When the children play

By AlenGarou

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[Vincitore agli Oscar Wattpadiani 2017 come: Miglior Scenografia e Miglior Protagonista Maschile, vincitore W... More

Presentazione SERIA dell'opera
Prologo
1. Cappuccetto Rosso e il branco non richiesto
2. Pennington Mansion
3. A Mad Samhain Party
4. Una chiacchierata tranquilla
5. Good morning little... f*ck
6. Un duetto perfetto
6.2. Porcorosa Fluffoloso
7. Il blasfemo esorcista non collabora
8. Alla ricerca della fata scomparsa (con annessa polvere fatata)
Bonus pt1: L'incontro
9. A bullet for everyone in this room
10. Mr. Gilman
11. Re diesis e sol bemolle
12. Io non stuzzico i morti, sono loro che stuzzicano me
In questo piccolo angolo di disagio
13. Con un poco di zucchero la pillola va giù
14. Un prete, un angelo e il bambino di Omen entrano in una chiesa
Do you remember?
C'è posta per il bradipo pt.1 (nella speranza di un seguito)
15. Salvate il soldato Gregory
16. Qualcosa di inevitabilmente scomodo
17. Le idee... quelle pessime
18. Dite "amici" ed entrate
18.5 The Lone Wolf and the Little Bunny
19. Sogno di una notte di Samhain pt.1
Chi non muore si rivede (purtroppo)
19. Sogno di una notte di Samhain pt.2
Why you don't remember?
20. Alexander passione bimbi pt.1
20. Alexander passione bimbi pt.2
21. La casa per bambini normali di Mrs. Pennington
A little gift for you... sorta
Quello che la gente chiama cast, io lo chiamo "una cagata pazzesca"
"Se ci sei batti un colpo!" *E nel mentre sbatté su tutti gli spigoli di casa*
21.2 La casa per bambini quasi normali di Mrs. Pennington
21.3 La casa dei bambini diabolici di Mrs. Pennington pt. 1
21.3 La casa dei bambini diabolici di Mrs. Pennington pt. 2
22.1 Quel Rottweiler della Rottermeier
22.2 Ring around the rosie, a house full a bodies
23. No Spoiler
24. Andiam, andiam, andiamo a farci ammazzar
25. Il volo dello yurei
26. Appuntamento a tre nel seminterrato
27. Dahlia Cassidy Reynor
28. Curiosity killed the cat
29. Ciao, Sgorbio...
30. Quel capitolo... sì, quello che terrorizza l'autrice
31. L'unica parte da cui stare
32. Non potrebbe andare peggio di così

Bonus pt2: il tentato omicidio

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By AlenGarou



Giunsero al laboratorio senza altri incidenti di percorso, o quasi. Ren ignorò i banchi di lavoro e la precedette verso il fondo dell'aula, dove erano allestiti gli scaffali e gli armadi contenenti sostanze all'apparenza innocue e materiale di vario genere. Un bel casino. Sospirò afflitto, udendo la porta chiudersi con un tonfo secco alle sue spalle. Si voltò e rimase immobile mentre Alexander lo raggiungeva, sempre senza incrociare il suo sguardo.

«Allora, da che parte vogliamo incominciare?» le chiese, ritornando a osservare la selezione di oggetti da quantificare.

Alexander non rispose. Non che la cosa lo sorprendesse più di tanto dati i recenti sviluppi, ma quando lei gli si avvicinò e strinse tra le dita un lembo della sua maglietta, si ritrovò spiazzato da quel gesto. In particolare quando lo strattonò leggermente, facendogli capire di assecondarla. Ren deglutì a vuoto, incerto su come reagire: erano soli, lei aveva chiuso la porta e aveva cancellato le distanze, rendendolo improvvisamente nervoso. Ma perché? Le opzioni erano due: o voleva pomiciare -del tutto improbabile- o ucciderlo per le uscite di prima -molto probabile-. Tuttavia, la sua crisi esistenziale terminò nel momento in cui osservò le dita strette intorno alla stoffa, stupendosi di quanto fossero piccole le sue mani. Ciò gli fece quasi tenerezza. Si ritrovò così a seguirla verso l'angolo più lontano dell'aula ma, prima di ritrovarsi con le spalle al muro, Alexander lo lasciò e si allontanò da lui con grandi falcate, fino a raggiungere il lato opposto.

Una volta fuori portata, gli lanciò un'occhiata di sufficienza. «Io comincio da questa parte e tu dall'altra. Mi sembra equo.»

A separarli c'era l'intera larghezza dell'aula.

«Ti hanno mai fatto notare quanto tu sia amichevole?» le domandò, cercando di non lasciar trasparire la stizza che provava in quel momento.

«Tutti i giorni» rispose Alex come se nulla fosse e senza corrispondere il suo sguardo. Ren rimase spiazzato dalla risposta. Non aveva avuto alcuna inflessione sarcastica. Quella ragazza... era socialmente inetta? Non c'erano altre spiegazioni e, chissà come mai, non dubitava del contrario. Rimase a scrutarla per qualche istante, osservandola mentre apriva tutte le ante degli armadi dalla sua metà e incominciava a osservare con attenzione ciò che la circondava, senza però appuntare nulla sul foglio che Doris le aveva dato. Era confuso, così confuso che tra poco si sarebbe colpito da solo. Ma da dove spuntava fuori quello sgorbio? Dal Circo dei Freak? Perché in tal caso avrebbe pagato il suo peso in oro per un biglietto.

«Ma che diavolo stai facendo?» chiese all'improvviso.

«Faccio il quadro generale» gli spiegò lei, come se fosse una cosa ovvia.

Ren scosse la testa e si mise all'opera, nonostante volesse perdere tempo in modo da studiarla meglio. Lavorarono in silenzio per qualche minuto. O per ore, difficile a dirsi. Ren non era mai stato un tipo paziente, ragion per cui iniziò a parlare del più e del meno, infastidito e annoiato dalla piega che avevano preso gli eventi. Non gli importava se lei rimaneva zitta e chiusa nella sua bolla antisociale fatta di odio e lacrime di bambini, poteva benissimo intrattenere da sé una conversazione. E così fece. La tempestò di domande, per lo più riguardanti la sua vita e su come si trovava nella loro città, per poi rispondersi da sé. Andò avanti per un po', intontendosi da solo con le sue stesse chiacchere, finché Alex non sbatté qualcosa su uno scaffale, facendolo voltare nella sua direzione.

Non riuscì a trattenere un sorriso divertito. «Qualche problema?»

«Sta'... zitto» sbottò lei, la fronte aggrottata come se avesse mal di testa. «Sei terribilmente irritante.»

«Mi dispiace, Alexander» soppesò il suo nome con una nota ironica nella voce. «Ma stiamo scontando una punizione e il tuo gradimento a tale attività è del tutto irrilevante.»

Lei si voltò lentamente. Da sotto il cappuccio, i suoi occhi brillavano di rabbia mal celata. Doveva proprio averla infastidita. Si ritrovò a sorridere ancora di più.

«Senti, voglio solo finire l'inventario e tornarmene a casa. Non m'interessa conversare. Né con te, né con nessun altro. Benché fare amicizia» ammise lei.

Ren inarcò un sopracciglio. «Vai al liceo. Dovrai per forza parlare con qualcuno prima o poi.»

«Questo si chiama effetto collaterale.»

«O socializzare.»

«O perdita di tempo. I rapporti interpersonali sono così... inutili» sibilò infine.

Ren sogghignò. «Strano, credevo che per costruire un rapporto servissero due persone. E da quel che vedo hai una coda di ammiratori in attesa di un tuo autografo.»

Altra occhiataccia. «Tranquillo. Non sono interessata.»

«Non stavo parlando di me.»

Questa volta, lo sgorbio si voltò verso di lui con un'espressione annoiata.

«Ok, forse è così. Ma mi conosci così bene da dirlo con certezza?» Non riuscì a evitare una nota curiosa nella propria voce. Sapeva che in quelle quattro mura i pettegolezzi viaggiavano alla velocità della luce, eppure non si era mai soffermato a pensare che, come lui aveva saputo della sua esistenza, Alexander avrebbe potuto sentire le storie che circolavano sul suo conto. E non tutte erano vere, intendiamoci. Ma era divertente e proficuo far credere agli altri che non aveva remore nel picchiare cuccioli e rapinare vecchiette indifese.

«Ho sentito parlare di te. E capisco come ti senti, riguardo la delusione intendo.» Con sua grande sorpresa, Alexander si voltò nella sua direzione, inclinando il capo con fare pensoso. Rimase in silenzio per qualche istante, scrutandolo con estrema attenzione, finché sul suo viso non comparse l'ombra di un sorriso ironico. Chi l'avrebbe mai detto, era capace di fare quella smorfia senza rischiare una paralisi. «I teletubbies incutono più timore di te, bad boy.»

«Sì, su questo non posso darti torto» esclamò Ren con un'alzata di spalle, per poi gongolare. «Ma dimmi di più, sono curioso di sapere che idea ti sei fatta sulla mia persona.»

L'espressione di Alexander divenne di nuovo apatica. Senza esitazione, ritornò a osservare gli scaffali. «La mia idea? Penso che sia fortemente necessaria una riforma del sistema scolastico. È alienante pensare che a un individuo della tua reputazione, che non ha il minimo rispetto per quest'istituzione, venga dato il permesso di gironzolare per questi corridoi, sprecando così non solo il suo tempo, ma anche quello degli insegnanti. Vengono già sottopagati per permettere a un branco di marmocchi senza alcuna prospettiva di uscire da qui con la vacua speranza di andare al college, non hanno bisogno di uno come te. Sei una delusione su tutti i fronti. Sfrutti a tuo vantaggio una figura sociale senza averne i requisiti giusti e pensi ogni cosa ti sia dovuta. Per quel che mi riguarda, sei solo una perdita di tempo. Esattamente come questa punizione. Quindi, abbiamo finito con i convenevoli e possiamo tornare all'inventario?»

Ren ci mise qualche momento a riprendersi dal torpore che l'aveva soggiogato. «Wow. Sono senza parole...»

«Magari» la udì bofonchiare.

«... Mi sarei accontentato di lusinghe e del tuo numero di telefono, ma grazie del complimento.»

Alexander sussultò. Si girò a osservarlo e rimase sorpresa nel vederlo sorridere divertito. Certo, il suo cuore sanguinava arcobaleni e polvere di stelle nell'udire che per lei era solo "una perdita di tempo", ma era riuscito a farle perdere la pazienza, il che poteva essere considerato come un suo traguardo personale.

Dopo qualche momento di stallo, Alexander scosse il capo e prese il foglio dell'inventario, incominciando a catalogare con precisione e velocità tutto ciò che aveva trovato nella sua metà. Dopodiché gli si avvicinò a passo di marcia e gli schiaffeggiò il documento contro il petto senza nessuna delicatezza.

«Ho finito» sentenziò. «Tu puoi occuparti del resto.»

Fece per andarsene, ma Ren l'afferrò per un braccio. «Aspetta! Come sarebbe? Non puoi aver...» Il suo sguardo cadde sulle sue annotazioni e si rese conto che aveva per davvero finito di annotare la sua metà.

«Sei intelligente...» mormorò basito.

«Si chiama memoria eidetica. Allora, posso...»

Non terminò la frase. Ren avvertì dei rumori provenienti dalla porta e si concentrò verso quella direzione. Attraverso il vetro, notò due ragazzi intenti a spiarli. No, si rese conto dopo aver seguito il loro sguardo: stavano guardando lei. Alexander sussultò, voltandosi verso di loro con un'espressione che Ren si augurò di non veder mai rivolta a lui. I loro scocciatori furono presi alla sprovvista, al punto da inciampare su loro stessi mentre se la davano a gambe, ridendo e schernendo la ragazzina ad alta voce. Nell'udire tale frasi poco galanti, Ren si ritrovò a sospirare. «Doris mi ha detto quello che è accaduto. Hai scelto d'inimicarti la persona sbagliata e questo è il risultato.»

Alexander rimase in silenzio a osservare la porta, per poi scrollare spalle. «Non m'interessa.»

«Dovrebbe invece. Non conosco bene Leyla, ma ho sentito molte cose sul suo conto. L'ho persino incontrata ad alcune feste quest'estate, mentre saggiava la fauna dell'istituto per prepararsi al suo primo giorno. Chissà se c'è l'ha ancora con me per non aver... Ops, si stava parlando di te. Giusto. Ma immagino che nei prossimi giorni non si farà altro. Chissà quali storie...»

«Tutte cavolate» sbuffò lei. Con sua sorpresa, incominciò a rigirarsi tra le mani la catenina che portava al collo. Era nervosa? Ren fece per sondare il terreno, quando Alexander lo anticipò.

«Posso raccontarle io una storia. Una favoletta che parla della classica ragazza che si trasferisce in una nuova città e non conosce nessuno. Chiusa in se stessa, ha difficoltà ad ambientarsi nella sua nuova scuola, dove si sente sempre giudicata e presa di mira. Finché non conoscerà amiche fantastiche che alla prima occasione la derideranno in pubblico. La parte succosa però rimane il ragazzo. Il belloccio di turno che tutte desiderano, ma che per qualche strana ragione è interessato alla nuova arrivata, al punto da scombussolarle la vita. E indovina un po'?» Si bloccò, smettendo di tormentare la collana. Quando si rivolse a lui, non c'era segno dell'ostilità mostrata fino a poco fa, solo una ammirevole fermezza. «Alla ragazza non importa. Né ha bisogno di struggersi per certe stupidaggini. Lascerà parlare quegli adolescenti in piena crisi ormonale fino allo stremo perché tanto avrà cose ben più importanti di cui occuparsi.»

«Già» commentò lui, sebbene non stesse capendo più nulla. Si stava riferendo a lei, a una sua conoscente o alle protagoniste dei romanzi scritti dalle sue coetanee? «Potrebbe essere la ragazza a incasinare la vita del belloccio... per una volta» sussurrò lui, per poi rivolgerle un sorriso, che venne ricambiato con un'espressione disgustata.

«Rick, per favore. Vorrei uscire da questa punizione senza dovermi far controllare la glicemia.»

Ren sussultò, come se l'avesse colpito in pieno. «Rick???» sbraitò offeso.

Alexander strinse le labbra, pensosa. «Ronald?» riprovò.

Fu il suo turno nell'osservarla rabbioso. «Mi chiamo Rennis, o Ren! Hai appena detto che hai quella strana memoria eppure sbagli il mio nome!»

«Ricordo quello che vedo, genio. Non mi pare tu abbia una targhetta addosso. Come se memorizzare nomi servisse a qualcosa...»

Seccato, Ren decise di prendere la situazione in mano. «Direi che è ora di rimediare.»

Ignorò il suo sguardo confuso e, appoggiandosi al bancone dietro di loro, girò il foglio dell'inventario in modo da scriverci sopra il suo nome. Con tanto di didascalia e dedica. Rennis: il gran bel tenebroso che ti condurrà in un magico mondo di meraviglie. E molte altre cose. Troppo pomposo? E dire che si era trattenuto. Una volta terminato, lo sollevò orgoglioso di sé prima di voltarlo verso lo sgorbio, in modo che potesse memorizzare cotanta meraviglia.

Alexander osservò il foglio. Poi lui. E di nuovo da capo. «Wow» esclamò apatica dopo un profondo silenzio. «Grazie per avermi appena rovinato l'esistenza.»

«Prego.» Ren sorrise gongolando. «Ora assocerai il mio nome a...»

«...Idiota.»

«Il gran bel tenebroso o...»

«...Egomaniaco.»

«L'uomo dei tuoi sogni proibiti o...»

«...Depra...»

«Ok, direi che abbiamo chiarito la nostra posizione comune. Tuttavia, ancora un punto ci tiene lontani.»

«E sarebbe?» chiese lei con una scrollata di spalle. «No, aspetta. Non m'importa.» Il suo sguardo cadde di nuovo sul foglio e la sua bocca si storse in una smorfia disgustata. «Lo sai vero che dobbiamo riconsegnarli alla fine della punizione?»

«Oh, non preoccuparti. Doris è stregata dal mio fascino. Ma tornando a noi, hai sbagliato strategia. Stai fornendo a "quei ragazzi senza alcuna prospettiva" i giusti elementi per renderti la vita un inferno. Beh, solo gli anni che passerai qui tra noi poveri mortali che non possono comprendere la tua genialità, ma...»

«Sei stato chiaro, grazie» sentenziò lei, sforzandosi di sorridergli come si fa con i bambini troppo capricciosi. «Ma non ho alcun bisogno del tuo aiuto. Anzi, a dire il vero mi hai già aiutata abbastanza, Rennis.»

«Davvero?» le domandò confuso.

«Certo. Ora so che devo evitarti a qualsiasi costo. Ne va della mia sanità mentale.» Fece per andarsene senza degnarlo di uno sguardo. Ren si tuffò letteralmente per afferrarla per un polso, bloccandola sul posto con sua grande sofferenza. Alexander si voltò per fulminarlo con lo guardo e lui alzò le mani per dichiarare la resa.

«Ascoltami solo un attimo. Ok? Fammi compiere la mia buona azione mensile e poi potrai andartene per la tua strada.»

Alexander soppesò le sue parole, per nulla contenta. Dopo un attimo di esitazione annuì. «Sentiamo questa perla di saggezza. Ho come l'impressione di non avere alcuna scelta in merito.»

Ren le rivolse un grande sorriso. «Molto furbo da parte tua. Dunque, il tuo piano "ignora e conquista" deve essere rivisto. Vada per la parte di sua Asprissima Altezza, ma lasciatelo dire: il tuo aspetto fa pietà. E, prima che tu me lo chieda, ho ragione. Devi far capire a quei caproni con chi hanno a che fare e camuffarti da sacco dell'immondizia non ti aiuterà in questo. Nasconditi, e farai il loro gioco. A meno che tu sotto quella trapunta non nasconda un monociglio, un'acne da cavallo o un neo peloso...»

Prima che potesse rendersi conto della sua prossima mossa, Ren le tolse il cappuccio dalla testa con uno scatto repentino quanto l'attacco di un cobra. Alexander rimase interdetta, quasi spaventata da quel gesto, ma mai quanto lui. Si era aspettato la classica secchiona priva di fascino -occhi a parte-, eppure fu costretto a voltarle le spalle dopo una sola occhiata. L'aula di musica era aperta quel giorno? Perché aveva appena avvertito una stridula sviolinata protrarsi nell'aria. Con il viso in fiamme, Ren dovette compiere uno sforzo inimmaginabile per calmarsi. Alexander... era adorabile. Chi l'avrebbe mai detto? Non solo era intelligente, ma sotto quell'aurea minacciosa si nascondeva uno schianto. E probabilmente non sapeva nemmeno di esserlo. Per un momento fu sul punto di rimangiarsi il suo consiglio. Voleva pregustarsi quella visione senza doverla condividere con altri e... Dei, era lui quello che avrebbe dovuto farsi controllare la glicemia una volta uscito da quel girone infernale.

Qualcuno dietro di lui si schiarì la voce. Fece un respiro profondo e si girò. Alexander lo stava osservando apatica come sempre, sebbene i suoi capelli scuri fossero sparati in tutte le direzioni. Quella visione riuscì a farlo ritornare in sé. Oltre che farlo ridacchiare.

«Era davvero necessario?» gli domandò lei. Notando il suo sguardo, si portò una mano sulla testa e tentò inutilmente di sistemarsi la chioma incriminata.

«No... Cioè, sì. Ora che abbiamo chiarito il punto della questione direi che sistemando la tua immagine potresti far rimpiangere amaramente quegli inetti per le loro offese.»

«Le stesse offese che mi hai rivolto tu nemmeno un'ora fa?»

Colpito e affondato.

«Cercavo solo di stabilire un imprinting» si difese lui, cercando di apparire offeso.

«Sarebbe più divertente farsi sbranare da mamma orsa» sbottò lei, posando le mani sui fianchi. «Allora, posso andare? Il nostro tête-à-tête inizia ad annoiarmi sul serio.»

Niente. Per quanto ci provasse, bastava una sola frase e ritornava al punto di partenza. Non sapeva se essere più irritato o scandalizzato dal fatto che il suo fascino non riuscisse a far presa su di lei. Chissà, magari preferiva i secchioni con i completi coordinati. O forse dovrebbe andare dritto al punto.

«Sei... Incredibile» sbottò esasperato. «Davvero incredibile. Incredibilmente irritante, incredibilmente insensibile, incredibilmente odiosa. Potrei quasi innamorarmi di te per farti dispetto.»

Calò il gelo.

Alex si era letteralmente pietrificata sul posto, gli occhi sgranati e un'espressione sconvolta in viso. Non solo l'aveva colta alla sprovvista, ma non si era nemmeno accorto di essersi cacciato una fatale situazione. Non aveva per nulla tenuto conto della sua reazione. Le si avvicinò, cercando di capire se stesse bene, quando lei agì con una rapidità sorprendente. Afferrò la prima cosa che trovò sullo scaffale e gliela ruppe in testa senza troppi complimenti. Solo quando udirono i frammenti di vetro tintinnare a terra si accorsero di quello che era appena accaduto. Ren strizzò gli occhi sbalordito, mentre un fiotto di sangue gli usciva dalla ferita causata del vetro che gli era penetrato nel cuoio capelluto. Il suo unico pensiero fu di non voler ricomprare una beuta nuova. Poi crollò a terra.

«Oh» mormorò.

«Oh dei! Mi dispiace!» esclamò Alexander. Sembrava essere ritornata in sé e si era inchinata al suo fianco per controllare il taglio. Con sua grande sorpresa si accorse che era sincera. Beh, una lieve consolazione. Era riuscito a farle provare un'emozione umana solo in punto di morte.

«Tranquilla io...»

«Ora che faccio?» lo interruppe come se non avesse nemmeno aperto bocca. Sembrava presa da qualche turbe mentale che la rendeva nervosa. Era preoccupata per lui? Forse dissanguarsi sul pavimento del laboratorio di Chimica non era solo una perdita di tempo. Stava per sorriderle, quando Alexander continuò il suo monologo. «Avevo promesso a mia madre di non uccidere nessuno all'interno della scuola. Ce la fai a camminare? Potrei portati fuori e lasciarti dissanguare nel parcheggio, lì dovrebbe andar bene. No, aspetta... Fa parte dell'Istituto per caso?»

Ah... Come non detto. «Perché non puoi semplicemente accompagnarmi in infermeria?» le chiese in un sussurro.

«Giusto» esclamò lei, facendosi di nuovo pensosa. Poi, senza lasciargli il tempo di prepararsi mentalmente a ciò che stava per accadere, si sfilò la felpa e gliela premette sulla ferita, cercando di rallentare l'emorragia. Ciò non servì a molto, dato che la sua pressione sanguigna schizzò alle stelle.

Ren rimase allibito. Con lo sguardo fisso sulla maglietta bianca che Alexander indossava, si focalizzò su due punti focali non indifferenti, nascosti a malapena dalla stampa di un vecchio gioco arcade. Dimenticò persino l'incidente. Quella ragazza era stata mandata da qualcuno con l'intenzione di ucciderlo, questo ormai era un dato di fatto. E per farlo non aveva nemmeno dovuto infilzarlo con il ferretto del reggiseno, dato che ne era del tutto sprovvista. Forse non era un brutto modo per morire in fin dei conti.

«Riesci ad alzarti o devo trascinarti per le braccia?» gli chiese poi Alexander, cogliendolo di sorpresa.

«Che?»

«Muovi. Il. Culo.» sibilò lei, cercando di aiutarlo a muoversi. Capendo che non si sarebbe spostato, sbuffò sonoramente e gli schioccò le dita davanti al volto. «Dammi il cellulare.»

«Che?» ripeté lui come un idiota.

Senza metterci nemmeno un grammo di delicatezza, Alexander lo rivoltò come un calzino. Estrasse il cellulare dai suoi jeans -purtroppo non lo palpò- e si scattò una foto al petto, per poi lanciargli il telefono sotto il suo sguardo sbalordito.

«Bene, ora direi che puoi smetterla di fare l'idiota, sempre se ne sei in grado. Dei, non credevo che fossi un tale fanatico dei giochi arcade. Dato che abbiamo risolto la questione, finiscila di esibire quella faccia da pesce lesso o giuro che ti lascio qui a dissanguarti.»

Il torpore lo abbandonò a poco a poco, ma continuò a osservarla stralunato; questa volta per motivi ben diversi. Socialmente inetta, violenta, dalla lingua tagliente e desiderosa di sporcarsi le mani di sangue. Il cuore iniziò a battergli forte nel petto, nonostante il dolore donatogli dalle frecce di Cupido che l'ornavano come un puntaspilli. Alzandosi in piedi, si appoggiò a lei di peso, nonostante fosse in grado di camminare benissimo sulle sue gambe. Aveva bisogno di sentirla, in un modo che non aveva mai provato prima. Chiuse gli occhi per qualche istante, godendo del calore del suo corpo e inebriandosi del suo profumo. E capì.

Era fottuto.

In ogni senso.

E quello che accadde in infermeria fu tutta un'altra storia.

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