Nella vecchia fattoria, ia ia...

Por AndreeaMBlioju

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Gabe Coldwell, uno degli scapoli più ambiti di New York, ha trascorso una nottata particolare per il suo tren... Más

Trama e personaggi
1 Gabe
2 Fiona
3 Gabe
4 Fiona
5 Gabe
6 Gabe
7 Fiona
8 Gabe
9 Fiona
10 Gabe
11 Gabe
12 Gabe
13 Fiona
14 Fiona
15 Gabe
16 Fiona
17 Fiona
19 Fiona
20 Gabe parte 1
20 Gabe parte 2
21 Fiona
22 Fiona
23 Gabe
24 Gabe
25 Fiona
26 Fiona
27 Gabe
28 Gabe
29 Fiona
30 Fiona
31 Gabe
32 Gabe
33 Gabe
34 Fiona
35 Gabe
36 Fiona
37 Fiona
38 Fiona
39 Fiona
40 Gabe
41 Gabe

18 Fiona

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Por AndreeaMBlioju

Capitolo 18

Fiona

Il terzo giorno, nonché l'ultimo, della fiera è andato ancora meglio degli altri due. Bensì non sia stata una gara, ogni giorno siamo stati i primi ad aver finito di vendere i prodotti proposti al pubblico. Lo scantinato della fattoria si è svuotato e oggi abbiamo dovuto portarci dietro alcuni barattoli di marmellata che Mary Lo ha fatto nei giorni scorsi. Inutile dirvi che sono andati a ruba.

Il mestiere di Gabe è far sì che gli altri pendano dalle sue labbra, ma Seth sostiene che ad aver attratto i clienti, la maggior parte donne, siano stati gli addominali che Gabe ha deciso di lasciar scoperti sotto la camicia sbottonata. Non me la sono sentita di contraddirlo.

Ci sono stati un sacco di stand recintati dentro i quali si trovavano ogni genere di animale domestico, chioschi che vendevano corn dog e zucchero filato, giostre chiassose, l'immancabile roller coaster, una ruota panoramica e bancarelle fornite con prodotti tipici e biologici.

Alcuni negozianti vendevano anche degli attrezzi di lavoro e Gabe ha gonfiato il petto proprio come Charlie quando ha riconosciuto con orgoglio la zappa e il piccone.

Avrei voluto avere una macchina fotografica e immortalare il suo sorriso per ricordarlo sempre così: rilassato, sorridente, semplicemente felice.

Sono stati giorni stancanti, ma dipinti di tanti colori brillanti, suoni, odori, risate e gioia.

Sono stata bene, quest'anno ancora di più, e quasi mi dispiace che questo sia stato l'ultimo giorno.

Oggi abbiamo finito intorno a mezzogiorno e questo ci ha permesso di raccattare prima le nostre cose. Seth è andato a portare indietro il camioncino a noleggio mentre io e Gabe stiamo tornando a casa, attraversando i paesini in bicicletta. Contiamo di tornare questa sera per la festa che sancirà la fine della fiera.

Siamo in viaggio da circa quindici minuti e il caldo è diventato insopportabile, ma è divertente vederlo pedalare sulle strade sterrate e lamentarsi ogni secondo per quel motivo o quell'altro.

Il nostro rapporto era in una fase di stand by, ci parlavamo il minino necessario, ma oggi Gabe ha voluto dargli una svolta e stamattina, prima di partire, mi ha chiesto scusa per il suo comportamento, confessandomi, parole sue, che ha ancora voglia di saltarmi addosso e sbattermi al muro, ma che alla fine ho ragione io: andare a letto insieme non porterebbe a niente di buono. Dobbiamo stare a stretto contatto ancora per tre settimane per cui non ha senso continuare a tenerci il muso.

Per quanto mi riguarda, be', ho accettato le sue scusa, ma non so più cosa pensare. La voglia che ho di lui è diventata quasi dolorosa e ho dovuto ricorrere, seppur con imbarazzo, all'aiuto del giocattolino che Francisca mi ha regalato al mio ultimo compleanno per poter spegnere i bollenti spiriti almeno per un po'. Ma la fiamma dentro di me continua a bruciare e ogni volta che ce l'ho vicino è una dolce tortura.

L'ho sentita, nei giorni scorsi. Ho raccontato alla mia migliore amica quasi tutto e lei mi ha consigliato di lasciarmi andare con il bel newyorchese.

Francisca è una di quelle persone che prende la vita così come viene e non si fa problemi nell'andare a letto con un uomo per puro piacere personale.

Secondo lei, ho sofferto troppo per Alan e dovrei iniziare a godermi la vita e di conseguenza approfittare della presenza di Gabe e divertirmi, come farebbe una ragazza non impegnata della mia età.

Quello che lei non sa è che provo dei sentimenti per Gabe. Non mi giudicherebbe, ne sono certa, ma non voglia che in cuor suo mi consideri un'ottusa che s'innamora, ancora una volta, del primo arrivato.

«Saranno passati dieci anni dall'ultima volta che sono andato in bicicletta, ma faceva meno caldo e le strade erano... strade, cazzo!»

Quando penso che forse avrei dovuto portarmi dietro una museruola, Gabe ferma la bicicletta.

«Che ne dici se ci fermiamo là per mangiare? Ho fame». Indica con un cenno la tavola calda dagli esterni appariscenti, presente sull'altro lato della strada.

«Non saprei, non conosco questa zona», rispondo guardando con diffidenza le moto dall'aria pericolosa sostare nel giardino presente davanti al Crazy Drive Rock 'n' Grill. L'insegna è grande e luminosa, nonostante siamo in pieno giorno; su una delle grandi vetrate regna la scritta Open daily for breakfast, lunch&dinner.

«Non ero io quello fifone tra i due?», mi schernisce avviandosi verso il ristorante e portandosi la bicicletta dietro. Non mi lascia altra scelta se non quella di seguirlo.

Un uomo alto e robusto esce dalla porta di legno massiccio a doppio battente. Il suo aspetto incute timore e stoppa la mia avanzata. Ha addosso dei pantaloni di pelle, una T-shirt nera con la stampa di un teschio e un gilè borchiato. La sua testa è pelata diversamente dalla faccia che è ricoperta per metà da una lunga barba screziata. Le sue braccia grosse quanto la mia testa sono tatuate sotto lo spesso strato di peluria che le ricopre.

«Buongiorno! Vorremmo mangiare qualcosa. Si può?», gli chiede Gabe con aria di superiorità.

Sto per dirgli di abbassare la cresta, che qui il suo cognome non conta niente e che non è questo il momento più opportuno per comportarsi da principino, ma l'omone fa scrocchiare le ossa del collo, piegandolo di lato, e guarda con sospetto le nostre biciclette. Decido di restare in silenzio.

«Andate dentro!», tuona dopodiché si allontana verso una delle moto.

«Gabe, andiamo via, non mi piace questo posto», insisto stando attenta a farmi sentire solo da lui.

Come spesso capita, non mi dà ascolto e abbandona la bicicletta accanto a un albero.

«Vieni, un po' d'aria condizionata non potrà che farci bene».

Sospirando, lo seguo all'interno del locale. Vorrei prenderlo a schiaffi ogni volta in cui fa il prepotente, il che accade una decina di volte al giorno.

Una volta all'interno, a darci il benvenuto ci sono gli arredi vintage e i colori bui e cupi, un vecchio jukebox all'angolo, divanetti in pelle e tavoli di legno, e un lungo bancone davanti a un bar che contiene una vasta scelta di alcolici.

In fondo alla sala c'è un tavolo da biliardo intorno al quale si trovano alcuni tizi dall'aria non proprio amichevole. La nostra presenza attira la loro attenzione, ma Gabe non ci fa caso e continua ad avanzare con passo sicuro fino a raggiungere il bancone. Io gli cammino di fianco, cercando di ignorare il modo in cui il ragazzo più giovane mi sta puntando.

Gabe si siede su uno sgabello, invitandomi a fare altrettanto.

«Vieni qui!» Le sue mani si posizionano sui miei fianchi e mi alzano da terra come se non pesassi niente per farmi accomodare sullo sgabello che è troppo alto. Non ce l'avrei mai fatta a salirci da sola.

«Grazie», sussurro avvertendo un dolce formicolio sulla pelle.

Quasi cado sul pavimento consunto nel momento in cui una giovane donna dai capelli biondi e ricci come cavatappi sbuca da dietro il bancone. Era china sul pavimento e non ci eravamo accorti di lei. A differenza degli altri uomini lei ha un aspetto etereo che fa a pugni con l'ambiente che ci circonda. La vedrei meglio sulla copertina di una rivista di moda e non in mezzo ai bikers.

«Benvenuti al Crazy Drive Rock 'n' Grill», sorride gentile e le mie spalle si rilassano appena. Dopotutto, forse non ho nulla da temere.

«Salve», saluto cordiale.

«Dolcezza, ci daresti due menù? Siamo tanto affamati», interviene Gabe con voce seducente, offrendo alla sconosciuta un largo sorriso e una sbirciatina ai seni messi in evidenza dal vestito bianco che indossa.

«Certo! Comunque, il mio nome è Daphne, però mi piace anche "dolcezza"», ammicca verso di lui, arricciando le labbra dipinte di rosso.

Gabe le ha fatto capire che non significo niente per lui quindi lei ha ben pensato di passare all'attacco senza perdere tempo.

I loro comportamenti mi feriscono ma faccio finta di nulla e afferro uno dei menù non appena Daphne ce li mette davanti.

«Cosa mi consigli, Daphne?», continua Gabe con quel tono da adulatore che questa volta mi dà il voltastomaco.

La guarda dritto negli occhi e si passa la mano tra i capelli, sicuro di sé e del fascino che emana.

«La nostra specialità è la carne alla griglia, ma offriamo anche altro», risponde lei, volutamente maliziosa, appoggiando i gomiti sul bancone e chinandosi verso di lui.

«Vado in bagno!», sbotto sbattendo la carta delle offerte culinarie sul bancone di formica e saltando giù dallo sgabello al costo di rompermi un piede, ma nessuno dei due mi considera più di tanto.

È chiaro che stiano filtrando e che forse hanno voglia di restare da soli. Un pugno allo stomaco mi avrebbe fatto meno male.

Tengo gli occhi incollati sulla porta del bagno che si trova nei paraggi del tavolo da biliardo. Non lo guardo, ma percepisco addosso gli occhi del ragazzo di prima e allungo il passo.

Una volta dentro l'antibagno, mi rendo conto che il cubicolo messo a disposizione per i clienti è soltanto uno e per un attimo mi pento per aver permesso all'istinto di averla la meglio su di me, ma ormai sono qui e non mi resta altro da fare se non proseguire e chiudere la porta a chiave. Grazie al cielo, c'è un buon odore fruttato, il che non era scontato.

In realtà, non ho bisogno del bagno, volevo solamente allontanarmi dal teatrino che quei due hanno messo su e permettere al mio cuore di tornare a battere in maniera normale.

Anche se, da quando Gabe è piombato nella mia vita, non sono certa di sapere più come si fa ad avere un battito corretto. Lui lo sta mettendo a dura prova dal primo momento in cui ha varcato la soglia della fattoria.

Mi lavo le mani e la faccia con l'acqua fredda e guardo il mio riflesso nello specchio ovale appeso alla parete. Non mi piace ciò che vedo. E non mi riferisco al viso stanco, vittima di tante notti passate insonni, o ai capelli arruffati. I miei occhi sono colmi di lacrime e cose che non saranno mai ricambiate.

Perché devo essere così sensibile e sognatrice? Perché non posso essere una persona razionale e lasciare il commando delle mie emozioni al cervello invece che al cuore?

«Ehi, tu là dentro! Ne hai ancora per molto?»

Sobbalzo nel momento in cui sento una voce maschile provenire dal di là dell'uscio.

«N-no, ho quasi f-finito», balbetto asciugandomi velocemente le mani con dei fazzoletti di carta.

Un brivido spiacevole mi serpeggia addosso nel momento in cui appoggio la mano sulla maniglia, ma non posso restare chiusa qui per sempre per cui apro la porta.

Come sospettavo, davanti a me c'è il ragazzo giovane che mi guardava in modo spiacevole.

Sto per sorpassarlo, ma lui mi sbarra il passaggio, fa un passo in avanti mentre io ne faccio uno indietro, e spinge la porta dietro di sé che resta leggermente socchiusa.

«Il tuo amico è impegnato con mia sorella. Ho pensato che avresti avuto bisogno di una buona compagnia», ride in modo subdolo, camminando verso di me fino a intrappolarmi tra il lavandino e il suo corpo, che non sarà imponente come quello di Gabe, ma che è comunque molto più grosso del mio.

Sta facendo sul serio?

«N-non ho b-bisogno, grazie». Faccio di nuovo per allontanarmi, ma le sue mani si posano sulla mia vita e stringono forte, impedendomi di fare alcunché.

«Lasciami!», strillo per attirare l'attenzione di qualcuno.

Cosa vuole da me questo psicopatico?

Mi divincolo come meglio posso, ma non riesco a fare granché. Lui è molto più forte di me.

«Se non la liberi immediatamente la tua giornata finirà in questo istante».

A parlare è Gabe e rilascio subito un sospiro di sollievo. Ha aperto la porta, ma non riesco a vederlo a causa dello psicopatico che continua a starmi addosso.

«Vattene, forestiero, mia sorella saprà come farti tornare il buon umore! Io non ho ancora finito con questa bella pollastr...»

Gabe non gli dà il tempo di concludere che me lo toglie di dosso in malo modo e lo spinge a terra. Lo psicopatico cade, ma fa in fretta a rialzarsi e a tirare un pugno in faccia a Gabe che non perde tempo e ricambia, colpendolo a sua volta.

Oh, mio Dio!

Assisto alla scena scioccata, con le mani tremanti davanti alla bocca spalancata. Riesco a vedere il sangue colare dall'occhio sinistro di Gabe e prego che non svenga. Ricordo perfettamente il momento in cui ha ammesso che il sangue gli ha sempre fatto senso.

«Dean, che cazzo stai facendo?»

A mettere fine a tutto ci pensa Daphne che arriva di corsa in bagno. Dietro di lei vedo gli amici dello psicopatico e il mio unico e tragico pensiero è che forse non usciremo vivi di qui. Nei film che guardo le scene come queste non finiscono mai bene. La ragazza si mette davanti a suo fratello e gli parla come se avesse davanti un bambino.

«Va tutto bene, ora vieni via con me. E voi, andate via! Subito!», ci ordina e della ragazza gentile di prima non c'è più traccia. «Fateli passare!», ordina agli uomini che le danno subito ascolto e creano un vero e proprio varco.

«Siete morti!», ci minaccia il ragazzo che, a questo punto, è evidente che abbia dei seri problemi.

«Forse a morire sarai tu se non chiudi quella fottuta bocca!», gli urla Gabe dietro, uscendo dal bagno dopo avermi presa per mano e trascinata dietro di lui.

Uno degli uomini ringhia in segno di protesta. Gabe si blocca e lo sfida con lo sguardo mentre io sto per avere un mancamento. Ha paura di un topo, ma non di una banda di bikers? È incosciente o cosa?

Nel frattempo, Daphne e suo fratello sono spariti dalla circolazione.

«È così che trattate i vostri clienti?», abbaia Gabe; intanto il sangue continua a colare dalla sua arcata sopraccigliare, ma lui non ci bada.

«Andatevene via!», ci ordina l'omone che abbiamo incontrato prima all'ingresso e che è apparso come per magia accanto a noi.

«Lo faremo, ma non prima che quel pezzo di merda le chieda scusa», replica Gabe.

«Gabe, non è necessario, sto bene...», provo a calmarlo poiché sembra nervoso come non l'ho mai visto. In realtà, sono ancora spaventata e agitata, ma non c'è bisogno che lui lo sappia.

Mi aspetto una reazione catastrofica da parte dell'omone, ma mi sorprende poiché dice: «Mi scuso io per lui. Mio figlio soffre di alcuni disturbi che non sto qui a elencarvi. Non andava perso di vista!», ringhia guardando in modo severo gli amici di quel ragazzo.

Gabe sembra tranquillizzarsi e allieta la presa sulla mia mano che suda in modo incontrollato.

«Fate più attenzione la prossima volta!», dice attirandomi sotto il suo braccio possente.

«Se volete, avete il pranzo gratis», aggiunge l'omone, ma io scuoto la testa contro il petto di Gabe. Non voglio stare qui dentro un minuto in più.

«No, va bene così, ora ce ne andiamo», commenta Gabe, accarezzandomi un braccio con movimenti lenti. «Mi auguro che non capitino più "incidenti" come questo. Avrebbe potuto farle del male e a quel punto mi sarei assicurato che, problemi o meno, tuo figlio avesse la giusta punizione».

«Cazzo sei? Uno sbirro?», interviene un altro amico di Dean.

«Peggio. Sono Gabe Coldwell», dice e tende l'altra mano all'omone che accetta di stringergliela dopo avergli rivolto uno sguardo confuso che ci indica che sta aspettando un'ulteriore spiegazione, che Gabe non è intento a dare.

Mi prende di nuovo per mano e mi porta fuori dal Crazy Drive Rock 'n' Grill. Una volta all'esterno sono un fascio di nervi, ho paura che qualcuno possa venire comunque ad aggredirci.

«Stai bene?», mi chiede Gabe, prendendomi il volto tra le mani.

«S-sì», farfuglio. «Tu piuttosto?», gli chiedo indicandogli con un cenno la ferita.

Lui si porta una mano al volto poi si guarda le dita sporche di sangue.

«Oh, cazzo!», grugnisce cambiando colorito.

Abbandonando l'idea di recuperare le biciclette, lo prendo per mano e lo porto con me lungo la strada camminando velocemente, in silenzio, finché non siamo abbastanza lontani dal paesino e dal Crazy Drive Rock 'n' Grill.

Mi guardo indietro di continuo, intimorita ancora all'idea che gli amici di Dean possano seguirci, ma non si vede nessuno. Siamo solo noi due, i campi di mais e gli alberi che costeggiano la strada sterrata.

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