della sensazione rigenerante che la calura del meriggio le trasmise. Inclinò il capo verso il cielo terso e inspirò a fondo, l'aroma erboso e tiepido dell'aria la pervase. Una brezza gentile le accarezzò i capelli, ondeggiando tra le gramigne che crescevano prolifere in prossimità della dimora e mitigando il tepore con la sua frescura. Così leggera, così profumata e nostalgica.

Così falsa.

Il lieve sorriso che le aveva addolcito i lineamenti fino a quel momento si distese in una linea austera. Soprappensiero, Alex lambì una spiga accanto a lei con le punta delle dita, avvertendone la ruvidezza contro i polpastrelli. Con un gesto secco la spezzò, sbriciolandone i chicchi sotto il suo sguardo accorto. L'uno dopo l'altro caddero ai suoi piedi. Scrollò le spalle con indifferenza. Trovava divertente e meravigliosa la capacità dei sensi d'irretire la mente con percezioni del tutto errate; illusioni create dal cervello per le più piccole interferenze. Bugie innocenti, errori di calcolo. Così semplici da manipolare. E da ricreare.

Ma ugualmente pericolose.

Ormai di cattivo umore per non aver ancora trovato qualcosa di commestibile per verificare l'alterazione del gusto, si accorse quasi per caso dell'allegro vociare trasportato dal vento. Controvoglia si ricompose, dirigendosi verso l'origine di tale eufonia con passo leggero. Dopotutto aveva un lavoro da fare.

Li trovò nel pezzo di giardino situato sul lato sinistro della magione, non molto lontani dal melo dove Christopher, appollaiato sull'altalena, stava leggendo un libro consunto. Ellery e Jasper erano in disparte, intenti a passarsi un pallone di cuoio con aria annoiata e a lanciare occhiate al gruppetto che stava intonando ilare Ring around the rosie.

Alex seguì il loro sguardo e si fermò, concentrata e attratta dalla figura femminile che spiccava tra quei marmocchi. Le sue labbra iniziarono a muoversi da sole; trascinata da quella visione, cominciò a canticchiare anch'essa l'unica versione che riteneva appropriata per quella filastrocca: Shoots and Ladders dei Korn.

Mrs. Pennington emanava vitalità. Cantava e volteggiava assieme ai bambini più piccoli, ignorando i boccoli biondi che le sfuggivano dalla crocchia a ogni balzo e il rossore che le macchiava le guance piene. Non appariva austera, distaccata e stoica come aveva immaginato, o come le circostanze avrebbero preteso dalla sua posizione. Era invece felice, priva di pensieri, e tale serenità sembrava contagiare chiunque avesse attorno. O quasi.

«Nursery rhymes are said,/verses in my head/Into my childhood/they're spoonfed/Hidden violence revealed,/darkness that seems real/Look at the pages that cause all this evil» mormorò Alex, dondolando sul posto.

Una volta terminata la filastrocca, la donna si mise a rincorrere i mocciosi nei limiti che i suoi abiti da giorno le consentivano. Urla ed esclamazioni si propagarono per il giardino, finendo con la dipartita del piccolo George che, colto alla sprovvista, venne afferrato per la vita e sottoposto alla tortura del solletico.

«Era tutto... perfetto.»

Alex si voltò verso Jasper, comparso al suo fianco. Non la ricambiò. Il ragazzino mantenne lo sguardo fisso sulla scena che si stava compiendo dinanzi a loro, ombrato da una vasta gamma d'emozioni. Rimorso? Tristezza? Rabbia? Impotenza? Inclinando il capo, Alex non si preoccupò d'indagare sulle sue turbe emotive. A giudicare da come osservava Mrs. Pennington, era chiaro che avesse trovato in lei un sostituto della figura materna assente nella sua vita. Se quella naturale fosse perita o semplicemente scappata di sua iniziativa non era un dettaglio che le interessava, eppure c'era qualcosa nel suo linguaggio non verbale che strideva come un violino scordato.

«Era solo una bugia» sentenziò Alex monocorde. Non fece caso all'occhiataccia che il moccioso le rivolse, ritornando ad esaminare il gruppetto intento a giocare. Almeno finché una sagoma oscura non comparve nel suo campo visivo, incamminandosi di buon passo nella loro direzione.

«Chi è?» domandò a nessuno in particolare, mentre l'uomo si avvicinava fino a risultare riconoscibile. Dall'aspetto anonimo e nella media, i capelli castani pettinati con cura, il completo formale e la valigetta di cuoio che teneva in mano doveva essere un...

«Quello è l'avvocato.» La voce di Christopher le rispose vicina, ma Alex non si preoccupò di scoprire da dove fosse sbucato; i suoi occhi continuavano a scrutare i marmocchi e il cambiamento nelle loro espressioni. I loro tratti si erano induriti, circospetti e infastiditi per quell'intrusione.

E dire che lei l'aveva scambiato per un contabile dato il poco carisma che emanava.

Mrs. Pennington salutò il nuovo arrivato agitando graziosamente la mano, prima di rivolgersi ai suoi allievi con un lieve sorriso circostanziale. «Continuate pure a giocare. Non ci vorrà molto.»

Il malumore dei bambini divenne sempre più palese, ma ormai l'attenzione della donna era del tutto incentrata sull'uomo. Alex ignorò i piccoli umani imbronciati, avvicinandosi a passo svelto verso i due adulti che nel frattempo si stavano ritirando al coperto. Nonostante fosse consapevole che tale proiezione fosse solo un'immagine mentale creata da ricordi condivisi, sperava di poter scorgere sprazzi della loro conversazione. Ma, per sua grande frustrazione, tutto ciò che riuscì a carpire furono solo convenevoli privi d'importanza. Le persone dovevano imparare a essere più dirette invece di perdersi in futili riempitivi temporali.

«... e la famiglia? Spero di avervi come ospiti prima o poi; sono certa che ai piccoli farebbe piacere.»

«Purtroppo mi duole posticipare, Grace. La salute di mia moglie è ancora troppo compromessa per viaggiare, ma le riferirò come sempre questo gradito invito.»

«Mi dispiace sentirlo. Posso consigliarvi un medico se...»

E via dicendo.

Alex sbuffò. Provò a seguirli all'interno della dimora, ma si ritrovò bloccata in giardino insieme ai marmocchi a causa delle limitazioni imposte da quel ricordo. Si rigirò tra le dita la catenina che portava al collo, rimuginando. A dirla tutta, era rimasta sorpresa nel trovare Mrs. Pennington così affabile con il suo avvocato, tra l'altro non molto più anziano di lei. Non doveva essere un pezzo grosso dello studio legale dove lavorava, dato che sul bordo della sua valigetta d'ordinanza vi erano incise solo le iniziali MR invece del logo aziendale e indossava un completo curato, ma ordinario e dalla stoffa poco costosa. Data la ricchezza e la fama della vedova, si sarebbe aspettata qualcuno di rilievo, a meno che...

«A che numero siamo?» domandò, ritornando sui suoi passi e avvicinandosi ai bambini disposti in cerchio, intenti a passarsi la palla.

Ellery si voltò verso di lei. «Lui è il quarto avvocato che Mrs. Pennington riceve.»

«Perché?»

Quando non ricevette risposta, Alex smise di camminare attorno a loro e si voltò, ritrovandosi faccia a faccia con il legno curato di una porta. A quanto sembrava, l'ambientazione si era spostata all'interno della casa senza darle il tempo di prepararsi.

Seduta sul pavimento con Jasper, Ellery e Christopher che tenevano le orecchie appiccicate al pannello nel tentativo di origliare l'incontro al di là del legno, Alex aspettò una risposta che si diede da sola dopo aver contato mentalmente fino a tre.

«Vuole vendere la magione.»

Avvertì Jasper irrigidirsi, colpito da quella constatazione come se fosse una punizione.

«C'è un cavillo nel contratto matrimoniale che non glielo permette» le spiegò Christopher, raddrizzandosi gli occhiali sul naso e lanciandole un'occhiata severa. «La tenuta può essere legalmente concessa solo da un discendente maschio dei Pennington. Senza un accordo con i parenti più prossimi della famiglia del suo defunto marito, Mrs. Pennington non può compiere alcuna azione...»

Jasper gli afferrò il colletto della camicia, interrompendo il suo sproloquio con una sfuriata. «Non parlarne in tono così indifferente! Non ha preso questa decisione a cuor leggero. Lei...»

Prima che potesse ascoltare il resto della frase, Alex si ritrovò in un altro scenario, seguito subito dopo da altri ancora, in una sequela di ricordi quotidiani senza un vero e proprio senso temporale. Cene vivaci, lezioni sui più disparati argomenti, letture serali accanto al caminetto, attività ricreative nel pomeriggio. Una vita semplice, scandita giorno per giorno dagli stessi prevedibili ritmi. Eppure, Alex colse quell'ombra nell'animo della donna qualvolta riceveva una lettera o si ritirava nelle proprie stanze. O quando distoglieva la sua attenzione dai bambini che accudiva con amore e la rivolgeva verso i vuoti e inutilizzati ambienti della dimora.

Troppe ombre. Troppo vuoto.

Troppe macchie indelebili.

E caos.

Quando il mondo decise di smetterla di girare come una trottola impazzita, Alex gemette frastornata. In un battito di ciglia si scoprì seduta in una stanza adibita ad aula, le dita macchiate d'inchiostro nero e un quaderno aperto sul banco davanti a sé fregiato da scarabocchi inquietanti; cerchi oscuri che avevano solcato e bucato la leggera carta, serpenti che strisciavano sui margini e occhi privi di palpebre che la osservavano su tutta la superficie. Non che potesse creare degli schizzi psicotici migliori, dato che il suo senso artistico lasciava parecchio a desiderare, ma per sua fortuna l'astrattismo andava ancora di moda.

Lasciando andare la stilografica imbrattata che ancora stringeva nel pugno, Alex raddrizzò la schiena e alzò il capo per scrutare ciò che la circondava. I mocciosi erano assorti, intenti a prendere appunti mentre Mrs. Pennington camminava tra loro con un libro di storia tra le mani. La voce della donna era chiara ma tranquilla, il ritmo cadenzato dal ticchettio dei suoi stivaletti contro il pavimento. Eppure l'atmosfera che aleggiava nella stanza era... strana. Fremente, in un certo senso. Come se dovesse accadere qualcosa.

«Sì, Samuel?»

Nessuno fiatò mentre il bambino riabbassava il braccio, lo sguardo fisso sulla donna. Il graffiare delle penne contro la carta s'interruppe.

«Ho una solo domanda: quando se ne andrà?»

Dapprima Mrs. Pennington apparve confusa; sbatté le palpebre e socchiuse le labbra nel tentativo di elaborare quel quesito così semplice e di trovarvi risposta. Quando la comprensione si fece strada in lei, la sua espressione si inquietò. Con uno scatto del polso chiuse il libro.

«Morgan sta finendo di controllare dei fascicoli per completare la sua perizia. Non so quantificare quanto tempo impiegherà a concludere gli ultimi esami, ma nel frattempo continueremo la lezione come se nulla fosse.»

«E così ora lo chiamate per nome.»

Era stato Jasper a parlare. Con le braccia incrociate sul banco e il busto inchinato in avanti, il suo tono di sfida non era solo un misero tentativo di mettere in difficoltà la donna. No, si rese conto Alex nello scorgere la scintilla che brillava all'interno dei suoi occhi. Voleva provare qualcosa.

«Sì, Jasper» sospirò Mrs. Pennington con rassegnazione. «Nonostante il nostro rapporto professionale siamo amici.»

«Anche se lui ha già una famiglia?»

Quella domanda, esclamata con tanta leggerezza, suscitò le più disparate reazioni. Arthur e Raymond si scambiarono uno sguardo incerto, indecisi se trovare tale sviluppo divertente o volgare; George spalancò la piccola bocca fino a formare una O colma di sorpresa e Samuel sussultò talmente tanto da far cadere la sua stilografica dal banco. Ellery e Christopher s'immobilizzarono, entrambi impalliditi.

«Ora basta, Jasper Harnety!» tuonò la donna.

«Ho forse detto qualcosa di sbagliato?» Il tono innocente con cui lo chiese era una pura presa in giro.

Mrs. Pennington strinse le labbra nel tentativo di darsi un certo contegno. Nonostante l'apparenza controllata, strinse il libro con tanta veemenza da sbiancarsi le nocche. «Capisco che non riponi alcuna fiducia negli estranei» sentenziò, regolando il suo tono con attenzione. «Ma posso assicurarti che sto agendo nell'interesse di tutti noi nel...»

«Chiudere la tenuta e rispedirci a casa non lo definirei nel nostro interesse!» Jasper si alzò, spingendo indietro la sedia che stridette contro il pavimento. Batté un pugno sul banco e protese l'altro braccio per indicare tutta la classe. «Ha dimenticato il motivo per cui ci hanno lasciato qui? Ai nostri genitori non importa nulla di noi. Persino i bambini che non sono ritornati dopo la pausa estiva non ci hanno più scritto, nonostante le promesse! Siamo rimasti solo noi sette, eppure vuole mandarci via per un suo capriccio!»

A quel punto persino la donna sembrava aver perso la sua inesauribile pazienza. I lineamenti del suo viso si appianarono in un'espressione apatica e fredda, sebbene gli occhi ribollissero di malcelata rabbia. Copiando l'esempio del ragazzo, drizzò la schiena, osservandolo dall'alto in basso. I mocciosi trattennero il fiato.

«Dato che hai le idee così chiare sul da farsi, rimarrai qui per il resto del pomeriggio a scrivere un tema di almeno sette pagine su come gestiresti la magione, corredando il tutto con delle scuse per il tuo comportamento egoistico e infantile. Inoltre puoi anche scordarti la ce...»

Il pavimento vibrò. Il boato che ne seguì fu così improvviso che Alex si rese conto di essere scattata in piedi nell'istante in cui stava già correndo verso la porta, anticipata di qualche passo dalla donna. Prima di dileguarsi oltre la soglia, Mrs. Pennington ammonì i suoi studenti con un'occhiata colma di inquietudine.

«Rimanete qui. La discussione non è ancora terminata! Torno subito.»

«Nemmeno morta» sentenziò stizzita Alex. Grazie al cielo aveva già potuto quantificare la totale assenza di ubbidienza da parte di quel mucchio di marmocchi, il che andò del tutto a suo favore in quella circostanza. Finalmente stava accadendo qualcosa d'interessante! Seguì Mrs. Pennington lungo i corridoi senza intoppi con alle calcagna i mocciosi, rallentando il passo nei pressi dell'androne.

E lì si fermò.

Stranita, Alex rimase in disparte mentre la donna si avvicinava con espressione sconvolta al suo caro... amico.

«Sant'iddio! Morgan, che ti è successo?»

Sentendo il suono della sua voce, l'uomo la osservò stralunato. Claudicante, arrancò verso di lei, incurante degli abiti fradici e del sangue che gli colava da una ferita alla tempia fino a inzuppare il colletto della camicia. Nonostante le sue condizioni pietose, sorrideva. Un sorriso ampio e fremente, simile a quello di un pazzo rapito da una visione.

«L'ho trovata, Grace! L'ho trovata!» farneticò l'uomo, afferrando le braccia della donna con fin troppo zelo e schizzandola d'acqua. «La soluzione dei nostri problemi! È sempre stata qui e...»

L'avvocato si impietrì. Non tanto per le lamentele cariche di preoccupazione di Mrs. Pennington, che nel frattempo stava cercando di liberarsi dalla sua presa e di accertarsi sulle sue condizioni di salute, ma perché l'aveva vista.

Alex fu tentata di fare un passo indietro senza trovare la forza di riuscirci. Quell'uomo la stava fissando dritto negli occhi, immobile come una statua. O meglio, stava guardando nella sua direzione in un tale shock che dubitava di trovare il coniglietto pasquale alle sue spalle. Era più probabile Pennywise. Ignorando i campanelli d'allarme che risuonavano nella sua testa, si costrinse a continuare la sua indagine. I marmocchi, disseminati attorno a lei, la stavano studiando impassibili, ignorando la coppia alle loro spalle.

«Devo andare» sentenziò l'uomo in modo brusco, mettendo fine al mutismo che l'aveva colto. Non aveva ascoltato una sola parola di protesta pronunciata dalla donna. «Avrai presto mie notizie. Devo solo mettere insieme gli ultimi pezzi e saremo pronti a incontrare il giudice.»

Mrs. Pennington parve di tutt'altro avviso. Ghermì il polso dell'amico, obbligandolo a fermarsi. Sul suo viso lo shock aveva lasciato posto alla determinazione. «Non essere impulsivo. Mando subito la domestica a chiamare il medico. Nelle tue condizioni è meglio...»

Ma Morgan fu irremovibile. La liquidò con un gesto della mano, andò a recuperare i suoi effetti personali e, con la cartella di pelle e la giacca sotto il braccio, si diresse verso la porta principale. Prima di scomparire oltre la soglia, si voltò verso di lei con lieve sorriso.

«A presto» esclamò come congedo. La curva delle sue labbra si accentuò ancor di più quando scorse i marmocchi dietro l'angolo, intenti a osservare la scena come silenti spettatori. Fece un piccolo inchino e uscì.

Mrs. Pennington rimase lì, al centro dell'androne, completamente spiazzata e incerta. La rabbia e la punizione di Jasper dimenticate.

Mentre quell'insignificante siparietto stava avendo luogo, Alex si era già messa all'opera. Aveva cercato di ripercorrere i passi dell'uomo, seguendo le impronte umide e inzaccherate disseminate sul pavimento tirato a lucido. L'evento che aveva causato il propagarsi di vibrazioni così intense all'interno della dimora doveva essere stato violento e, a giudicare dalle ferite riportate da quel pazzo, i segni avrebbero dovuto essere evidenti. Schegge, detriti, frammenti, pozzanghere, scie di sangue e, perché no, corpi smembrati. Ma man mano esaminava l'area circostante, tastando pannelli di legno e battendo il piede sulle lastre più sporgenti, si rese conto che non c'era niente.

Niente che potesse trovare nel passato.

Mordendosi l'interno della guancia dalla frustrazione che s'irradiò traditrice nel suo essere, arrivò fino alla base dello scalone. Sollevò contrita lo sguardo nel punto in cui era ormai abituata ad ammirare il quadro rappresentate Mrs. Pennington circondata dai suoi pestiferi e defunti allievi, trovandovi invece un dipinto ancora più ampio sovrastato da un drappo nero. Attraverso le pieghe della stoffa pesante, poté scorgere dettagli di un altro tipo di soggetto.

C'era del marcio in Danimarca. E la puzza era tale da farle storcere lo stomaco.

O creare un black-out.

Il buio scese sulla villa così velocemente da impedirle di abituare i suoi occhi alle tenebre. Per un istante, Alex si ritrovò da sola nel nulla, il corpo impregnato di una sensazione di disagio che non seppe discernere dalle altre. Dalla pelle d'oca che le ricoprì le braccia, il suo istinto la stava chiaramente avvertendo di essere osservata da qualcosa. Considerando che tutto ciò era una semplice ricostruzione mnemonica, forse avrebbe dovuto iniziare a preoccuparsi. O quantomeno chiedersi se il marcio che avvertiva sotto il naso non appartenesse a qualche cadavere che si era preso la briga di uscire dalla sua tomba per darle un saluto.

Proprio nel momento in cui fece un passo verso l'ignoto, la visione scemò come era arrivata, lasciandola stordita nel centro di un corridoio. Almeno finché George non le corse incontro in tenuta da notte, trapassandola nella sua inconsistenza. Fu allora che Mrs. Pennington apparve dall'altro capo, battendo le mani per richiamare all'ordine i marmocchi.

Altro ricordo, altra ciotola di popcorn mancata.

«Avanti, tutti sotto le coperte! Guai a voi se non vi siete lavati i denti e dietro le orecchie. Non pensate che non me ne accorga. Tra dieci minuti voglio le luci spente!»

La cacofonia di rumori che le giunse alle orecchie fu abbastanza forte da infastidirla. Alex si spostò di lato verso il muro, scrutando il viavai che aveva animato il dormitorio. Il fatto che fossero morti proprio in quel luogo assomigliava quasi un'infima battuta da bar, sopratutto nel vederli così scalmanati nei preparativi per la notte. Esaminò sospettosa la donna mentre si desteggiava tra capricci e richieste, domande e musi lunghi, ma nonostante la fragile apparenza serena, il suo cipiglio preoccupato era ridicolmente evidente. I bambini sembravano aver preso piuttosto bene ciò che era accaduto nell'androne, dato che ne stavano approfittando per estorcerle una seconda porzione di latte caldo e biscotti.

Con un sospiro, Alex stette per chiedere ai reali fantasmi di mostrarle qualcosa di utile, quando una vibrazione nell'aria colse la sua attenzione.

Una porta appariva sfuocata e incolore, come se appartenesse a un ricordo differente, ma comunque agibile. In preda alla curiosità, Alex vi si avvicinò, i polpastrelli che sfioravano la parete adiacente, avviando quella reminescenza con qualche difficoltà. La maniglia era fredda contro le sue dita, inceppata per il troppo utilizzo. Fece resistenza finché non trovò la giusta pressione per far scattare il meccanismo. Si aprì con un cigolo.

Jasper era disteso sul letto, dando le spalle alla soglia. La rigidità che gli induriva gli arti era colma di frustrazione e tormento, tanto che Mrs. Pennington impiegò qualche momento a entrare nella stanza dopo aver bussato timidamente. In silenzio, si sedette accanto al moccioso, posando le mani sul grembo. Nessuno dei due parlò per qualche minuto, decretando così la sconfitta della donna.

«Mi dispiace per questo pomeriggio» esordì, estraendo qualcosa dalla tasca del grembiule. Posò un piccolo panino farcito avvolto in un tovagliolo accanto al cuscino del ragazzo, ma lui rimase immobile. Continuò con un sospiro melodrammatico. «Non ho ancora sviluppato la vostra tenacia nel tenere il broncio. Dovete proprio insegnarmi il vostro trucco uno di questi giorni. Se lo sapesse la governante... Mi accusa di viziarvi troppo e non posso certo darle tutti i torti, dato che poi ne approfittate alla minima occasione, ma...»

Mrs. Pennington si bloccò, storcendosi le dita dal nervoso. Alex incrociò le braccia, appoggiandosi alla parete attigua, concentrata.

«Capisco perché non vuoi tornare da tuo padre. E so di averti assegnato troppe responsabilità negli ultimi tempi. Sei solo un bambino» e a quel punto Jasper s'irrigidì «... chiederti di badare ai più piccoli e di tenere unito il gruppo è stato un segno di debolezza. Dopo tutti questi anni mi sono resa conto che non posso più andare avanti così. Mi hai accusata di voler vendere la magione per capriccio, ma in realtà i fatti sono ben più complessi di così...»

Mrs. Pennington fece una pausa, rilassando le spalle. Con la coda dell'occhio osservò il ragazzino, ancora chiuso nel suo silenzio.

«Scusami, continuo a impensierirti con queste faccende da adulti. Vedi, quest'estate ho trovato una piccola tenuta dall'altra parte della città. Un po' fuori mano e molto più contenuta di dimensioni, ma abbastanza grande per tutti noi. Inoltre a un paio di miglia di distanza c'è una fattoria colma di animali. George ha sempre voluto un pony, perciò...» posò una mano sulla spalla di Jasper, accarezzandola in modo materno. «Voglio vendere Pennington Mansion per capriccio, sì, ma perché voglio offrirvi un luogo migliore, senza fantasmi dal passato e la preoccupazione incessante di debiti e pretese. Vedi, ho sempre odiato questo posto, ma mio marito... Nicholas non ha mai voluto sentir ragioni. Questa casa era troppo importante per lui, così come la sua famiglia. Tutto il resto non contava nulla.»

Fece per aggiungere altro, ma si bloccò. Mrs. Pennington fissò un punto indefinito davanti a sé, persa nella malinconia dei ricordi. Fu a quel punto che Jasper decise di uscire dal suo mutismo e si voltò verso di lei, lo sguardo titubante.

«Ma adesso siamo noi la tua famiglia, no?»

A quella domanda, detta così piano e in tono incerto, la donna sgranò gli occhi. Un caldo sorriso comparve a poco a poco sul suo viso, spazzando via la tensione e la stanchezza che aveva accumulato durante il giorno.

«Sì, è così» mormorò, per poi stringere il giovane tra le sue braccia. Jasper ricambiò la stretta, nascondendo il viso sulla sua spalla. Il suo corpo tremava mentre Mrs. Pennington gli passava una mano tra la zazzera vermiglia, accarezzandogli il capo in modo materno.

«Siete la mia famiglia e mi prenderò cura di voi. Qualsiasi cosa accada» mormorò la donna, chiudendo gli occhi. «Promesso.»

Rimasero così per un tempo indefinito, ignari della silenziosa spettatrice rimasta nell'ombra.

Un guizzo, appena percettibile, le colse l'angolo della bocca.

Poteva bastare. Alex si distaccò dalla parete con lentezza, come se avesse temesse d'interrompere quel momento. Non aggiunse altro, né vi riservò altre attenzioni. S'incamminò verso la porta, ignorando il senso di pesantezza che le aveva ghermito gli arti. O almeno ci provò, dato che Jasper, quello morto, si accorse della violazione della sua privacy e la gettò fuori dai suoi ricordi in malo modo. Prima ancora di poter protestare, Alex si ritrovò sballottata nuovamente in un flusso di reminiscenze all'apparenza privo senso, per poi crollare come un peso morto sul pavimento dell'ingresso.

Un tonfo, un respiro strozzato e un'imprecazione da manuale. Stella stellina, la notte si avvicina...

Rimase immobile, un'espressione neutra stampata sul volto e le braccia lungo i fianchi. Non fece una piega nemmeno quando i volti dei mocciosi comparvero nel suo campo visivo, le teste chine su di lei come se fosse un'installazione artistica. Alex si attribuì il titolo: "Dal pavimento al machete il passo è più corto del braccio scattante. O di una Glock".

«Dovete tergiversare ancora per molto o semplicemente vi piace ripetervi che eravate una famigliola felice eccetera eccetera?» domandò inarcando un sopracciglio. Finalmente i suoi recettori sensoriali avevano eliminato il senso del dolore provocato dal pensiero della caduta.

Samuel sospirò. «Perdonalo. Quando si tratta di Mrs. Pennington diventa sempre suscettibile.»

«Non l'avevo notato.» Con un colpo di reni, Alex si rimise in piedi in un lampo, ignorando le occhiate sbalordite dei bambini di fronte alla sua agilità e il commento leggermente maschilista di Arthur.

«Le femmine non dovrebbero fare queste cose.»

Alex si limitò a fissarlo indifferente. «Le femmine non dovrebbero penare l'inferno per spararvi fuori dalle loro vagine. Eppure lo fanno.» Si spazzolò le ginocchia con le mani nonostante non avesse tracce di sporco, per poi riportare il suo sguardo sui marmocchi. «Comunque ero seria. Sono già troppo impegnata con i miei problemi mentali; non mi interessano quelli altrui, a maggior ragione i complessi edipici e i puri favoritismi. Quindi, se non avete altro da mostrarmi po...»

«Un momento!» la interruppe George sbattendo i piedi per terra. «Ero io il preferito di Mrs. Pennington! Mi dava sempre una reazione in più di biscotti e mi coccolava.»

Gli altri bambini si limitarono a osservarlo basiti. Forse si stavano domandando se aveva qualche ritardo o era semplicemente troppo piccolo per capire la gravità della situazione. O stupido.

«Accadeva solo perché ti mettevi a piagnucolare per ogni nonnulla ed eri insopportabile» sentenziò Raymond senza alcuna pietà, spezzando il silenzio. Il labbro inferiore di George prese a tremare pericolosamente nell'udire ciò.

«Ad ogni modo» sbottò Alex, massaggiandosi le tempie per alleviare il principio di emicrania che le stavano provocando. «Dov'è finita quella donna?»

«Se n'è andata» rispose Ellery con tono greve.

Alex si bloccò. «Dove?»

Il ragazzino fece spallucce. «Non lo sappiamo. Dopo l'incidente con l'avvocato ricevette una lettera che la sconvolse al punto da farla partire per qualche giorno. Ci lasciò con la governante di famiglia e non c'è stato nulla da ridere.»

«Quella vecchia arpia meritava di morire tra atroci sofferenze» sentenziarono i fratelli all'unisono, al punto che Alex rimpianse di non aver un altro fantasma dedito alla tortura dei piccoli umani. Forse gli avrebbe resi più sopportabili.

Dopo un briefing mentale, schioccò le dita per richiamare la loro attenzione. «Ricapitoliamo: Mrs. Pennington fa il diavolo a quattro per vendere questo posto, ma il quarto avvocato che consulta sbatte la testa da qualche parte e scompare. Qualche giorno dopo riceve una lettera che la spinge ad andare... via?» Alex non sapeva se trovare divertente la situazione o il modo in cui si stava immaginando gli avvenimenti in ordine cronologico.

«Di certo non è tornata a mani vuote.»

La voce di Jasper colse tutti alla sprovvista. Alex e i marmocchi si voltarono nell'angolo in cui si era appartato come un gatto idrofobo e, a giudicare dal broncio da Oscar che esibiva sulla sua faccia da schiaffi, doveva avercela ancora con lei. Come se fare la terza incomoda fosse la più alta aspettativa della sua vita.

Eppure quella constatazione la fece fremere. «Vuoi dire che...»

Dopo una pausa di riflessione durata una frazione di secondo, Jasper sbottò contro di lei. «Puoi provare a non sorridere come una maniaca mentre fai le tue constatazioni? Ti ricordo che è a causa loro se siamo qui!»

Alex scrollò le spalle, ma ebbe la decenza di annullare le sue espressioni mentre si dirigeva a passo di marcia verso la porta principale. Le loro pretese non erano e non sarebbero mai state una sua priorità. «Smettetela di fare tante storie. Siete già morti da quasi un secolo: fatevene una ragione. La vita continua.»

«Per te è facile parlare!» sibilò il rosso sbattendo i piedi tanto da farla voltare.

Alex inarcò un sopracciglio. Percuotere il pavimento era uno sport nazionale tra i piccoli umani? Perché di questo passo lei avrebbe percosso qualcos'altro. Gli diede nuovamente la schiena, la mano protesa verso la maniglia. «Considerando che esistono vari tipi di morte, la vostra è di sicuro la più facile e definitiva. O quasi» sibilò contrita.

Non seppe se fosse stato per ripicca o per esaudire ai suoi perversi desideri, ma quando Alex fece per aprire la porta, questa si mosse da sola, sbilanciandola in avanti nel ricordo che stava attendendo da quando aveva aperto la sua mente ai marmocchi.

Non l'arrivo di Gallivan, né quella notte infausta.

Dovette piantare un piede per terra per non perdere l'equilibrio, trovandosi davanti a un paio di occhi neri profondi e tetri come l'abisso. Non tentò d'indietreggiare, né distolse lo sguardo. Alex si limitò a sorridere ferina, quasi elettrizzata, nonostante sapesse di non poter interagire in alcun modo con quella rievocazione. Raddrizzò la schiena, incurante della donna poco più avanti o dei bambini sconvolti alle sue spalle.

«Finalmente vi ho trovato» mormorò.

I gemelli non le risposero.

Continue Reading

You'll Also Like

158K 5.3K 39
Il mondo dei demoni non è uguale per tutti, dipende dove nasci, come vivi, con chi sopravvivi. Chi ha tutto e chi ha niente. Tasse su tasse infliggon...
111K 6.1K 31
[completata] Sono passati anni da quando I genitori di Eirene sono scomparsi. Non è rimasta da sola,però. Ogni giorno ad aspettarla a casa c'è la n...
Kill me By Lucy

Paranormal

33.3K 939 34
"Uccidimi" "L'unica che sa capirmi anche senza emettere fiato" Gli Evans e i Valava sono sempre state le famiglie più pericolose del Regno Innay e pe...
17.9K 1K 47
[ completata] Naruto x reader Tutti sanno la storia del clan Uchiha, massacacrato da Itachi Uchiha, che lasciò solamente il fratellino Sasuke Uchiha...