Scrivere è terapeutico

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LEILA

Alla fine, la cena con mia zia è saltata a causa di un suo impegno al lavoro e oggi dopo aver confessato tutto a nonna sono arrivata alla conclusione che forse è meglio se non le diciamo nulla. Mia zia è una di quelle persone che parla tanto e io non voglio che si lasci sfuggire un argomento come questo.

Perla è uscita da poco e senza preavviso mi ha raggiunto Jack.

"Ora possiamo parlare o te ne starai tutto il tempo al computer?" Sposto lo sguardo dal pc a lui e noto che mi sta osservando attentamente.

Mentre Jack si preparava, mi sono messa sul divano e ho preso il portatile, ho aperto word e ho iniziato a scrivere qualcosina.  Scrivere nel corso degli anni è diventato per me un faro nel buio, un rifugio sicuro in un periodo di grande dolore e confusione. Dopo la perdita di Andrea, mi sono ritrovato immerso in un silenzio assordante, incapace di esprimere il mio dolore a parole. Non volevo parlare con nessuno, non volevo che le parole uscissero dalla mia bocca e diventassero realtà. E così ho preso carta e penna. Ho iniziato a scrivere, a riversare su quelle pagine bianche tutto il mio dolore, la mia rabbia, la mia tristezza. Le parole scritte, a differenza di quelle pronunciate, sembravano meno definitive, meno reali. Eppure, erano lì, nere su bianco, a testimoniare il mio stato d'animo. Man mano che scrivevo, ho iniziato a sentire un senso di sollievo. Era come se ogni parola scritta mi alleggerisse di un piccolo peso, come se ogni frase fosse un passo avanti nel mio percorso di elaborazione del lutto. Ho capito che scrivere era il mio modo di sfogarmi, di esprimere ciò che non riuscivo a dire ad alta voce.  Non l'ho più preso in mano, stasera non so cosa mi sia successo, so solo che sono ispirata.

"Scusa. Sono in cerca del nuovo lavoro e mi sono presa bene nel cercare annunci. Di cosa vorresti parlarmi?"

"Ti scoccia così tanto ascoltarmi un attimo?" Mi dice.

Si avvicina a me e chiude il portatile.

"Non sono scocciata ... Voglio ... Voglio ascoltarti, hai tutta la mia attenzione", gli dico.

"Lè, mi hai appena sbuffato in faccia", mi fa notare. "Mi fai capire che tu non vuoi che resti qui con te", continua a dirmi.

"Non è che non voglio averti qui, solo che sono stanca di starmene con le mani in mano", confesso.

"E posso capirti, però, se vogliamo fare andare bene le cose dobbiamo anche comunicare tra di noi. Non trovi?" Ha terribilmente ragione.

Prendo il suo viso tra le mani e mi guarda, come se stesse cercando di capire la mia prossima mossa. "Hai ragione, però non sono abituata a dire tutto a qualcuno che non sia Perla", gli dico.

"Devo solo abituarmi a questa nuova situazione e a noi, in fondo ci frequentiamo da pochi mesi. Ho bisogno di tempo e per ora non vado da nessuna parte." Mi alzo dal divano e mi siedo in braccio a lui.

"Ma dove hai intenzione di andare?" E ride, ha capito che ero ironica e poi inizia a farmi il solletico.

Mi incastra tra lui e il divano. Mi prende per i polsi, e mentre io cerco di liberarmi dalla sua presa, lo sento per la prima volta ridere di gusto.

Credo che la sua risata sia appena diventata la colonna sonora della mia vita.

"Tutto okay?" Mi domanda.

Appoggia il gomito al cuscino per essere più comodo la sua mano destra mi accarezza il viso e mentre il suo tocco mi rilassa, chiudo gli occhi, ma poco dopo torno alla realtà.

La mia mano si unisce alla sua e inizio a giocare con le sue dita.

"Comunque ti stavo dicendo una cosa, prima che mi saltassi addosso..."

"Prego signorina, continui pure", mi dice tornando ad essere serio. "Fino a qualche tempo non avevo voglia di vivere, la mia vita quotidiana era monotona. Casa, ospedale, casa. Non uscivo a fare merenda o a fare delle semplici passeggiate. Da quando ci sei tu è tutto diverso e si, so che sono complicata da gestire, per questo ti dico che devi avere molta pazienza, ma di una cosa sono certa Jack, voglio rinascere, voglio tornare ad assaporare la vita, voglio ridere, scherzare, fare delle fughe, voglio tornare a viaggiare, magari con te, ma soprattutto lo voglio fare per me stessa. Ed è grazie a te che ora sto provando a vivere il presente lasciando indietro il passato. So che ci sei tu al mio fianco e questo mi basta, ma non prendermi in giro mai. Non ti perdonerò."

I suoi occhi sono lucidi. La sua mano torna ad accarezzarmi il viso, il suo sguardo è fisso nel mio. Si avvicina piano a me e poi ci baciamo intensamente, meglio della prima volta.

"Sei la persona che in questo periodo non mi ha fatto pensare a nulla. Ed è strano perché in fondo, come dici tu ci conosciamo da poco, ma cosa posso farci se in poco tempo, mi hai rubato il cuore?" Porta la mia mano sul mio petto.

"Lo stesso cuore che mesi fa è stato ferito e tagliato a metà da una persona che credevo fosse diventata la donna della mia vita. Sono venuto qui per distrarmi e ti ho trovata per caso. Ciò che avrei voluto dirti oggi, è che tu mi stai facendo tornare delle idee per la prossima fiction."

"Dici davvero?" Gli domando mentre si sdraia accanto a me.

"certo che sì."

"E posso sapere a cosa ti sei ispirato?" Chiedo.

"Ti dico solo che il risotto è stato molto d'aiuto."

"Non mi dirai altro, vero?" Domando.

"Proprio così." Si cuce le labbra. "Però..."

"Cosa?"

"Potresti saperne di più se venissi a lavorare e a scrivere con me e per me."

"Cosa mi stai dicendo Jack?"

"Lè, ti sto offrendo un lavoro."

Rimango di sasso, ferma, immobile a pensare a ciò che mi ha appena proposto.



JACK

"Lè, ci sei? Mi farebbe piacere sapere che cosa ne pensi. Perla mi ha detto che scrivi e mi sembrava una buona idea. Poi se vuoi anche trovare qualcosa da infermiera, va bene. Però sai io, comunque, devo trovare qualcuno."

"Sono lusingata, però non vorrei dipendere da te", apprezzo la sua sincerità.

"In realtà sarà la mia agenzia a pagarti, non io direttamente."

"Quanto tempo ho per pensarci?" Mi domanda.

"Non c'è un tempo stabilito perché io ancora non ho le idee ben chiare, ma ho delle parole chiavi che potrebbero esserti utile per tirare fuori una trama per me."

"Inutile che ci sto a pensare troppo, di dico di sì per questa fiction mentre io cerco altro. Ok?"

"Mi sta bene. Da quando scrivi?" Chiedo.

"Scrivo da quando mio fratello non c'è più. Poi non so. . . Ho smesso  quindi, ti avviso ... Sono un po' fuori allenamento con la scrittura, ma cercherò di non deluderti", mi risponde.

"Prima di assumerti devo verificare che tu scriva bene!" Le dico con un tono scherzoso.

"Non ti farò leggere le mie storie, Jack" Mi anticipa, lei.

"Perché no?" Chiedo.

"Perché sono storie solo mie, ma posso improvvisare qualcosa se vuoi mettermi alla prova."

"Va bene, ci penso."

Sono euforico perché ha accettato, l'abbraccio e la tengo stretta a me finchè i nostri respiri diventano solo uno. Dopo pochi lei si addormenta tra le mie braccia.

"Cosa mi stai facendo, Lè?" Le sussurro.

Nessuna è come teWhere stories live. Discover now