十 Robotsu •

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Il viaggio verso la Città Sacra fu lungo, pesante e silenzioso.

Joji e Nena non volevano trovarsi in quella situazione, ma non poterono trattenersi dal ammirare con curiosità il panorama che si stava espandendo alla loro vista.

La notte era profonda, il cielo scuro e senza stelle, la Luna sembrava piccola e flebile in confronto alla luce proveniente dai palazzi della Città Sacra.

La luce della città aveva offuscato la luce naturale della notte; aveva rubato il fascino della natura e l'aveva reso artificiale.

Palazzi, torri, strade e quartieri sembravano emanare energia, movimento e vita.

Ma non c'era vita nella Città Sacra. Era tutta una falsa. E gli umani non dovettero aspettare molto per scoprirlo.

Appena la vettura trovò una strada priva di traffico, planò con cura si di essa e da lì il viaggio continuò sulla terraferma.

Joji e Nena non smisero di guardare il panorama: le strade erano piene di Robotsu di ogni tipo, dal più quadrato e semplice, al più complesso e umanoide. Ognuno di loro era indaffarato con qualcosa.

C'era chi costruiva, chi puliva, chi metteva in ordine, chi intratteneva addirittura. Ma non c'erano umani a usufruire di tutti quei servizi, a godere di quelle strade pulite, a vivere in quelle case ordinate, a guardare con interesse i strani e particolari spettacoli.

Le luci artificiali coloravano la città di mille sfumature, e in tutto piccole oasi naturali facevano da ottimo contrasto alla opprimente tecnologia ancora in funzione (ma senza ragione di esserlo).

La Città Sacra ospitava probabilmente tutti i Robotsu di servizio umano che si erano salvati alle guerre del passato. Tra di loro erano attivi anche Robotsu da guerra, e alcuni Robotsu con sistemi logici superiori alla norma, come Akari, SaruKi e Shiro Era.

I Robotsu erano vari quanto le necessità umane, e loro le capacità di calcolo non erano di meno. Quello che rendeva tutte quelle macchine dei Robotsu era la combinazione di un sistema logico centrale capace di scelte e memorizzazione e il motore ad energia continua che utilizzavano per rimanere attivi.

Quello che i due umani videro era affascinante. Paradossalmente, nonostante il grande progresso tecnologico dei loro tempi, erano stati a contatto la maggior parte della loro vita con la natura; un luogo del genere era loro estraneo, a tratti minaccioso, ma affascinante non di meno.

Ogni angolo della città era pieno di scritte luminose che Nena poteva leggere, anche se con difficoltà. L'estetica di alcune immagini e di alcuni luoghi li metteva a disagio, era un mondo alieno alla natura; entrambi gli umani lo sentirono come opposto a essa.

La Città Sacra era composta da forme geometriche lineari e simmetriche, da costruzioni di cemento, metallo, vetro, plastica... tinte blu, indaco, viola, rosa, rosse, bianche, grigie e nere coloravano la maggior parte delle strutture, a volte minimaliste, a volte complesse, ma pur sempre artificiali.

La natura invece non aveva forme precise, era dettagliata nella sua bellezza vitale, così come nella sua conquista sulle tecnologie del passato. Ogni albero, foglia, insetto, animale e terreno era unico. Ogni groviglio attorno a macchinari arrugginiti e palazzi decadenti era cresciuto in una maniera a sé. Tutte le tinte di verde e marrone possibili in natura coloravano interi paesaggi, a tutto questo si aggiungeva il cielo celeste e bianco (o grigio) durante la giornata, e un manto scuro e stellato la notte. La notte della natura era abbastanza meravigliosa da rendere una vita degna di essere vissuta. Qualche punta di colore vivace anche la natura l'aveva, con i suoi fiori e i suoi frutti.

Un'altra importante differenza era tra gli odori e i rumori. Piacevoli o fastidiosi, in entrambi i casi erano differenti. Quello che si sentiva e annusava in natura, non si sentiva e annusava nella Città Sacra, e viceversa.

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