XLVI

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Stavo accompagnando Jungkook all'aeroporto, ormai tutti sapevano che eravamo fidanzati, non c'era più motivo di nascondersi.

Lo aveva fatto anche per me, più volte gli avevo detto che non sarei riuscita ad essere un fantasma nella sua vita e lui mi aveva accontentata. Quella stessa mattina aveva ricevuto una chiamata dal manager e anche se mi aveva detto che andava tutto bene, sapevo per certo che non era così. Oramai avevo capito le dinamiche delle agenzie di intrattenimento e sapevo benissimo che uno scandalo di questo tipo non avrebbe fatto bene all'immagine di Jungkook e della Big Hit stessa.

Lynda, che era molto più attiva di me sui social, mi aveva già avvisata di cosa stesse succedendo all'interno del fandom degli Army. Se poche erano contente per lui, la maggior parte si sentiva "tradita" e indignata.

Come aveva osato Jeon Jungkook dedicare quella canzone a me piuttosto che alle fan? Come si era permesso di concedersi il privilegio di amare un'altra persona?

Era davvero difficile comprendere le loro reazioni, più che fan mi sembravano delle invasate mentali.

Il tragitto verso l'aeroporto trascorse in silenzio e Jungkook accarezzò tutto il tempo la mia mano. Guardava fuori dal finestrino forse per nascondere la tristezza nei suoi occhi o forse per non mostrarsi troppo debole a me.

In ogni caso era davvero dolce e non perdeva occasione per dimostrarmi quanto mi amasse.

Una volta arrivati, i minivan dei ragazzi erano già stati accerchiati dai fotografi e dai giornalisti. Era arrivato il momento di salutarci definitivamente... quel momento che avevamo cercato in tutti i modi di evitare nelle settimane precedenti.

Ciò che ci faceva stare più male era non sapere con certezza quando ci saremmo rivisti, ma io ero fiduciosa. Jungkook non ne sapeva niente perché doveva essere una sorpresa, ma dopo la mia laurea avevo intenzione di traferirmi definitivamente a Seoul, a prescindere dal nostro rapporto quella città mi era rimasta nel cuore ed era la mia intenzione fin dall'inizio.

Lynda sapeva ogni cosa e il giorno precedente mi aveva accompagnata all'ambasciata coreana per richiedere il permesso di soggiorno. Fin quando non mi sarebbe stato concesso e non avessi avuto una data precisa, non avrei detto nulla a Jungkook.

«Fai la brava e chiamami» mi disse abbracciandomi.

«Tu non fare troppo il figo con le tue fan per favore» dissi, facendolo ridere.

Mi diede un bacio sulle labbra e poi disse a Yongho di aprire lo sportello. Vederlo andare via mi provocò una fitta al cuore che mi rese impossibile trattenere le lacrime. Mentre prendeva il suo bagaglio, intravide la mia espressione e si fiondò subito all'interno del minivan per darmi un ultimo abbraccio.

«Non piangere ti prego, ti prometto che ci vedremo presto» mi baciò per l'ultima volta e poi fu costretto ad andare.

Yongho mi avrebbe riaccompagnata a casa, prima di partire anche lui insieme agli altri autisti.

I primi giorni senza di lui furono strazianti, mi mancava e non sapevo come farmela passare. Non saprei esattamente spiegare le emozioni che provavo in quel momento, era come se mi fosse stata strappata via una parte di me, sentivo una sensazione di vuoto indescrivibile.

Jungkook mi chiamava spesso durante la giornata, anche ad orari che per lui dovevano essere abbastanza indecenti, solo per sentire la mia voce e sapere come stessi. Mi continuava a ripetere che presto ci saremmo rivisti e quella era la speranza che riusciva a farmi andare avanti.

Nel frattempo anche Lynda era dovuta ripartire e mi mancava da morire pure lei, ma entrambe sapevamo che mancava poco e ci saremmo potute vedere praticamente sempre.

Double Life - Jeon JungkookWhere stories live. Discover now