十一 Casa •

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I due umani si svegliarono tardi in giornata. Ad aspettarli svegli c'era Shiro Era in persona. Non voleva disturbare il loro riposo, così aspettò in silenzio che il loro risveglio accadesse naturalmente, coincidenza fu che si svegliarono a distanza di pochi minuti uno dall'altro.

Non ebbero nemmeno il tempo di ricongiungersi dopo la sana dormita che il Robotsu li aveva già disturbati con la sua presenza.

«Ben svegliati. Visto che non conoscete la Città Sacra, vi farò io da guida. Vi porterò a vedere luoghi interessanti e scoprirete quanto i Robotsu siano stati utili in passato agli umani.»

«Intendi prima che si ribellassero per tuo ordine diretto?» chiese Joji stiracchiandosi i muscoli indolenziti. Shiro Era sorrise a quella domanda.

«Di questo argomento parleremo più tardi.» fu la sua risposta, che vera risposta non era.

Quando vide i due umani dirigersi verso la cucina, si intromise tra di loro con fare amichevole, Nena si nascose dietro a Joji, il quale si era già irrigidito, ma Shiro Era non voleva attaccarli e lo rassicurò immediatamente sulla natura delle sue intenzioni.

«Se mi permettete, vorrei cucinare per voi. Le mie conoscenze sono talmente vaste da comprendere anche ricette culinarie. Desidero che voi assaggiate il meglio di quello che i vostri antenati ebbero l'onore di gustare.»

Quella spiegazione era veramente bizzarra. Joji e Nena si limitarono ad annuire e Shiro Era prese l'iniziativa senza chiedere ulteriori permessi.

«Io e Joji andremo a scegliere dei nuovi abiti, quelli che avevamo sono praticamente distrutti...» Joji dette retta a Nena e lentamente si allontanarono dalla cucina. Shiro Era annuì alle loro parole e continuò a cucinare il loro pasto.

Quando furono nella zona guardaroba, Nena guardò Joji con occhi sorpresi, aspettando una spiegazione da lui sul perché di quel comportamento da parte di Shiro Era. Lui si comportò come se non sapesse cosa dire, rimase senza parole, esattamente come lei.

«È sicuro mangiare se lui cucina?» chiese lei.

«Non lo so, non credo sia pericoloso, ma...» Nena lo interruppe.

«Certo che è strano. Sembra voglia essere nostro amico.»

«No! Non vuole essere nostro amico, vuole la nostra fiducia.» rispose lui, un po' seccato dalle parole di Nena.

«E noi non dobbiamo dargliela?» chiese lei e Joji rimase colpito dal fatto che quella domanda fosse stata formulata.

«Certo che no! È un Robotsu! Il capo dei Robotsu!» Nena si sentì rimproverata e si sentì in colpa di aver solo avuto quel dubbio, ma era stata un'azione spontanea. Ci rifletté brevemente e capì perché fosse accaduto. A differenza di Joji, lei non odiava i Robotsu; aveva vissuto la maggior della sua vita cresciuta da uno. Accettò che Joji fosse di un parere differente, ma non poteva costringersi a pensare come lui, anche se lui voleva fosse così.

Joji stava scegliendo i suoi abiti solo in base alla loro funzionalità, ma Nena voleva farlo in base al solo gusto estetico.

Finì di vestirsi prima di lui perché non doveva fare una ricerca approfondita sui materiali e sulla resistenza degli abiti. Quando Joji la vide, rimase colpito dal suo aspetto, ma anche interdetto.

Nena aveva scelto una maglietta a maniche corte stretta, a collo alto, ma corta in vita, di colore giallo, a strisce orizzontali bianche. Sulla parte bassa del corpo indossava una gonna dal taglio studentesco, corta e bianca, e calzini alti fino al ginocchio, anch'essi bianchi. Le scarpe marroni che aveva scelto avevano la suola alta e il tacco, ma non erano scomode perché tra le due parti la differenza di altezza era poca. Aveva trovato un giaccone beige abbastanza lungo per completare l'abbigliamento, e i capelli li aveva acconciati in due code basse e ricciolute.

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