When the children play

By AlenGarou

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[Vincitore agli Oscar Wattpadiani 2017 come: Miglior Scenografia e Miglior Protagonista Maschile, vincitore W... More

Presentazione SERIA dell'opera
Prologo
1. Cappuccetto Rosso e il branco non richiesto
2. Pennington Mansion
3. A Mad Samhain Party
4. Una chiacchierata tranquilla
5. Good morning little... f*ck
6. Un duetto perfetto
6.2. Porcorosa Fluffoloso
7. Il blasfemo esorcista non collabora
8. Alla ricerca della fata scomparsa (con annessa polvere fatata)
Bonus pt1: L'incontro
Bonus pt2: il tentato omicidio
9. A bullet for everyone in this room
10. Mr. Gilman
11. Re diesis e sol bemolle
12. Io non stuzzico i morti, sono loro che stuzzicano me
In questo piccolo angolo di disagio
13. Con un poco di zucchero la pillola va giù
14. Un prete, un angelo e il bambino di Omen entrano in una chiesa
Do you remember?
C'è posta per il bradipo pt.1 (nella speranza di un seguito)
15. Salvate il soldato Gregory
16. Qualcosa di inevitabilmente scomodo
17. Le idee... quelle pessime
18. Dite "amici" ed entrate
18.5 The Lone Wolf and the Little Bunny
19. Sogno di una notte di Samhain pt.1
Chi non muore si rivede (purtroppo)
19. Sogno di una notte di Samhain pt.2
Why you don't remember?
20. Alexander passione bimbi pt.1
21. La casa per bambini normali di Mrs. Pennington
A little gift for you... sorta
Quello che la gente chiama cast, io lo chiamo "una cagata pazzesca"
"Se ci sei batti un colpo!" *E nel mentre sbatté su tutti gli spigoli di casa*
21.2 La casa per bambini quasi normali di Mrs. Pennington
21.3 La casa dei bambini diabolici di Mrs. Pennington pt. 1
21.3 La casa dei bambini diabolici di Mrs. Pennington pt. 2
22.1 Quel Rottweiler della Rottermeier
22.2 Ring around the rosie, a house full a bodies
23. No Spoiler
24. Andiam, andiam, andiamo a farci ammazzar
25. Il volo dello yurei
26. Appuntamento a tre nel seminterrato
27. Dahlia Cassidy Reynor
28. Curiosity killed the cat
29. Ciao, Sgorbio...
30. Quel capitolo... sì, quello che terrorizza l'autrice
31. L'unica parte da cui stare
32. Non potrebbe andare peggio di così

20. Alexander passione bimbi pt.2

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By AlenGarou


Fin da piccola, Alex aveva sviluppato una discreta pietà mista a rispetto per chi si prodigava ad acculturare le future generazioni di analfabeti. Una sorta di empatia che mal le si addiceva, ma che le veniva spontanea nel considerare il livello d'intelligenza medio della società che doveva sopportare. Tuttavia, ora che si trovava dall'altra parte della staccionata, si rendeva conto di quanto fosse stata ottimista e ingenua in passato.

E del motivo per cui la produzione di Xanax si era triplicata nell'ultimo decennio.

Nonostante le prime resistenze da parte dei mocciosi, che sembravano più interessati a esasperarla con le loro lamentele e piagnucolii, e una buona dose di tecniche manipolatorie da parte sua, che tentava con tutte le sue forze di contenere gli impeti, riuscì infine a farli accomodare ai loro rispettivi posti. Seduta ancora sul bordo della cattedra, Alex studiò la loro disposizione. Non fu sorpresa della scelta di sistemare gli studenti più giovani nei banchi anteriori, ma la sua attenzione si focalizzò principalmente sulle due postazioni lasciate vuote: una laterale accanto alla finestra e una al centro dell'aula. Senza alcun dubbio dovevano essere state quelle dei gemelli, nel vedere come gli altri ragazzini le evitavano invece di occuparle per rendere il gruppo più compatto. La perfezionista che era in lei non gradì affatto quella scelta, ma si costrinse a ignorare il senso di fastidio che provava ogni volta che notava quella mancanza nello schema.

«Molto bene» disse, richiamandogli all'ordine. «Prima di incominciare con le questioni importanti, direi di toglierci fin da subito il fastidio delle formalità. Motivo per cui vi chiederei di palesarvi, cercando anche di inserire informazioni importanti nel vostro discorso, incominciando da...» fece finta di pensarci, sebbene il suo sguardo fosse puntato sull'unico marmocchio che si stava dondolando sulla sedia con aria disinteressata. «... Pel di carota.»

Per poco Rosso Malpelo non cadde a terra. Si tirò dritto di scatto, sbattendo poco elegantemente le gambe della seggiola contro il pavimento. «Cosa? Perché devo iniziare io?»

Alex schioccò la lingua. «Perché sei il più grande e devi dare il buon esempio» sentenziò. Poi scrollò le spalle. «Scherzo, non ti sopporto. Avanti, non essere timido.»

Il moccioso le rivolse uno sguardo velenoso quanto un pesce palla, ma nel constatare che era del tutto inutile e lei non cedeva, alla fine si arrese e diede il via alle danze.

Il vero nome di Rosso Malpelo si rivelò Jasper Harnety, uno dei primi studenti di Mrs. Pennington. Tale informazione venne accolta con entusiasmo, dato che l'avrebbe aiutata a stabilire i mutamenti a cui la tenuta era stata soggetta in passato. Quasi tredicenne, era stato incaricato di badare ai compagni più giovani dalla donna stessa, ragion per cui era considerato in tutto e per tutto il leader del gruppo. A seguire con un anno di distanza, c'era Christopher Lacombre, l'amante dei sassi, il più studioso e posato a giudicare gli altri. Tuttavia, nonostante non avesse ancora compiuto undici anni, il braccio destro di Jasper era Ellery Dannay Hawk, il biondino indolente. Non le fornì altre informazioni su di sé a dispetto del nome e dell'età, e per questo Alex lo prese subito in simpatia. Cosa che, invece, non fece George Owen Dallas.

Il più piccolo della covata aveva continuato a sbracciarsi per tutto il tempo, cercando ottenere la sua attenzione. E, quando finalmente Alex si era arresa e gli aveva concesso la libertà di parola, non solo le aveva raccontato nel dettaglio della sua breve vita, ma si era inoltre perso in un'attenta riflessione su quali tipi di biscotti fossero i più buoni, decretando vincitori quelli all'uvetta. Solo per questo, Alex lo etichettò come Bestia di Satana.

Samuel Gordon Brown, il bambino dai capelli neri e gli occhi verdi, era sul serio un tipetto taciturno. L'unico indizio utile che le fornì, fu quello di aver dovuto condividere la camera con uno dei gemelli nell'ultimo periodo. Interessata, Alex provò a farlo cantare come un fringuello, senza alcun risultato. A quanto sembrava, i gemelli erano ancora un argomento proibito e molto volentieri ignorato, per sua grande sfortuna. Ultimi, ma non meno fastidiosi, furono i due fratelli, Raymond e Arthur Hemsworth, rispettivamente di dieci e nove anni. Ancora doloranti per il loro scontro cerebrale, le promisero di comportarsi bene in futuro, senza però risultare convincenti. Infatti, solo Jasper sembrava in grado di contenere la loro indole scalmanata, ma Alex non si sarebbe lasciata sviare dal loro faccino innocente. Per lo meno, da quel momento in poi avrebbe potuto maledirli per nome.

«Molto bene ragazzi, grazie per la vostra collaborazione» sentenziò, stiracchiando le gambe oltre il bordo della cattedra. «Immagino che ormai abbiate capito il motivo per cui mi sono scomodata tanto a raggiungervi qui.»

«Per sfogare la tua frustrazione?» provò Arthur senza avere la decenza di alzare la mano.

«Per disperazione?» sospirò Ellery, studiandosi le unghie.

«Per raccogliere informazioni su che cosa è successo davvero quella notte, non è così?»

«Bingo!» esclamò Alex, schioccando le dita. «E il vincitore è Christopher... che strano.»

«Secchione» bisbigliò Raymond con l'unico risultato di ricevere un'occhiata assassina.

«Come se cambiasse qualcosa...»

Alex si voltò verso Jasper. Con la parte superiore del corpo distesa sopra la superficie del banco, la stava squadrando con un'espressione diffidente. Appariva a disagio e non poteva biasimarlo: il passato era una bestia affamata pronta a dilaniare chiunque alla prima distrazione.

Sospirò, tentando di addolcire il proprio tono di voce. «Ricordate che cosa vi ho detto nell'androne, minacce a parte? Farò tutto ciò che è in mio potere per permettervi di lasciare questo posto, ma in cambio dovete aiutarmi. So che le premesse non sono buone e che tecnicamente dovrei essere arrabbiata perché avete in parte fallito il compito che vi avevo affidato...» alzò la mano, interrompendo sul nascere le scuse che Christopher e George erano pronti a rifilarle. «... ma non lo sono. Anzi, vorrei che continuaste a occuparvene. Tuttavia, ora come ora, ho bisogno di risposte.»

Seguì un istante di raccoglimento. Gli sguardi degli altri bambini erano intenti a studiare la reazione di Jasper, ma alla fine fu Ellery a riprendere la parola. «Cosa vuoi sapere?»

A quel punto Jasper sbatté la testa sul banco per l'esasperazione e fulminò il suo secondo con un'occhiataccia, il quale si limitò a far spallucce.

Alex sorrise di sottecchi, ma ritornò seria quando notò la mano di George ancora in aria. Dato che ignorarlo non avrebbe sortito alcun effetto, trattenne un'imprecazione e si rivolse a lui monocorde. «Ultima domanda, demonio.»

Il piccolo non sembrò far caso a quell'appellativo. Anzi, fu sorpresa dallo sguardo esitante e triste che gli apparve sul viso paffuto. «Riusciremo davvero a uscire di qui? Mi manca la mamma» chiese con voce flebile.

Accanto a lui, i ragazzi si ammutolirono a quella constatazione, osservando i banchi con aria afflitta. L'atmosfera della stanza si fece pesante, dissolvendo l'illusione scolastica che si era creata in precedenza. Alex se ne accorse e si prese qualche istante per rispondergli, cercando di trovare le parole giuste. Alla fine si alzò, distaccandosi dalla scrivania e incamminandosi verso di lui. Ignorò lo sguardo confuso che le rivolse quando si fermò davanti al suo banco e con una mano iniziò scompigliò delicatamente i boccoli. Senza fretta, senza essere rude. Era solo... una carezza.

«Certo, è questo il piano» disse con dolcezza.

«Quindi andrai a prendere a calci il culo di Gallivan?» chiese Raymond, distruggendo l'armonia di quel momento.

«Ehi, piano con le parole» sbuffò Alex, riferendosi a George con un cenno del capo, sebbene il bambino fosse troppo entusiasta per quella manifestazione d'affetto per farci caso. Scostò la mano e incominciò a camminare tra i banchi, come se li stesse controllando durante una verifica. «E comunque no. Dubito che servirebbe a qualcosa.»

«Ma...»

«Non preoccupatevi. Attenetevi al compito che vi ho affidato. Sarà più che sufficiente. E ora iniziamo con il quiz. Qual è la vera ragione per cui non volete avvicinarvi ai dormitori?»

A quel punto, Jasper ritornò a sedersi come un comune mortale, stiracchiando le braccia oltre la testa. Se fosse sorpreso per quella domanda non lo diede a vedere. «Puoi risponderti da sola dato che, nonostante i nostri avvertimenti, ci sei andata comunque.»

Alex sospirò. «Sì, ho avuto un breve colloquio con la cosa che vive nel muro e sì, ho già ipotizzato che sia Gallivan. Il fatto che vi perseguiti anche da morti avrebbe senso se avesse una questione in sospeso con voi, ma...» si bloccò, soppesando i propri pensieri. «Non mi è parso come un loop della vostra morte.»

I mocciosi si scambiarono occhiate nervose. Il primo a darle una spiegazione fu Samuel.

«Lui... ci tiene imprigionati.»

Alex si fece attenta. «Imprigionati?» ripeté confusa, ma Samuel era ritornato nella sua bolla di silenzio.

«Ci controlla, ci tiene chiusi in camera e non ci lascia uscire» borbottò Jasper a mo' di risposta, scocciato. «Riusciamo a svignarcela qualche volta, ma se ci prende...» Non finì la frase. Incrociò le braccia attorno al petto come se avesse freddo, ma in realtà appariva chiaramente sottoshock. Scosse il capo nel tentativo di scrollarsi di dosso i propri pensieri. Quando continuò, la sua voce era flebile. «Ad ogni modo, questa notte abbiamo approfittato della sua distrazione ed eccoci qui. Volevamo spassarcela, ma non avremmo mai pensato di trovare... voi. Avete fatto proprio una grande st...»

«Ok, hai chiarito bene la situazione. E quando siete in camera cosa fate?» lo interruppe Alex.

Altro silenzio carico d'inquietudine e titubanza.

«Noi... Dormiamo?» provò a indovinare Raymond. Sembrava che nessuno di loro lo sapesse con certezza, come se in quei momenti non fossero nemmeno coscienti di loro stessi. E ciò non prometteva nulla di buono.

Alex si limitò a osservarli senza proferire parola, la sua mente che immagazzinava ed elaborava senza sosta.

«Dunque rivivete ciò che stavate facendo nel momento in cui siete morti. Almeno credo... E, se stavate dormendo, come fate a essere così sicuri che sia stato Gallivan a uccidervi?»

Capì di aver posto la domanda sbagliata quando sette paia di occhi la osservarono rabbiosi.

«E chi altri avrebbe potuto farlo?» ribatté Raymond.

«Ovvio che sia stato lui» sbottò Samuel.

«Che scemenza» borbottò Arthur.

Ma lei non rispose. Non aveva bisogno di concretizzare ad alta voce ciò che stava pensando.

«Non starai insinuando...» nella voce del demonio c'era pura incredulità quando captò quell'allusione.

Jasper batté un pugno sul banco, richiamando gli altri all'ordine. I mocciosi azzittirono le loro bocche, ma non i loro sguardi tumultuosi e colmi di tristezza. «Mrs. Pennington non l'avrebbe mai fatto. Non ci avrebbe mai... fatto del male» mormorò infine, colmando il silenzio che si era creato. Sembrò sul punto di aggiungere altro, gli occhi che cercarono quelli di Christopher, ma alla fine preferì chiudersi nel silenzio. E attese un altro intervento che non tardò ad arrivare.

«Non intenzionalmente, almeno» terminò Ellery senza guardarla in volto.

Alex fece per chiedere se erano capitati episodi di violenza, involontari o meno, ma si costrinse a tacere. Tamburellò le dita contro il bordo del banco vuoto al centro dell'aula, ricordando il modo in cui Mrs. Pennington l'aveva osservata durante la sua visione, di come avesse disperatamente cercato di dirle qualcosa. Chiuse gli occhi per un istante, soppesando le varie teorie che le vorticavano nella mente. Era solo un dettaglio, un pezzo mancante di contorno, qualcosa che finora nessuno aveva notato. Eppure, perché la rendeva irrequieta?

Riportò lo sguardo sui mocciosi e optò per una domanda ancor più delicata. «Lo so. So che vi voleva bene. Doveva essere così o altrimenti vi avrebbe sbattuto fuori di casa molto prima. Come si fa a sopportarvi?» Tale constatazione provocò qualche risatina, ma Alex non si lasciò distrarre. «Eppure, nonostante sia palese il vostro affetto nei suoi confronti, perché non è con voi?»

Le risate s'interruppero. Nessuno osò proferir parola.

«Non lo sapete?»

Ancora silenzio.

Il demonio sembrò sul punto di mettersi a piangere.

Alex ritornò sui propri passi. Camminò lentamente con le mani dietro la schiena, concentrandosi sulla sua prossima mossa. «È solo una supposizione: forse non è morta in questa casa, oppure è passata oltre. O è intrappolata da qualche parte, non è da escludere nemmeno questo. Ma queste ipotesi sono alquanto deboli a confronto di ciò che possiamo verificare con i fatti.» Si fermò, esitando un momento prima di ritornare a osservare la classe. «Per cui veniamo direttamente al sodo. Che ruolo hanno i gemelli in questa faccenda?»

Gli occhi azzurri di Jasper catturarono i suoi come schegge di ghiaccio. Quando parlò non vi era alcuna esitazione nella sua voce.

«Perché è tutta colpa loro. Sono loro la causa di tutto questo.»

Una frase. Cinque parole. Un rancore che non avrebbe potuto mai descrivere a parole e centinaia di possibilità e teorie da sfoltire.

Alex si fermò davanti al banco di Jasper. Decisa, gli porse nuovamente la mano.

«Allora fatemi vedere. Datemi prove e vi libererò dalla causa dei vostri mali.»




Camminava. E camminava. E ancora camminava.

Avanti e indietro, davanti al camino, come un'ombra che ballava tra le fiamme. Tre passi in una direzione e poi si voltava procedendo per il verso opposto, le mani chiuse a pugno dietro la schiena rigida come se qualcuno lo avesse impalato con una scopa e lo sguardo che mandava scintille. Di rabbia o preoccupazione non era dato sapere, ma quello che era certo, era che Ren stava mettendo a dura prova la pazienza dei suoi compagni; ormai non prestavano più attenzione ad Alex, troppo concentrati su di lui e sulle sue pene.

Da una parte, Keiran poteva comprendere le sue ansie. Dall'altra, il nervosismo che gli causava con quella sceneggiata non faceva altro che crescere a pari passo con il formicolamento del braccio. E ciò lo rendeva fin troppo suscettibile.

«Ren, potresti smetterla, per favore? Non sei affatto d'aiuto» sbottò alla fine.

Nell'udire ciò, Ren si bloccò di colpo. Gli rivolse uno sguardo iniettato di sangue al punto che Keiran si paralizzò sul posto, conscio che forse non era stata una mossa saggia infastidirlo mentre scavava un buco per terra. Fortunatamente, John decise di intervenire in sua difesa e mise in mano al teppista il Jack Daniels.

«Ecco, prendi il biberon.»

Ren non sembrò far caso a quell'insinuazione. Svitò il tappo e prese una grossa sorsata prima di ridare la bottiglia al ragazzo. Il suo viso si contorse un momento mentre deglutiva, ma quando parlò la sua voce era chiara.

«È via da troppo tempo.»

«Una ventina di minuti non è "troppo tempo"» intervenne Sarah, la nuca appoggiata contro lo schienale della poltrona su cui era seduta e lo sguardo perso verso il soffitto.

«A dire il vero» incominciò Keiran, lo sguardo sottile e irritato per quella constatazione del tutto errata. «Non c'è esattamente una legge per quanto riguarda il calcolo del tempo. Voglio dire, per noi sono passati venti minuti, ma Alex potrebbero essere trascorsi anni per quello che ne sappiamo. In effetti, nel folklore celtico vi sono...»

La mano di Emily si scontrò con la sua bocca così violentemente da farlo sussultare. Indolenzito, lanciò uno sguardo stizzito all'amica, ma lei si limitò a fulminarlo con i suoi occhioni verdi. Poi rivolse un cenno del capo in direzione di Ren. Quando Keiran ritornò a osservarlo, incominciò davvero a temere per la sua vita.

«Andiamo, non litigate» sospirò Gregory con voce stanca. «Tornerà in sé molto presto e ci darà degli idioti nel trovarci in queste condizioni.» Sorrise a Emily quando l'avvertì ridere per quella considerazione e si avvicinò verso Alex, posandole il dorso della mano su una guancia. Non disse altro, ma Keiran notò il suo sguardo velarsi di preoccupazione. D'altronde, più il tempo passava, più la situazione diveniva complicata.

Fece per chiedergli come stesse in modo da cambiare discorso, ma Gregory balzò all'indietro, sconvolto.

«Ma che cazz...»

Non appena Keiran se ne accorse, impallidì, resistendo appena alla tentazione di liberarsi dalla presa della ragazza e di scappare dall'altro lato della stanza. Avvertì i passi pesanti di Ren marciare nella loro direzione, ma qualcuno –probabilmente John– lo fermò in tempo. Emily, invece, non riuscì nemmeno a gridare.

Pallide dita infantili fecero capolino dalla spalla di Alex, dalle sue braccia, dalle sue gambe. Esangui e ingrigite della morte, iniziarono a scivolare lungo il suo corpo fino a raggruppandosi e sovrapponendosi sul suo volto, in una corona vivente di mani che le copriva gli occhi. Poi, com'erano apparse, queste scomparvero dietro di lei. La schiena della giovane s'inarcò, cozzando contro lo schienale della sedia a causa del contraccolpo provocato da quell'evento.

Un ultimo sospiro le fuoriuscì dalle labbra sottoforma di condensa.

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