Nella vecchia fattoria, ia ia...

By AndreeaMBlioju

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Gabe Coldwell, uno degli scapoli più ambiti di New York, ha trascorso una nottata particolare per il suo tren... More

Trama e personaggi
1 Gabe
2 Fiona
3 Gabe
4 Fiona
5 Gabe
6 Gabe
7 Fiona
8 Gabe
9 Fiona
10 Gabe
11 Gabe
12 Gabe
13 Fiona
14 Fiona
15 Gabe
16 Fiona
17 Fiona
18 Fiona
19 Fiona
20 Gabe parte 1
20 Gabe parte 2
21 Fiona
22 Fiona
23 Gabe
24 Gabe
25 Fiona
26 Fiona
27 Gabe
28 Gabe
29 Fiona
30 Fiona
31 Gabe
32 Gabe
33 Gabe
34 Fiona
35 Gabe
36 Fiona
37 Fiona
38 Fiona
40 Gabe
41 Gabe

39 Fiona

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By AndreeaMBlioju

Buon inizio anno e Buona Epifania!😘

Capitolo 39
FIONA

«Non può essere...», farfuglio, osservando spaventata tutti i test di gravidanza positivi, allineati in modo perfetto sul bordo della vasca. «C'è un errore», continuo a parlare da sola, cercando di aggrapparmi con tutte le forze all'ultima parola espressa.

Si tratta di uno sbaglio. Deve essere così. Per forza.

«Oh, mio Dio!» Sfinita, mi lascio cadere sulla tavoletta del water, con gli occhi spalancati puntati sulle piastrelle di marmo italiano e le mani tra i capelli.

Resto così per un tempo indefinito, impegnata a pensare su come procedere.

«E se anche questi test avessero dato un risultato errato?», continuo a parlottare da sola, lanciando un'occhiataccia agli oggetti chiamati in causa. Sembro impazzita. «Ho bisogno di un dottore», aggiungo balzando in piedi.

Ancora una volta, sono costretta a reggermi al muro a causa delle vertigini. Dopo essermi assicurata che non rischierò di finire lunga in terra, mi avvicino di nuovo alla borsa, che è finita sul pavimento, e cerco il mio telefono.

Al mondo, esiste soltanto una persona che potrà darmi una mano senza spifferare nulla a Gabe. E io sto per chiederle aiuto.

Gwen Coldwell mi odia per un motivo ancora tutto da scoprire, ma non m'importa. Ora il suo disprezzo mi torna utile. Perché sono quasi certa che si farebbe amputare un braccio piuttosto che accettare la mia presunta gravidanza.

«Fiona, va tutto bene là dentro?»

A chiedermelo è Kinsley, che ha iniziato a bussare a un ritmo leggero e cadenzato contro la porta.

«Sì!», grido prontamente, stringendo il telefono tra le mani. «Volevo farmi una doccia», mento allungandomi per passare il dito sul display incastrato nel muro e azionare l'acqua nel box.

«Ok. Se hai bisogno, chiedi pure», aggiunge con la solita cordialità che la contraddistingue. Dopodiché, sento i suoi passi allontanarsi.

«Aspetta!» Spalanco l'uscio. Lei si ferma e rotea verso di me. «Ho bisogno del numero di telefono di Gwen», dico di getto.

Kinsley solleva un sopracciglio. Le ho raccontato la verità sul complicato rapporto che ho con la sorella di Gabe e probabilmente è per questo che ora mi guarda come se mi fosse spuntato un terzo occhio.

«Voglio aggiustare le cose con lei e fare una sorpresa a Gabe», invento. «Mi dispiace che litighino a causa mia, credo che la situazione non faccia bene a nessuno dei due».

Kinsley sembra credere alla mia piccola bugia perché la sua espressione diventa meno rigida. «Ho un elenco con i numeri di telefono di tutti i membri della famiglia Coldwell. Tornerò tra due minuti».

Annuisco, poi la guardo farsi sempre più distante lungo il corridoio. Impiego il tempo che mi è stato concesso a mettere in ordine le parole che voglio dire a Gwen. Penso che le invierò un messaggio. O forse sarebbe meglio chiamarla direttamente?

Come premesso, Kinsley torna con il numero di telefono che mi serve. La ringrazio, poi mi chiudo di nuovo in bagno. Mi siedo per terra e inizio a scrivere delle righe che prontamente cancello. Una mia mano finisce, distrattamente, sul mio ventre, mentre le dita dell'altra continuano a correre frenetiche sul display del cellulare.

«Cosa diavolo sto facendo?», mi rimprovero, allontanando di colpo la mano.

Nella mia pancia non c'è niente. E anche se ci fosse qualcosa non posso permettermi di affezionarmi. Gabe non accetterebbe mai questa presunta gravidanza.

Stizzita, compongo il numero di Gwen e mi porto il telefono all'orecchio. Per più di un motivo, ho il cuore che ruggisce contro le costole. Solo sola, spaventata ed estremamente triste. Ma non voglio fasciarmi la testa prima di sbatterla. Ho bisogno della risposta concreta di un ginecologo prima di decidere cosa sia meglio fare.

Attendo che Gwen mi risponda. Dopo sei lunghissimi e angoscianti squilli sto per riagganciare, ma la sua voce, che arriva brusca e fredda dall'altro lato della linea, mi impedisce di farlo.

«Pronto!», tuona.

«Gwen, sono io... Fiona. Ti prego, non chiudere», la supplico con le lacrime agli occhi.

«Fiona?!», replica confusa. «Che diavolo vuoi?»

«Possiamo vederci? Ho bisogno di parlarti. È urgente».

Silenzio.

«Gwen?», la chiamo.

Silenzio.

«Gwen, per favore. È urgente», insisto. «Non so a chi altro chiedere aiuto».

«Cosa diamine è successo?»

Quando sento di nuovo la sua voce rilascio un sospiro di sollievo.

«Ho bisogno di vederti e spiegarti le cose di persona. Pensi di potermi venire a prendere e portarmi in un luogo in cui possiamo chiacchierare tranquillamente?»

«Dammi un buon motivo per farlo».

«Si tratta di Gabe. So che gli vuoi bene quindi faresti meglio ad ascoltare ciò che ho da dirti».

Gwen esala un lungo sospiro e per un istante temo che mi manderà al diavolo, ma poi dichiara: «Arriverò tra un'ora. Fatti trovare pronta perché non mi piace aspettare».

«Davvero? Oh, cioè... è fantastico! Gra...»

Non riesco a concludere la frase che mi ha già chiuso il telefono in faccia.

Chi se ne frega? Tutto ciò che conta è che abbia deciso di ascoltarmi. Così sono più vicina al mio obbiettivo: convincerla a darmi una mano.

***

L'appartamento di Gwen non è grande come l'attico di Gabe, ma non si può di certo definire piccolo.

Seduta sul divano centrale, Gwen mi fa cenno di accomodarmi sulla poltrona posta di fronte.

Siamo da poco arrivate a casa sua, dopo un viaggio durato quaranta minuti, tempo in cui non ha fatto altro che ignorarmi e scambiarsi delle battute pungenti con Kriystan, il bodyguard che sembrava più intenzionato a chiuderle la bocca con un bacio invece che stare a sentire le sue uscite.

Ora siamo da sole, faccia a faccia, ed è arrivato il momento di sputare fuori la verità.

Le do ascolto: occupo un piccolo spazio sulla poltrona, poi traffico con la borsa e tiro fuori i cinque test di gravidanza. Li poso sul tavolino da caffè che ci divide e attendo la sua reazione, che non tarda ad arrivare.

La stronza inizia a ridere e dallo sguardo che mi rivolge sono pronta a scommettere che mi farebbe un applauso, se non fosse per il braccio ancora ingessato.

«Lo sapevo, cazzo!», continua a ridere in modo ironico e a scuotere la testa. La sua coda di cavallo bionda ondeggia a ogni movimento.

«Ho bisogno che mi veda un medico senza che Gabe lo sappia. Ho già fatto un test insieme a lui ed è risultato negativo. Forse sono questi a essere difettosi».

«Hai bisogno di un disegnino? Cinque test su sei hanno dato un risultato positivo. Cazzo, Fiona, ti facevo più intelligente! È chiaro che tu sia incinta!»

«Non possiamo saperlo con esattezza, non finché non mi vede un ginecologo», ripeto, intenzionata a non dare retta a quella voce che ho in testa e che urla a squarciagola che la verità può essere soltanto una.

«E cosa vuoi da me? Vuoi che ti porti dal mio medico e ti tenga la mano mentre attendi una risposta?», mi schernisce.

«Puoi aspettare fuori, non è necessario che tu mi tenga la mano. Ho bisogno di sapere con certezza cosa sta succedendo. Ti prego... Non conosco nessuno che possa aiutarmi senza dirlo a Gabe».

«E perché non gli racconti la verità?»

«Lui... non accetterebbe la situazione».

Sento come un vuoto allo stomaco non appena le parole lasciano la mia bocca. Perché vorrei che le cose andassero diversamente, ma il passato di Gabe è un peso che non riesco a ignorare.

«Embè... chi lo farebbe? State insieme da poco e tu hai ben pensato di restare incinta. Bel colpo, non c'è che dire!»

Gwen si alza in piedi e si avvicina all'armadietto in cui custodisce le bottiglie di liquori. Ne prende una a caso e rovescia il liquido ambrato in un bicchiere.

«Non sono io ad aver deciso di restare incinta. Capita se si fa tanto sesso non protetto, sai?», replico stizzita.

«Non scendere nei particolari, per l'amor del cielo!», mi ordina prima di tornare a sorseggiare dal bicchiere.

«Ripeto, non sappiamo con esattezza se sia vero o meno».

«Se fosse vero cosa hai intenzione di fare? Abortire perché mio fratello non accetterà la situazione?»

Le sue parole mi arrivano come dei potentissimi cazzotti sul cuore. Chino il capo e mi stringo nelle spalle, non ho una risposta da darle, solo tanta confusione nella testa.

I miei occhi fuggono sul mio ventre, che si muove rapidamente, seguendo il ritmo del mio respiro. L'idea che là dentro ci sia un bambino, il nostro bambino, mi toglie il fiato.

«Io... non lo so, Gwen. Amo tuo fratello da morire e l'ultima cosa che vorrei fare è arrecargli una sofferenza. Per favore, aiutami. Io non so cosa fare», le chiedo con le lacrime che hanno rotto la diga e scendono copiose sulle mie guance.

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