Nella vecchia fattoria, ia ia...

By AndreeaMBlioju

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Gabe Coldwell, uno degli scapoli più ambiti di New York, ha trascorso una nottata particolare per il suo tren... More

Trama e personaggi
1 Gabe
2 Fiona
3 Gabe
4 Fiona
5 Gabe
6 Gabe
7 Fiona
8 Gabe
10 Gabe
11 Gabe
12 Gabe
13 Fiona
14 Fiona
15 Gabe
16 Fiona
17 Fiona
18 Fiona
19 Fiona
20 Gabe parte 1
20 Gabe parte 2
21 Fiona
22 Fiona
23 Gabe
24 Gabe
25 Fiona
26 Fiona
27 Gabe
28 Gabe
29 Fiona
30 Fiona
31 Gabe
32 Gabe
33 Gabe
34 Fiona
35 Gabe
36 Fiona
37 Fiona
38 Fiona
39 Fiona
40 Gabe
41 Gabe

9 Fiona

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By AndreeaMBlioju

Capitolo 9

Fiona

«Hii-hoo! Hii-hoo! Hii-hoo!»

«Maledizione, Ciuchino, potresti dormire un po' di più una volta tanto», borbotto tuffando la testa sotto al cuscino. Non so come possa Mary Lo continuare a dormire indisturbata dopo il fragoroso raglio di Ciuchino. Va bene che è sorda e di notte si toglie l'apparecchio acustico, però il verso di Ciuchino farebbe risuscitare persino i morti.

Ma probabilmente, anche se non l'avessi sentito, dubito che avrei dormito ancora a lungo.

Un'altra notte è passata e io sono riuscita a malapena a prendere sonno.

Tutta colpa di quel genio di Seth che ha ben pensato di portare Gabe in giro per i locali dei paesini limitrofi. Sono tornati alle due di notte, entrambi brilli e chiacchieroni. Gabe aveva diverse orme di rossetto rosso sulla faccia, sul collo e sulla camicia e Seth era più sorridente del solito.

Si sono dileguati subito dopo cena, dicendomi che sarebbero andati a fare un giro nei paraggi, ma hanno confessato i loro peccati una volta rincasati. Quando li ho visti in quello stato ero furiosa. E lo sono tutt'ora.

Oh, ma oggi Gabe Coldwell non mi sfuggirà come nei giorni scorsi! Gli darò tanto lavoro da fare che si pentirà di essere nato. Gli farò passare ogni maledetta voglia!

Decisa a mettere in pratica i miei pensieri, vado in bagno e, dopo aver finito, mi vesto ed esco dalla stanza. Come una furia, mi dirigo verso la sua. Red dorme davanti alla porta, ma lo sorpasso con un saltello silenzioso e abbasso la maniglia. L'uscio si apre, permettendomi di avanzare e accendo la luce. Non perdo più tempo ad ammirare il suo corpo, ormai lo conosco a memoria. Gabe dorme con la pancia all'ingiù e non posso fare a meno di notare i graffi sulla sua schiena possente.

«Gabe Coldwell, svegliati!» Afferro un cuscino e glielo tiro in testa, ancora più infuriata di prima.

Oltre il cuore che pompa con irruenza, ho il respiro affannoso e le narici dilatate come quelle di un toro.

«Ma che diavolo...?», borbotta lui, tuttavia senza dar cenno di voler aprire gli occhi.

Gli rifilo un altro colpo con il cuscino, più forte del precedente. Forse la mia reazione è esagerata, ma non riesco a controllarmi.

Sono arrabbiata con lui perché è un ingrato, uno stronzo che mi tratta con sufficienza. Perché mi ha presa in giro e derisa. Perché non ha voglia di fare niente. Perché si comporta come se tutti qui fossimo degli scarafaggi che lo tengono intrappolato in una vita che non vuole.

Perché non è dolce e gentile come lo è nei miei sogni.

«Svegliati, ho detto!», insisto.

«Che problemi hai? Fammi dormire, dannazione!»

«Non posso, tuo padre non mi paga per farti riposare», e gli mollo un altro colpo.

«Mio padre ti paga per torturarmi?», chiede sorpreso, sollevando la testa quanto gli basta per guardarmi. Ha gli occhi stanchi e contornati da due profondissime occhiaie. Resta comunque bellissimo, lo stronzo.

«Cosa pensavi? Che me ne sarei occupata di te gratis?» Lo fulmino con un'occhiata.

In realtà, è da anni che il signor Coldwell versa una donazione sul conto di Mary Lo. Quando, dopo la morte del marito di Mary Lo, ha scoperto che la fattoria versava in grosse difficoltà, Mark non ha esitato di darle una mano. Pensavo che Gabe lo sapesse, ma non è così, e non sarò io a farglielo scoprire.

Lui fa ricadere la testa sul cuscino ed esala un sospiro esageratamente lungo, facendomi innervosire ancora di più.

«Alzati, hai un sacco di cose da fare!», gli prendo a colpi la schiena, proprio su quei graffi che, anche se non dovrebbero, mi danno tanto fastidio.

Gabe si gira all'improvviso e, con uno scatto inaspettato, mi toglie il cuscino dalle mani, mi attira per un polso e mi fa cadere sul letto. Resto per un attimo senza fiato. Si mette su di me, a cavalcioni, intrappolandomi sotto il peso del suo corpo e il mio respiro viene a mancare del tutto. Oh, mio Dio! Porta le mani sopra la mia testa e le tiene strette nella sua presa salda.

Non riesco a non sgranare gli occhi quando avverto la sua erezione mattutina premermi tra le cosce. Non mi muovo. Non respiro neanche. Non mi trovavo in una situazione simile da tempo immemore e avverto una pioggia di spasmi tra le gambe.

«Hai finito di fare la spocchiosa?», mi chiede, respirandomi addosso. Inizia a sfregarsi dal nulla sul punto più morbido di me, offrendomi un sorrisetto compiaciuto.

I capezzoli mi diventano subito turgidi e dolorosi e faccio una gran fatica a controllarmi. Grazie al cielo, indosso due strati di vestiti e lui non si accorge di niente.

«To-togliti», balbetto ansante, dimenandomi dolcemente sotto di lui.

Lo sfregamento tra i nostri corpi mi ruba un gemito rumoroso.

«Potrei farti venire in un istante», dichiara lui, sicuro di sé e del potere che riesce a esercitare su di me.

I suoi occhi non hanno mai abbandonato i miei.

Sbatto le palpebre e ignoro la mia libido che si è messa in ginocchio, come una sgualdrina qualsiasi, a implorarlo di portare a termine ciò che ha appena detto.

«E io potrei farti zoppicare per il resto della tua vita», replico falsamente arcigna. «Ora levati!», gli ordino, ritrovando un po' di autocontrollo, nonostante il mio corpo mi chieda disperatamente di restare proprio dove sono e, se possibile, passare al livello successivo. La mia libido è d'accordo e mi scongiura di strapparmi i vestiti di dosso.

Gabe mi dà ascolto: mi libera dalla sua presa e rotola su un fianco. Appoggia una guancia sul palmo della mano e continua a guardarmi. Ne approfitto del distacco e mi metto in piedi, facendo finta che non sia successo niente, bensì credo sia impossibile farlo. Insomma, ho la pelle invasa dai brividi e sembra che qualcuno mi abbia messo della lava bollente tra le gambe. A disagio, mi grato un punto qualsiasi del collo e non oso incrociare ancora i suoi occhi.

«Ti do dieci minuti per raggiungermi in cucina», lo avverto prima di spalancare la porta.

«Sai fare i pancake?», domanda spavaldo.

Gli lancio un'occhiata tagliente da sopra la spalla. «Sì», rispondo dopodiché gli sbatto la porta in faccia.

🦃🐴🏡🐕🐄

«Devo mungere la mucca?», chiede Gabe, guardandomi come se fossi un alieno.

Non gli ho fatto i pancake e non gli ho preparato neanche la colazione, non sono mica sua madre. Si è arrangiato con quello che ha trovato nel frigorifero mentre io ho mangiato latte e corn flakes, per i fatti miei.

«Esatto», rispondo senza accennare a volerlo aiutare. Gli ho già fatto vedere come si fa, l'ultima vacca spetta a lui.

La mucca in questione si trova nella stanza addita alla mungitura con accanto uno sgabellino, un secchio pieno d'acqua pulita e un altro vuoto per raccogliere il latte.

Sulla soglia, Red ci sta guardando curioso. Credo si sia preso una specie di cotta per il principino newyorchese dato che lo segue ovunque.

«Non può farlo Seth?», aggiunge Gabe, assumendo l'espressione di un cucciolo abbandonato.

Se pensa che mi farà intenerire, può attendere in eterno!

«E toglierti tutto il piacere? Neh... Su, non abbiamo tutto il giorno da perdere. Hai visto come si fa. Ora non ti resta che mettere in pratica le nozioni che sono certa tu abbia appreso con tanta attenzione».

«Ti odio», borbotta passandomi davanti per andare a sedersi sul piccolo sgabello, di fianco alla mucca.

«Mi odierai ancora di più se continuerai a perdere tempo», replico con una spalla appoggiata alla parete di piastrelle.

Ci comportiamo come se non fosse successo niente nella sua camera da letto e molto probabilmente è proprio così per lui; io invece non riesco a togliermi dalla testa tutte le sensazioni che ho provato nell'averlo addosso in quel modo.

Le sue mani sui miei polsi, il peso del suo corpo sul mio, il suo sesso che, esperto, si muoveva tra le mie gambe, sfiorando i punti giusti...

Gabe borbotta qualcosa di incomprensibile, facendomi ritornare con i piedi per terra. Mi schiarisco la gola e lo osservo mentre tira verso di lui il secchio d'acqua e lo mette tra le sue gambe divaricate. Con non poca diffidenza, infila le mani nell'acqua poi cerca le mammelle della mucca per lavarle.

«Sono strane», commenta mentre sciacqua le mammelle con pazienza.

«Che cosa?»

«Le tette della mucca. Mi sembra di toccare una spugna».

«Be', è così che devono essere: morbide e spugnose».

Gabe allunga un braccio e prende uno strofinaccio pulito per asciugare le mammelle una ad una.

Guardare le sue mani non mi è di aiuto perché vorrei che toccasse me in quel modo e non la mucca, ma devo tenere sotto controllo la situazione quindi tiro mentalmente un calcio in faccia alla mia stupida libido, mandandola a dormire, e tento di restare concentrata.

Sono messa male, ne sono consapevole.

«Ora devo massaggiarle, giusto?», mi chiede con titubanza, lanciandomi un'occhiata.

«Esatto. È importante massaggiare delicatamente la mammella prima della mungitura perché aiuterà la produzione di ossitocina, l'ormone prodotto dalla ghiandola pituitaria responsabile del rilassamento dei capezzoli e del flusso del latte. Così facendo è possibile mungere l'intero volume di latte accumulato nella mammella», spiego.

«Ho capito tutto», fa lui, evidentemente sarcastico.

Alzo gli occhi al cielo, ma non mi schioderò da qui se i suoi comportamenti non arrecheranno dei danni alla mucca. Solo in quel caso lo aiuterò, ma se la sta cavando piuttosto bene quindi dubito che accadrà.

La mucca non è infastidita, ho scelto apposta la più mansueta di tutte, e continua a ruminare il fieno mentre Gabe lancia sul tavolo lo strofinaccio.

Sospira prima di iniziare a stringere con due dita una mammella gonfia.

«Cazzo, esce sul serio il latte!», mi guarda esterrefatto, sorridente e fiero di sé, dopo che alcuni schizzi di latte hanno centrato il fondo del secchio.

«Continua», lo sprono incrociando le braccia sul petto.

«Potresti mostrare un po' di entusiasmo».

«Non vedo perché dovrei. Stai mungendo una mucca, non hai scoperto l'acqua calda».

«Ti hanno mai detto di essere una maledetta stronza?», si blocca per guardarmi.

Scuoto il capo. «No, tu sei il primo».

«Be', felice di avertelo fatto scoprire», affila lo sguardo.

«Sei tu che mi porti a diventarlo», faccio spallucce.

«Permettimi di contraddirti: ti viene troppo naturale quindi secondo me sei nata così».

A mettere fine al nostro gioco di sguardi e all'ennesimo battibecco ci pensa Lola che, disturbata da una mosca, inizia a muovere la coda in modo frenetico e colpisce Gabe dritto in faccia.

«Dannazione!», si lamenta portandosi una mano al volto, ma il peggio viene quando la mucca inizia ad agitarsi ancora di più e finisce per tirargli un calcio dritto tra le gambe.

Red inizia ad abbaiare, il secchio si rovescia a terra, spargendo sul pavimento il poco latte che Gabe è riuscito a raccogliere mentre lui si accascia sul pavimento, in posizione fetale, con le mani posate sui gioielli di famiglia.

«Dio mio!», ringhia per il dolore, dondolando su se stesso. Red gli si avvicina e appoggia le zampe sulla sua schiena. Probabilmente sta cercando di dargli conforto in qualche modo.

«Gabe, come stai?», gli chiedo con una smorfia mentre mi sposto in fretta verso Lola, la slego e provo a calmarla.

Lui non mi risponde e io decido di portare via la mucca e correre a prendere del ghiaccio. Chiederò a Seth di finire di mungerla.

Al mio ritorno, trovo Gabe nella stessa posizione in cui l'ho lasciato, però con i pantaloni abbassati e le mani a tastare delicatamente i testicoli attraverso la stoffa dei boxer.

Poverino, quasi quasi mi fa pena!

Red è vicino a lui, seduto in maniera composta, come un guardiano.

«Pensavo mi avessi abbandonato qui!», tuona mettendosi in posizione supina. Solleva le ginocchia e le divarica leggermente. Mi strappa dalle mani una busta di ghiaccio per portarsela velocemente tra le gambe. «Dio, che male! Grazie al cielo, non sembrano danneggiate», parla tra i denti, chiudendo gli occhi.

Lo so che non dovrei farlo e ci provo a restare seria, davvero, ma poi scoppio improvvisamente a ridere.

«Sono felice che le mie palle maciullate ti facciano ridere», mi incenerisce con un'occhiata.

«Sei un disastro, Gabe Coldwell», scuoto la testa. Ha ragione, non è fatto per la vita in campagna.

«Non ti rispondo perché sono un signore», prova a mettersi in piedi, ma dopo un po' ci rinuncia e va ad appoggiare la schiena contro il muro, le mani che reggono il ghiaccio ancora ferme in mezzo alle gambe.

«Quando mi hai chiamato stronza non ti sei fatto tanti problemi. Il karma esiste», gli faccio notare quasi compiaciuta.

«Il karma un cazzo! Dovreste abbattere tutti gli animali in questa fattoria, sono dei possibili assassini».

«Esagerato! Hai bisogno di una mano?», chiede la crocerossina che è in me.

«Vorresti reggermi tu il ghiaccio?», inarca un sopracciglio.

«Per andare via di qui, cretino!», roteo gli occhi, ma la mia libido si mette sugli attenti e sta prendendo in considerazione la sua richiesta. «Dovresti farti vedere da un dottore. Insomma, so che quella zona è... molto sensibile per voi uomini», dico diventando seria.

«Perché? Esistono dei dottori da queste parti?»

«Certo che sì. Non sei finito su Marte», gli ripeto per l'ennesima volta.

«Forse sarebbe stato meglio. Non avrei rischiato di morire almeno due volte al giorno. E grazie per l'aiuto che mi darai per arrivare in camera mia», allunga una mano verso di me.

Io, dopo un attimo di tentennamento, gliela afferro ma, con tutta la buona volontà del mondo, non riesco a tirarlo su. Peserà trenta chili in più di me. Dopo un po' riesce a mettersi in piedi, con i jeans che gli pendono oltre il sedere.

«Meno male che ci sono io», mi vanto bensì abbia fatto tutto da solo.

«Certo. Se non ci fossi bisognerebbe inventarti, guarda!», esclama beffardo.

Gabe mi appoggia un braccio sulle spalle mentre con l'altra mano continua a tenere il ghiaccio tra le gambe. Io provo a sorreggerlo come meglio posso, allacciandogli un braccio intorno alla vita. Il suo profumo mi invade l'olfatto e colgo l'occasione per inalare la sua fragranza che tanto mi piace.

«Ti stai prendendo gioco di quella che in questo momento è diventata la tua terza gamba. Fossi in te sarei più carino», gli faccio notare mentre ci incamminiamo verso la cascina che dista a una cinquantina di metri da noi, con Red che ci segue e ci guarda a vista. Per fortuna, le altre case sono lontane, giù in paese, e nessuno può assistere al nostro lento spostamento reso goffo da Gabe, dalle sue gambe divaricate e dai jeans scivolati sulle sue cosce solide.

«Vista la tua altezza giusto la mia terza gamba potresti essere», ribatte.

«Ha ha, tra poco rido», commento cercando di mostrarmi infastidita. Non riesco però a reprimere un sorriso e la mia bocca si solleva all'insù.

«Non ti farò mai venire», dice all'improvviso.

Il sorriso mi muore sulle labbra.

Ho capito bene?

«Cosa?!»

«Probabilmente zoppicherò per tutta la vita», aggiunge.

«Continuo a non capire», mi acciglio chiedendomi se la botta nelle parti basse non gli abbia recato in qualche modo anche dei danni celebrali.

«Prima ti ho detto che avrei potuto farti venire in un istante e tu mi hai risposto che avresti potuto farmi zoppicare per tutta la vita. Ecco, sto zoppicando! Spero tu sia contenta, ora».

«Be', non è proprio così... Tu avresti fatto venire me e io avrei fatto zoppicare te... Siccome l'orgasmo non mi ha neanche sfiorata direi che non c'entro assolutamente niente con la tua andatura claudicante».

«Sai cos'è un orgasmo?» Non capisco se la sua domanda sia seria o se si stia prendendo, ancora una volta, gioco di me.

«Certo che lo so. Per chi mi hai presa?»

Anche se le volte che l'ho provato non sono tante, ma sto attenta a non dirglielo. L'unico ragazzo che me l'ha fatto conoscere si è rivelato a essere uno stronzo senza cuore.

«Per una che non ha idea di com'è avere un vero orgasmo».

«Allora penso che morirò senza scoprirlo visto che tu, che sei il re degli orgasmi, non mi farai mai venire».

La mia doveva essere una battuta, ma le parole che ho appena espresso ci ha ammutoliti entrambi.

Nel frattempo, siamo arrivati davanti ai gradini del porticato.

A salvarmi dall'imbarazzo ci pensa Seth che non appena ci vede si offre ad aiutare Gabe ad arrivare nella sua stanza. Li guardo sparire insieme a Red oltre la soglia e rilascio un lungo sospiro.

Scuoto la testa e, sconsolata, vado a pulire la stalla pur di non pensare a Gabe e ai maledetti e strabilianti orgasmi che, sono certa, sarebbe in grado di regalarmi se solo mi considerasse degna di lui.

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