Nella vecchia fattoria, ia ia...

Par AndreeaMBlioju

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Gabe Coldwell, uno degli scapoli più ambiti di New York, ha trascorso una nottata particolare per il suo tren... Plus

Trama e personaggi
1 Gabe
2 Fiona
3 Gabe
4 Fiona
5 Gabe
6 Gabe
7 Fiona
8 Gabe
9 Fiona
10 Gabe
11 Gabe
12 Gabe
13 Fiona
14 Fiona
15 Gabe
16 Fiona
17 Fiona
18 Fiona
19 Fiona
20 Gabe parte 1
20 Gabe parte 2
21 Fiona
22 Fiona
23 Gabe
24 Gabe
25 Fiona
26 Fiona
27 Gabe
28 Gabe
29 Fiona
30 Fiona
31 Gabe
33 Gabe
34 Fiona
35 Gabe
36 Fiona
37 Fiona
38 Fiona
39 Fiona
40 Gabe
41 Gabe

32 Gabe

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Par AndreeaMBlioju

Buongiorno. Scusate l'assenza, ho avuto una settimana di défaillance, ma ora eccomi con un nuovo capitolo. Buona lettura♥️

Capitolo 32
Gabe

Ho chiesto a mio padre altre ferie e lui me le ha concesse. D'altronde, la mia punizione avrebbe dovuto durare tre mesi.

Per ora mi godo Fiona al cento per cento e non siamo ancora riusciti a incontrare nessuno dei miei familiari o amici talmente siamo stati presi l'una dall'altro, ma sono consapevole che da lunedì il nostro rapporto verrà messo di nuovo a dura prova poiché tornerò in ufficio.

Gli ultimi tre giorni li abbiamo passati in totale spensieratezza: siamo saliti su un traghetto per raggiungere la Statua della Libertà, abbiamo noleggiato delle biciclette e abbiamo fatto il tour di Central Park, abbiamo passeggiato lungo le strade della Grande Mela e Fiona è rimasta incantata dalle luci di Times Square, ed è persino riuscita a trascinarmi al MoMA per passare il pomeriggio a guardare la vasta collezione di opere appartenenti agli artisti più famosi.

Si è divertita tanto, e io insieme a lei, come non facevo da tempo.

Ora siamo di nuovo a casa e ci stiamo preparando per andare a cena dai miei genitori.

È dannatamente bello averla in giro per il mio attico ed è spaventoso il modo in cui la sua presenza si è modellata alla mia vita. Solo ora mi rendo conto di quante cose mi mancavano prima di lei. Pensavo che la mia vita fosse perfetta due mesi fa, ma ero solo un povero idiota.

«Come sto?»

Fiona avanza nel salotto, strappandomi dai pensieri. Roteo verso di lei con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni eleganti. La guardo. Ha addosso lo stesso vestito che indossava nel giorno in cui, per la prima volta da quando la conoscevo, avevo ammesso a me stesso che fosse scopabile.

Ero ancora in mansarda e lei era arrivata da me, dopo avermi acquistato dei vestiti terribili e quel cellulare antiquato. L'avevo trattata malissimo, quella volta. Ma ancora non sapevo che, col senno di poi, sarebbe diventata tanto importante per me. E poi, non sono più l'uomo di allora. Mi piace molto di più questa versione di me stesso che Fiona ha tirato fuori.

«Sei bellissima», le dico avvicinandomi.

«Penso di essere ingrassata», replica, girando su se stessa e toccandosi i fianchi. «Non sei d'accordo?»

Premo le labbra tra di loro mentre penso alla risposta. Non vorrei dare il via a qualche dramma femminile così opto per ripeterle: «Sei bellissima». Allungo un braccio e le allaccio la vita, la attiro a me fino a far scontrare i nostri petti.

«Lo dici solo perché mi ami», mi passa le mani tra i capelli che ho deciso di tagliare. In questo modo, sento ancora di più le sue carezze sulla cute, che mi infondono calma e spensieratezza come nient'altro.

«Forse», ribatto con un sorriso.

«Quindi mi trovi ingrassata», mette su un broncio che spazzo via con un bacio che decido di approfondire pur di farla stare zitta. Quando ci stacchiamo siamo entrambi a corto di fiato. «Andiamo?», le porgo la mano. «Prima di cambiare idea, trascinarti nella camera da letto e dimostrarti che, anche se fossi ingrassata, non me ne frega niente».

Lei alza gli occhi al cielo, si picchietta un dito sulle labbra per sistemarsi il rossetto leggermente sbavato, dopodiché intreccia le dita alle mie.

«Spero di piacere ai tuoi», mi dice una volta all'interno dell'ascensore.

«A mio padre piaci e piacerai anche al resto della famiglia. L'unica che potrebbe infastidirti è Gwen, e se succederà lo farà per il semplice gusto di rompere le palle, ma ti prego, non badare a lei. In questo periodo è più acida del solito».

«Spero di riuscire a mantenere i nervi saldi. Sono talmente agitata che temo di vomitare da un momento all'altro».

«Ti prego, basta vomitare», dico in modo scherzoso, attirandola a me.

Lei ridacchia contro il mio petto e il suono della sua risata è balsamo per il mio umore.

Fiona sta bene insieme a me.

***

«Allora fate sul serio? Non sei una delle tante donne che vuole ben altro che l'amore da mio fratello?», chiede Gwen all'improvviso, proprio come mi aspettavo. Si è già scollata mezza bottiglia di vino e ora è più stronza del solito.

«Cazzo, Gwen, non puoi farti gli affari tuoi? Che problemi hai?», sbotto sbattendo sul tavolo la forchetta e il coltello con i quali stavo infilzando il filetto di Blonde d'Aquitaine.

Fiona ha lo sguardo puntato sul suo piatto e preme le labbra tra di loro, probabilmente per imporsi di restare calma, proprio come le ho chiesto.

«Mamma, cos'è un cazzo?», chiede prontamente Nathan, e sia io che Gwen restiamo in silenzio.

«È una specie d'uccello, tesoro». Mio cognato cerca di rattoppare la mia gaffe, ma viene fulminato dallo sguardo di Trisha, che sicuramente mi sta odiando in questo momento.

«Come Flufy?», domanda Nathan, alludendo al pappagallo multicolore che ha voluto e ricevuto per il suo quarto compleanno.

«Diciamo di sì...», risponde vago Colin, afferrando il bicchiere di vino e portandoselo alla bocca.

«Mamma, possiamo comprare un cazzo? Così Flufy non starà più da solo». Nathan si gira verso sua madre, che ha le mani tra i capelli.

«Tesoro, cosa dici invece se lo zio Gabe ti regalerà il pony che tanto desideri per il prossimo compleanno?», interviene mio padre, spostando, grazie al cielo, la sua attenzione altrove.

La mamma sta facendo di tutto per non scoppiare a ridere così come Kriystan il bodyguard, che è seduto accanto a quella stronza odiosa di mia sorella.

Non lo invidio affatto per essere stato costretto a starle accanto giorno e notte. Fossi stato in lui sarei già scappato via. Ma forse è un masochista. O molto più probabilmente non può farne a meno visto che mio padre lo paga profumatamente per svolgere il suo lavoro.

Trisha lancia delle occhiate assassine sia a me che a Gwen mentre la mamma si offre di portare via Nathan e metterlo a dormire nella cameretta che ha qui, in villa.

«Chiederò a Babbo Natale di portarmi un cazzo gigante, così potrà giocare con Flufy», aggiunge mio nipote prima di sparire dalla stanza.

Sospiro e offro uno sguardo mortificato a Trisha.

«Si può sapere cosa diavolo ti prende? Dovresti scopare ogni tanto, giusto per toglierti di dosso tutta l'acidità che ti avvolge!», prorompe proprio Trisha, fissando ancora Gwen che sta sorseggiando il vino con fare annoiato.

Mio cognato osserva sua moglie come se avesse accanto un mostro pronto a sbranarlo vivo, ma intelligentemente decide di non fiatare.

«Mi sto solo preoccupando per lui. Insomma, guardala! Pensi che sia la donna giusta per Gabe?»

«Gwen, falla finita!», la ammonisco stringendo le mani a pugno.

«Non...», cerca di dire Trisha, ma viene interrotta dall'intervento di Fiona.

«Cosa ti fa pensare che non sia la giusta donna per tuo fratello? Chi ti dà il diritto di giudicarmi senza neanche conoscermi? Per quanto riguarda l'aspetto finanziario, ho i miei, di soldi, e li ho guadagnati lavorando dignitosamente. Non saranno tanti come i vostri dei quali, in tutta onestà, non saprei cosa farmene».

Gwen scoppia a ridere. «Ma fammi il piacere! Vi conoscete da... quanto? Un mese? Due? Poco importa, ma non dirmi che lo ami per quello che è e altre cazzate simili. A ogni donna affascina l'uomo ricco», controbatte Gwen.

«Hai ragione, tuo fratello mi affascina molto, ma non per i motivi che hai elencato. Mi affascina perché è amorevole e attento, mi tratta con rispetto e si prende cura di me. Ma forse non lo conosci abbastanza da vedere qualcos'altro oltre i maledetti soldi». Fiona ha il respiro ansante mentre si alza in piedi e sposta la sedia all'indietro. Allungo una mano verso di lei, ma la schiva agilmente. «Con permesso», si scusa prima di andare a recuperare la borsa e scappare via.

Io balzo in piedi mentre tutte le persone, all'infuori di Kriystan, hanno qualcosa da ridire a proposito della brutta uscita di Gwen.

Ignoro le voci di tutti quanti e mi avvicino a lei, sbatto una mano sul tavolo, facendo rovesciare quel poco che era rimasto nel suo bicchiere.

«Se non ti metto le mani addosso è perché sei una donna, e poi mia sorella. Non ti permettere mai più di parlarle in quel modo, la prossima volta che la vedrai evita proprio di guardarla. Anzi, sai cosa? Papà, avvisami quando ci sarà anche lei in casa così saprò di starne lontano».

Detto ciò, me ne vado senza salutare nessuno. Questa benedetta cena si è rivelata un disastro, ma solo a causa di Gwen poiché gli altri componenti della famiglia sono stati cortesi e amorevoli con Fiona.

Una volta fuori dalla villa, sospiro per calmare i nervi tesi. Cerco Fiona con lo sguardo e la trovo seduta sul bordo della fontana artesiana. Si sta asciugando la faccia e, ancora una volta, maledico Gwen tra i denti.

«Ehi», la chiamo raggiungendola.

«Perdonami», dice guardandomi tra le lacrime. «Non ho saputo trattenermi».

Le prendo il viso tra le mani e le asciugo le lacrime a suon di baci. Poi abbasso le braccia e faccio intrecciare le nostre dita.

«Ti va di andare in un posto a bere qualcosa, solo noi due?» Non so in che altro modo farmi perdonare se non portarla via da qui.

Lei sorride lievemente, la sua espressione sembra un po' più distesa di prima. Annuisce, poi insieme, mano nella mano, raggiungiamo Tom che ci sta attendendo in macchina.

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