Nella vecchia fattoria, ia ia...

By AndreeaMBlioju

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Gabe Coldwell, uno degli scapoli più ambiti di New York, ha trascorso una nottata particolare per il suo tren... More

Trama e personaggi
1 Gabe
2 Fiona
3 Gabe
4 Fiona
5 Gabe
6 Gabe
7 Fiona
8 Gabe
9 Fiona
10 Gabe
11 Gabe
12 Gabe
13 Fiona
14 Fiona
15 Gabe
16 Fiona
17 Fiona
18 Fiona
19 Fiona
20 Gabe parte 1
20 Gabe parte 2
21 Fiona
22 Fiona
23 Gabe
24 Gabe
25 Fiona
26 Fiona
27 Gabe
28 Gabe
29 Fiona
30 Fiona
31 Gabe
32 Gabe
33 Gabe
35 Gabe
36 Fiona
37 Fiona
38 Fiona
39 Fiona
40 Gabe
41 Gabe

34 Fiona

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By AndreeaMBlioju

Buongiorno. Con questo lunghissimo capitolo vi auguro buon weekend. Io scappo perché domani è il compleanno di mio figlio/tornado Christian e ho ancora tantissime cose da fare. Grazie per le stelline e i commenti. Pupici♥️

Capitolo 34
Fiona

Mi allontano in fretta, facendomi spazio tra la gente. Devo calmarmi prima di fare un'inutile scenata di gelosia. Ho già dato il meglio di me questa sera, davanti a Mark Coldwell, e per quanto Gwen possa avermi provocata, sono venuta meno alle mie promesse. Non voglio che Gabe arrivi a pensare che sono soltanto una campagnola che non sa stare al mondo.

Tuttavia, è dannatamente difficile continuare a tenere a bada la gelosia che mi corrode l'anima.

Quella attaccata a Gabe come un'edera è Miranda, la donna che lui si portava a letto prima che finisse nella fattoria di Mary Lo. L'ho riconosciuta poiché Gabe mi ha parlato di lei durante il suo soggiorno a Greenlung e io, come una stalker qualsiasi, in quel periodo ero subito andata a cercare informazioni sul suo conto.

Miranda è di una bellezza sconvolgente e non mi stupirei più di tanto se Gabe dovesse cambiare idea sul nostro rapporto. Insomma, io sono una semplice ragazza che gioca a fare la donna di città, mentre lei è una bomba sexy che farebbe girare la testa a chiunque.

Raggiungo il bar con lo stomaco sottosopra. Ho vomitato di nuovo mentre Kyla mi teneva i capelli sollevati. È la prima volta che bevo dello champagne e, a questo punto, penso che sarà anche l'ultima. Mi sono vergognata tantissimo nel mostrarmi in quello stato davanti a lei, ma la gentilezza di Kyla mi ha rincuorato.

Sollevo una mano per attirare l'attenzione di uno dei baristi, ho assolutamente bisogno di un bicchiere d'acqua. Un signore si alza dallo sgabello e mi offre il suo posto che accetto ben volentieri. Ho le gambe che mi tremano dal nervoso e il cuore che pompa con irruenza contro le costole. Non mi stupirei se andassi in tachicardia.

Giro la testa per controllare se Gabe mi abbia seguita, ma di lui non c'è traccia. Eppure ha visto che ho visto Miranda appiccicata a lui. Cosa diavolo sta aspettando a raggiungermi?

Quando finalmente uno dei baristi mi degna della sua attenzione, ordino un bicchiere d'acqua, guadagnandomi un'occhiata perplessa. Ciononostante, mi porta ciò che gli ho chiesto.

«Fiona!?»

Per poco non sputo tutta l'acqua ingerita non appena sento una voce che non udivo da anni. Mi volto e subito capisco che non me lo sono immaginato: Alan Brown, l'uomo che cinque anni fa mi ha spezzato il cuore, è proprio accanto a me. Ha i capelli scuri e spettinati e l'aria di chi sa di essere un bell'uomo. È sempre lo stesso, il tempo è stato fin troppo clemente con lui.

«Quanto è piccolo il mondo! Cosa ci fai a New York, bellezza?», mi chiede, con gli occhi azzurri che sorridono per la gioia di rivedermi.

Si china su di me e mi posa un bacio sulla guancia che dura per qualche secondo di troppo.

Mi ritiro all'indietro con un garbo che non meriterebbe.

Tutto mi sarei aspettata quando sono entrata in questo dannato locale tranne che vedere Miranda baciare Gabe e incontrare il mio ex che si comporta come se nulla fosse successo tra di noi.

«Non ce l'avrai ancora con me per quello che è successo l'ultima volta che ci siamo visti? Sono passati tanti anni, Fiona», si rigira tra le dita il bicchiere che ha in mano e mi mostra lo stesso sorriso che un tempo mi avrebbe fatto sciogliere mentre ora mi lascia del tutto indifferente, esattamente come la sua presenza imponente.

«Ciao, Alan! Come te la passi?», gli chiedo sconsolata, continuando a saettare con lo sguardo da lui alle sue spalle. Gabe ancora non si fa vedere e le mie insicurezze non fanno altro che aumentare.

«Lavoro a New York da anni, ma continuo a essere single», risponde Alan in modo spocchioso, avvicinandosi ancora di più a me finché il suo braccio non sfiora il mio. Il suo profumo pungente mi dà la nausea, ma per fortuna riesco a trattenere un conato di vomito.

«Be', viste le tue "passioni", non mi stupisco affatto», gli faccio notare spostando il braccio lontano da lui, per quanto mi è possibile.

«Sono stato uno stronzo, eh?», ridacchia. Scuote la testa e manda giù tutto il liquido che ha nel bicchiere.

Sollevo una spalla con indifferenza. «Ormai non importa più».

«Tu invece cosa ci fai a New York? Sei diventata una professoressa, come volevi? Eserciti in qualche scuola qui, da qualche parte?»

Scuoto il capo e, nonostante non gli debba alcuna spiegazione, decido di essere sincera. «Sono qui per il mio fidanzato. Vive a Manhattan e ho deciso di seguirlo».

Anche se ora come ora non so se abbia fatto bene ad agire in quel modo. Ormai non sono più certa di niente. I secondi continuano a rincorrersi frettolosi e, benché sia convinta che si sia trattato di un mero malinteso, il fatto che Gabe non mi abbia seguita mi fa porgere delle domande alle quali non trovo delle risposte.

«Per cui sto parlando con una donna impegnata...» A dimostrarmi che non gliene frega nulla del mio fidanzato Alan fa strisciare in modo lento un dito sulla pelle del mio braccio.

È rimasto il solito viscido che pensa che può avere tutto ciò che vuole solo perché si crede irresistibile. Sto per farglielo notare, ma una voce me lo impedisce di fare.

«Sai dove te la infilo quella mano se ti azzardi a toccarla ancora una volta?»

In un nanosecondo, la mano di Alan viene allontanata da me e tutto quello che riesco a vedere è la schiena di Gabe. Non me ne accorgo subito, ma rilascio un sospiro di sollievo.

«Rilassati, amico, non stavamo facendo nulla di male», replica Alan, ma Gabe gli consiglia di sloggiare e lui, intelligentemente, decide di dargli retta, non prima di avermi cercato con lo sguardo e aver aggiunto: «Magari ci rivedremo. Stammi bene, Fiona». Dopodiché, per fortuna, sparisce nella folla che continua a divertirsi, incurante del fatto che sono un fascio di nervi a causa di quest'uomo bellissimo che mi guarda con gli occhi ridotti a due sottilissime fessure.

«Che cazzo di problemi hai?», abbaia, facendo roteare lo sgabello fino a quando non siamo faccia a faccia.

È lui quello incazzato? Sul serio?

Non gli rispondo e, ancora una volta, provo a mantenere la calma prima di scoppiare come una molotov. Bevo di nuovo un po' d'acqua, ma a lui non sta bene il mio comportamento e me lo fa capire.

«Dannazione, mi vuoi rispondere?»

«Smettila di urlare», gli dico, apparentemente rilassata.

«Scappi via come una fottutissima ladra, facendomi dannare, e poi ti ritrovo qui a parlare con un coglione qualunque. Cosa dovrei fare, secondo te?»

«Non sono scappata via. Ho voluto darti il tempo di risolvere le tue questioni, qualsiasi esse fossero».

Le sue spalle si rilassano appena. «Non l'ho baciata di propria volontà».

«Lo so». Mando giù il rivolo di saliva, grande quanto una pallina da ping pong, e cerco di trattenere le lacrime.

È difficile stare nel suo mondo senza dare di matto poiché è andato a letto con chissà quante donne presenti qua dentro. Lo sapevo anche prima di stasera, eppure non fa meno male.

«Miranda non mi darà più fastidio, le ho spiegato la verità», ammette in modo più pacato.

«E qual è la verità, Gabe?» Lo guardo mentre una lacrima, testarda, evade dalle ciglia e rotola giù sulla guancia. «Che dovrò cancellarti le tracce di rossetto ogni volta che usciremo? Che dovrò farmi da parte per poterti permettere di mettere in chiaro le cose a ogni donna che incontreremo? Qual è?»

Lui porta una mano sulla mia faccia e porta via la scia d'acqua dalla mia gota.

«Non fare così. Io amo solo te, Fiona Mayor, non me ne frega un cazzo delle altre», abbassa la mano fino a incontrare la mia, fa intrecciare le nostre dita in una stretta che mi fa scoppiare il cuore. «Ti ho cercata ovunque, prima, pensavo fossi uscita fuori per tornare a casa. Stavo per prendere un taxi al volo quando il buttafuori mi ha avvisato che fossi al bar. Non farlo mai più, non sopporto quando scappi via da me». Appoggia la fronte alla mia e resta lì, inerme, in attesa di una mia reazione.

«E tu non darmi più motivi per farlo».

«Mi dispiace un casino...», ammette con la bocca lontana a un soffio dalla mia.

Sollevo una mano e la premo sulle sue labbra. «Non farlo. Non baciarmi, ora. Non dopo che hai toccato la bocca di un'altra».

Lui sospira pesantemente contro le mie dita e abbassa le palpebre per una frazione di secondo. «Andiamo a casa», mi chiede.

E io, non avendo un'altra possibilità, lo seguo. Fossi stata a Greenlung probabilmente mi sarei nascosta per dare tempo ai miei nervi di calmarsi senza averlo intorno, ma qui ho solo lui e non posso fare altrimenti.

Usciamo fuori dal locale senza salutare Liam e Kyla e un po' me ne dispiace. Senza sciogliere la stretta delle nostre mani, prendiamo un taxi al volo in quanto Gabe ha congedato Tom non appena arrivati al MARQUEE.

«Cosa voleva quel tizio da te?», chiede, come se si fosse ricordato solo ora di Alan, mentre io sono intenta a osservare i cartelloni pubblicitari e le luci a neon della grande city, che fanno sembrare giorno anche la notte più ostile.

«È il mio ex».

La presa sulla mia mano si fa appena più forte. «Che cazzo, Fiona! Avresti dovuto dirmelo prima!», tuona.

«Perché?» Punto gli occhi nei suoi che mi guardano irati.

«Perché? Sei seria?!»

«Che importanza ha? Alan non è una minaccia».

«Non lo considero una minaccia, ma gli avrei fatto capire che ora sei mia e che non deve più osare neanche a pensarti».

«Presuntuoso», dico e riesco a trattenere un minuscolo sorriso.

Gabe, tuttavia, continua a essere una tempesta in continua evoluzione.

«Ma forse a te farebbe piacere incontrarlo di nuovo».

Mi lascia andare la mano con un gesto brusco e ora è lui a fissare lo sguardo fuori dal finestrino. Le sue dita lunghe iniziano a tamburellare contro il vetro facendomi piovere addosso un'ondata di eccitazione. Perché le vorrei sentire sulla mia pelle accaldata e stanca.

Tuttavia, decido di restare in silenzio e sposto gli occhi sul tassista che continua a guidare e a fare finta di nulla.

Una volta dentro all'attico, Gabe prosegue a ignorarmi e sparisce nel nulla non appena le porte dell'ascensore si chiudono alle nostre spalle. Le luci si accendono una alla volta a ogni suo passo.

Esausta, mi sposto verso un divano a caso, sopra il quale mi lascio cadere. Mi tolgo le scarpe e abbasso per un attimo le palpebre, facendo sparire il bellissimo panorama che si estende sotto ai miei piedi. Per più di un motivo, sono esausta.

«Vieni con me».

Apro gli occhi non so quanto tempo dopo. Gabe è davanti a me, con una mano tesa nella mia direzione. Ha addosso i pantaloni neri e nient'altro. Mi mordo un labbro mentre i miei capezzoli diventano subito duri. Lo trovo terribilmente sexy.

Appoggio la mano nella sua e gli permetto di mettermi in piedi. Lui mi prende in braccio e io incrocio le braccia intorno al suo collo virile. Mi beo del suo profumo e del caore della sua pelle finché non arriviamo in bagno.

La vasca idromassaggio è stata riempita e nell'aria aleggia un buon odore fruttato. Anche qui le pareti sono interamente di vetro e si ha l'impressione di stare tra le nuvole, con le luci della città che scintillano come stelle luminose al di sotto.

Gabe mi toglie il vestito e le mutandine in silenzio, poi adagia il mio corpo nell'acqua calda.

«Grazie», farfuglio, rabbrividendo a causa del distacco dal suo corpo bollente.

Gabe continua a fare scena muta e si sposta verso i lavandini. Si lava i denti, poi si sciacqua la bocca con il collutorio per due volte di fila. Tutto ciò, senza mai smettere di guardarmi attraverso lo specchio.

Poco tempo e si tampona il volto con un asciugamano, poi si libera dei pantaloni e, splendidamente nudo, mi raggiunge, immergendosi nell'acqua. Mi fa sollevare con il busto, ma solo per spostarsi alle mie spalle. Mi fa appoggiare la testa sul suo petto solido, dopodiché, con un dito, traccia delle linee invisibili sul mio braccio facendo ondeggiare l'acqua che scopre i miei capezzoli turgidi ad ogni dolce movimento. Ancora una volta, rabbrividisco e lui se ne accorge.

«Hai freddo?», chiede in un sussurro.

«No».

«Perdonami», dice poi resta per un attimo in silenzio prima di aggiungere: «Mi sono detto che avrei fatto di tutto per tenerti al sicuro e non farti soffrire, ma stasera ho infranto entrambe le promesse».

Un sospiro frustrato scivola fuori dalle mie labbra anche perché non so che direzione vuol far prendere al discorso che ha in mente di farmi.

«Vorresti tornare a Greenlung?», chiede e percepisco la tristezza accompagnare le sue parole.

«No, io voglio stare con te», replico decisa e lo sento sorridere tra i miei capelli.

«Mi sono comportato come un idiota questa sera».

Mi volto verso di lui e la sua mano finisce sul mio seno. Trattengo un ansito e lo guardo dritto negli occhi. «L'ho fatto anche io. Sarei dovuta restare e far capire a Miranda che ciò che siamo è importante per noi».

«Sei davvero consapevole che non sarà più un problema, vero? Non voglio che ci siano delle cose irrisolte tra di noi».

«Mi fido di te, Gabe. Se così non fosse, non sarei più qui con te».

Lui inarca la bocca in una specie di sorriso. «Per quanto riguarda la cameriera... farò in modo che nessuna donna mi tocchi più neanche con un dito».

«E cos'hai intenzione di fare? Tatuarti sulla fronte "Ex scapolo non più sulla piazza"?»

«Pensavo a una decisione meno drastica. Possiamo tenere la tua frase, ma stamparla su una maglietta o qualcosa del genere».

Il suo sorriso diventa più ampio e porta anche me a compiere lo stesso gesto. «Saresti davvero disposto a farlo?»

«Per te farei di tutto, piccola». Mi stringe forte a sé per farmi sentire tutto l'amore che prova per me.

Il mio cuore manca diversi battiti e sento le lacrime annidarsi negli angoli degli occhi. Sono commossa e incredula e felice. Ancora non mi capacito di come uno come lui possa provare dei sentimenti tanto forti nei confronti di una come me. Probabilmente lassù i miei genitori hanno messo una buona parola per me.

«Ci sei?» Gabe mi dà un pizzicotto e io sbatto le palpebre, ridestandomi. Solo in seguito mi rendo conto che ha parlato e che non ho la benché minima idea di cosa abbia detto.

«Come, scusa?», chiedo sbattendo le palpebre per impedirmi di piangere.

«Il tuo ex mi sta sulle palle».

La confessione di Gabe mi strappa un altro sorriso.

«Be', sarebbe strano se non fosse così», roteo su un fianco tra le sue braccia e l'acqua straborda dalla vasca, andando a bagnare il pavimento.

«Hai intenzione di rivederlo?», chiede ed è estremamente serio, ora.

Lo guardo come se mi avesse schiaffeggiata. «No».

«No?»

«No. Io amo te e solo te. Alan fa parte di un passato che non ho intenzione di rivangare».

«Cosa diavolo ci fa a New York?»

«Vuoi davvero continuare a parlare di lui?»

Lui si morde un labbro e la mia attenzione si focalizza tutta sulla sua bocca perfetta.

«Mi dispiace», ripete mentre il suo pollice inizia ad accarezzarmi distrattamente un capezzolo.

«Questo l'hai già detto».

«Ah sì?», inarca di nuovo la bocca in un sorriso e le sue carezze diventano più risolute.

«Mmm, mmm...»

«Possiamo mandare nel dimenticato questa serata disastrosa?», propone e si china di poco, quel tanto che gli basta per arrivare alla mia bocca che sfiora con un bacio.

Roteo del tutto verso di lui e mi sistemo nel suo grembo. Gli passo le braccia intorno al collo e gli accarezzo la nuca. Gabe è pronto per me per cui lo accolgo, prendendolo alla sprovvista, e lascio andare un gemito che non riesco più a trattenere. Anche lui ansima in modo roco e mi circonda la vita con le braccia.

«Mi sembra un'ottima idea, la tua», sussurro sulle sue labbra.

«Mi sembra un'ottima risposta, la tua», replica callido; dopodiché si avventa sulla mia bocca e mi bacia con irrefrenabile desiderio, rubandomi ogni respiro, come se la sua esistenza dipendesse da essi.

Tuttavia, lascia a me il controllo della situazione. E io inizio a muovermi dolcemente su di lui, quasi a voler placare e sostituire in qualche modo la frenesia che ha fatto da sfondo a questa serata. Insieme, torniamo complici. Dopotutto, siamo ancora noi.

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