Nella vecchia fattoria, ia ia...

By AndreeaMBlioju

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Gabe Coldwell, uno degli scapoli più ambiti di New York, ha trascorso una nottata particolare per il suo tren... More

Trama e personaggi
1 Gabe
2 Fiona
3 Gabe
4 Fiona
5 Gabe
6 Gabe
7 Fiona
8 Gabe
9 Fiona
10 Gabe
11 Gabe
12 Gabe
13 Fiona
14 Fiona
15 Gabe
16 Fiona
18 Fiona
19 Fiona
20 Gabe parte 1
20 Gabe parte 2
21 Fiona
22 Fiona
23 Gabe
24 Gabe
25 Fiona
26 Fiona
27 Gabe
28 Gabe
29 Fiona
30 Fiona
31 Gabe
32 Gabe
33 Gabe
34 Fiona
35 Gabe
36 Fiona
37 Fiona
38 Fiona
39 Fiona
40 Gabe
41 Gabe

17 Fiona

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By AndreeaMBlioju

Capitolo 17

Fiona

«Hii-hoo! Hii-hoo! Hii-hoo!»

Ho gli occhi aperti da un pezzo quando il raglio di Ciuchino mi giunge alle orecchie. Un'altra notte è passata in bianco per me. Ho provato a prendere sonno dopo che Gabe è tornato a casa, quattro ore dopo essersene andato insieme a Kate, ma non ci sono riuscita.

L'ho spiato. Non avrei dovuto farlo, ma i miei occhi sono stati più forti dalla voglia di tenere a bada la curiosità. Ho tolto la chiave dalla serratura appartenente alla porta che divide le nostre stanze e l'ho guardato. L'ho visto mentre si spogliava sotto la luce calda dell'abat-jour e lanciava i suoi vestiti a terra. L'ho visto stendersi sul letto, in posizione supina, con un braccio sulla pancia e l'altro sulla fronte. Ho visto i suoi occhi fissare il soffitto, pensierosi.

L'ho guardato anche quando è balzato giù dal letto e ha aperto l'uscio dietro il quale è sparito. I suoi passi pesanti si sono fermati davanti alla mia porta e il cuore ha smesso di battere per un istante. Ma Gabe non ha mai bussato né chiamato il mio nome. Poco tempo ed è tornato nella sua stanza. Si è rimesso a letto e ha spento la luce. E io sono tornata a respirare, anche se l'aria che ho immagazzinato mi è sembrata più pesante del solito.

«Hii-hoo! Hii-hoo! Hii-hoo!»

Decido di abbandonare il mio confortevole letto e andare in bagno. Oggi sarà una lunga giornata, devo preparare ed etichettare tutti i prodotti da portare alla fiera di domani, dove ci aspetta un'intera bancarella da riempire. In più, devo snocciolare una quantità indefinita di ciliegie, più i soliti lavori che ci sono da sbrigare in giro per la fattoria. E poi, c'è anche Gabe. Continuare a ignorarla è la faccenda più pesante da fare.

Esco dalla mia stanza nello stesso momento in cui lui sbuca dalla sua. Ci guardiamo per un lungo istante e il mio cuore sussulta. Ma lui decide di ignorarmi e si allontana lungo il corridoio.

«Perché diamine sei venuto alla mia porta dopo che sei stato con un'altra donna?», vorrei urlargli dietro, ma non lo faccio. Resto in silenzio e lo seguo in cucina, ambiente in cui continuiamo a comportarci come due estranei. Perché, in fondo, è quello che siamo, no?

Seth arriva poco dopo e inizia a parlare con Gabe dopo avermi salutata e lasciato un bacio sulla fronte. Preparo il caffè solo per me e Seth, Gabe può chiamare Kate o chi diavolo vuole per farselo fare.

«Gabe, vuoi del caffè?», gli chiede Seth mentre io sto sciacquando il piatto che ho usato per fare colazione.

«No! Sono certo che uscirebbe avvelenato viste le energie negative che avverto», replica.

È chiaro che mi stia punzecchiando, ma non starò al suo gioco.

«Se hai bisogno, mi trovi nella stalla», dico a Seth stando attenta a tenere gli occhi lontani da Gabe.

Quando esco dalla cucina percepisco il suo sguardo addosso. Poi lo sento farmi il verso, come un bambino delle elementari, e mi blocco.

«Se hai bisogno, mi trovi nella stalla», ripete. Ha persino modificato il tono di voce, rendendolo volutamente ridicolo.

«Che cazzo di problemi hai?», esplodo come una molotov, tornando sui miei passi.

La sua espressione diventa terribilmente seria quando fa incontrare i nostri occhi. I miei lo fulminano, i suoi fanno altrettanto con me. Gabe mi si avvicina a passo blando e il mio stomaco diventa un nido di nervi tesi.

«L'unica ad avere un problema qui sei tu», commenta più freddo di un giorno d'inverno siberiano, poi mi sorpassa sfiorandomi di proposito una spalla. «Seth, sono io ad aspettarti nella stalla».

«Ok, va bene», risponde Seth, ma Gabe se n'è già andato.

Decido di andarmene anche io, non ho voglia di rispondere alle domande che intuisco il mio migliore amico abbia in serbo per me.

Sono arrabbiata, delusa e ferita. Non dovrei avvertire queste sensazioni ingombranti, ma non riesco a scacciarle via.

Decido di starmene da sola, per i fatti miei, ed è quello che faccio per un'ora buona. Resto piegata sulle ginocchia, nell'orto, a sporcarmi le mani di terra. Delle mucche se ne sono occupati Seth e il principino. Quando torno in cucina, i miei nervi si sono un po' calmati e non ho più voglia di spaccare qualsiasi cosa.

Saluto Mary Lo; ha già messo a bollire le due uova con cui è solita fare colazione e ora si sta preparando il caffè. Mi offro di rovesciarglielo in una tazzina e gliela porgo. Ciuchino sta masticando un pezzo di mela, seduto a terra, accanto al camino. La televisione è spenta e non so se essere sollevata o preoccupata.

«Cosa è successo tra te e Gabe?», chiede all'improvviso Mary Lo, dopo aver mandato giù la bevanda calda e amara.

Sgrano gli occhi, la sua domanda mi ha colta di sorpresa. Non si è mai intromessa nella mia vita, neanche quando ho deciso di tenere per me il motivo per il quale mi sono ritirata dall'Università.

Non le ho mai raccontato di Alan e non si tratta di fiducia; non voglio deluderla. Mary Lo è quella che più si avvicina a una madre per me e l'ultima cosa che voglio è farla soffrire a causa delle mie scelte errate.

«È uno stronzo!», quasi sbotto.

«E perché?» La voce della donna che mi ha cresciuta da quando avevo quattordici anni continua a restare calma.

«Perché...»

E ora che le dico? Che lo considero un brutto stronzo per essere andato a letto con Kate, nonostante non abbia alcun diritto di etichettarlo in questo modo? Che vorrei che riservasse i suoi baci e le sue carezze solo per me, ma che non voglio andarci a letto perché temo di innamorarmi follemente di lui? Cosa diavolo le devo dire?

«Ho capito», fa lei, nonostante non le abbia ancora risposto. «Ricordati, però, che l'amore a distanza è difficile da gestire», aggiunge dopodiché si alza in piedi e zoppica verso l'uscita con Ciuchino alle calcagna. «Vieni, bello, andiamo, che devi mangiare un po' di fieno. Non guardarmi in quel modo, signorino! Non puoi ingozzarti di solo frutta e verdura!»

Mi lascio cadere su una sedia, tutto a un tratto esausta. Le parole di Mary Lo non hanno senso. Come può parlare d'amore tra me e Gabe quando non ci parliamo nemmeno? Anche se l'ho sempre considerata una donna saggia, questa volta ha preso un grosso abbaglio.

Gesù! Non vedo l'ora che arrivi il momento in cui Gabe andrà via. Non lo voglio più nella mia vita, la sua presenza è pericolosa perché mi piace troppo, perché lo voglio, perché mi fa battere forte il cuore e perché non posso averlo.

Per l'ora di pranzo mi preparo un panino e vado a mangiarlo nello scantinato, da sola. Non voglio incrociare Gabe. Sì, lo so, mi comporto come una bambina capricciosa e dispettosa, ma per ora mi va bene così.

Accendo la luce e scendo le scale di cemento. Rabbrividisco perché qua sotto fa più freddo che all'interno della cascina.

La cantina è suddivisa in più celle, separate da un lungo corridoio, dove una volta venivano conservati tutti i prodotti. Ora sono per lo più vuote. In una ci sono i viveri che ci servono in caso di uragano; in altre due, i formaggi e le marmellate prodotti l'anno scorso e pronti alla vendita.

Resto in piedi, appoggiata alla parete, e inizio a mangiare, cercando con tutta me stessa di non pensare più a Gabe. Più stiamo lontani meglio sarà per me.

Peccato che lui non sia della mia stessa idea e che dopo nemmeno cinque minuti venga a disturbarmi.

«Seth mi ha detto che hai bisogno di una mano per sistemare i formaggi e le marmellate nelle cassette che domani porteremo alla fiera», esordisce dalla cima delle scale.

Perché diamine ho lasciato la porta aperta?

Non sembra preoccupato all'idea di dover passare un'intera giornata sotto al sole, intento a vendere formaggi e vasetti di marmellata a degli sconosciuti. Quando è arrivato a Greenlung ne sarebbe stato terrorizzato, ora invece sembra che nulla può più deprimerlo.

Do un morso al panino e lo ignoro.

«Hai sentito cosa ti ho detto?» Scende le scale e mi si piazza davanti, sovrastandomi con la sua stazza.

«Shi, ma non ho bihogno di alhun aiuho! Puoi anhare». Continuo a non guardarlo e tengo gli occhi fissi sul panino che ho tra le mani.

«Ti hanno mai detto che non è bello parlare con la bocca piena?»

«E a te hanno mai hetto he non me ne freha niehe di huello he disci?», replico.

«La traduzione della tua lingua è disponibile anche in inglese?»

Finisco di masticare, ingoio con estrema calma, poi bevo alcuni sorsi dalla bottiglia d'acqua che mi sono portata dietro e che ho custodito nella tasca della salopette di jeans che a lui tanto "affascina".

«Ho detto che non ho bisogno di alcun aiuto e che puoi tornare da dove sei venuto. Capisci il mio inglese o hai bisogno di Google Translate?», finalmente lo guardo.

«Ce l'hai con me?» I suoi bellissimi occhi sono fissi nei miei e l'effetto che hanno su di me è micidiale.

Tuttavia, continuo a far finta di niente.

«Dovrei?», gli chiedo prima di infilarmi in bocca l'ultimo pezzo di pane, prosciutto, maionese e insalata, nella speranza che mi lasci in pace.

«Non vuoi che ti scopi e non vuoi nemmeno che mi scopa le altre?»

«Hosa?», sgrano gli occhi su di lui con un pezzo di foglia verde incastrato tra i denti.

Ho sentito bene?

«È questo il tuo problema, no?»

Perché mi si avvicina in questo modo?

Vorrei allontanarmi, mettere quanta più distanza tra di noi, ma lo spazio a mia disposizione è finito e divento tutt'una con la parete dietro di me.

Gabe appoggia un braccio sul muro, sopra la mia testa, intrappolandomi.

«Vorresti che le mie mani toccassero solo il tuo corpo», aggiunge facendo scivolare il dorso della mano libera sulla mia guancia e poi giù, sempre più giù, fino a sfiorarmi un seno. Il contrasto tra il freddo del cemento che mi graffia la pelle, il suo tocco a malapena accennato e il suo fiato caldo mi fa eccitare più di quanto non lo sia già. «Vorresti che la mia bocca baciasse solo la tua», prosegue mentre le sue labbra si posano, delicate, sulle mie. «Vorresti che ti scopassi fino a farti urlare il mio nome, ma sei troppo codarda per prenderti ciò che desideri». Mi ruba il pezzo d'insalata, lo mastica e lo manda giù, poi si allontana all'improvviso, lasciandomi con la bocca dischiusa come un baccalà e con un altro tipo di freddo a pungermi la pelle. Poi, come se nulla fosse successo, mi dà le spalle. «Chiamami se hai bisogno d'aiuto».

Se ne va, lo stronzo, abbandonandomi a me stessa, confusa ed estremamente eccitata. La cosa peggiore è che ha ragione. Vorrei che mi facesse tutte le cose che ha da poco elencato e non so più cosa pensare di me stessa arrivata a questo punto

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