七 Traditori •

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In una delle stanze private dell'imperatore Kin Kote un silenzio insopportabile si era instaurato tra i presenti.

Matsumoto Rift e Hiroshi Gen non si muovevano dalla loro posizione seduta, guardavano entrambi fissi il pavimento, come se guardare altrove fosse un segno di grande mancanza di rispetto.

Kin Kote li osservava in silenzio, stava provando con tutte le sue forze a rimanere calmo, anche se avrebbe voluto dare sfogo a tutta la rabbia che l'offesa dell'umano Joji gli aveva arrecato.

«Ora voi mi dovete spiegare come sia stato possibile che un umano, da solo, circondato da soldati e guardie, sia riuscito a fuggire percorrendo luoghi e strade che non aveva mai visto prima. Tutto questo è ridicolo! Ridicolo! Mi dovete spiegare, come uno stupido misero umano, pezzo di carne e ossa, sia stato capace di distruggere una delle mie armi più pericolose! Come? COME?!»

L'imperatore aveva perso la calma, la sua furia fece effetto sui due presenti al suo cospetto. Anche il generale Gen si scaldò d'animo, il mastro meccanico rimase immobile e in silenzio.

«Mio signore, qualcuno deve averlo aiutato, non c'è altra spiegazione» furono le parole animate del generale Gen. Kin Kote rise, una risata quasi isterica.

«E chi mai nel mio impero vorrebbe aiutare un umano?! Questa storia è ridicola! Ridicola...»

Il generale Gen si alzò in piedi, Kin Kote lo osservò con attenzione. Hiroshi si girò verso Matsumoto e lo indicò.

«Chi cercate è lui, mio signore. Il mastro meccanico ha aiutato l'umano a fuggire.» Kin Kote sembrava così sorpreso da tale affermazione che vacillò leggermente nel sentirla. Era difficile credere a qualcosa del genere.

«Mastro meccanico, voglio che ti spieghi, subito! Perché mai qualcuno è arrivato a incolparti di tale azione?»

Matsumoto non sapeva come rispondere, rimase in silenzio, a fissare il pavimento. Kin Kote iniziò a girargli intorno, sempre più arrabbiato.

«Generale Gen, spiegati. Subito» ordinò fra i denti.

«Mio signore, ho semplicemente dedotto con logica quello che sia potuto accadere. Durante la sua prigionia, l'umano ha passato la maggior parte del suo tempo con il mastro meccanico, e quest'ultimo è l'unico Saibo ad avere accesso alle tecnologie e alle informazioni necessarie per permettere a qualcuno di fuggire dalla città. È così evidente, mio signore, che non vedo nemmeno necessità di cercare delle prove per accertarci che sia così. È l'unica spiegazione plausibile.»

Kin Kote non aveva perso la sua espressione incredula.

«Perché mai? Perché? Non ha senso.»

«Lo chieda a lui, mio signore.»

Kin Kote si avvicinò a Matsumoto. Si guardarono intensamente.

«Parla adesso o mai più.»

Matsumoto non distolse lo sguardo dall'imperatore.

«Non avrei mai potuto permettere che l'ultimo umano morisse.»

Kin Kote strinse i pugni.

«Hai disobbedito ai miei ordini. Hai ignorato la mia volontà. Come ti sei permesso?»

«Mio signore. Ci sono questioni di importanza superiore.»

Fu la risposta sincera del mastro meccanico.

«Per te non c'è questione più importante del mio volere. Il mio volere è la tua prima e unica prerogativa. È la tua unica morale! Quel che hai fatto è imperdonabile.»

«Si sbaglia. E anche io mi sbagliavo.»

Kin Kote non riuscì più a trattenersi. La sua mano destra artificiale si trasformò in una spada. Attaccò il mastro meccanico con violenza e furia omicida. Quest'ultimo provò a difendersi, così che l'imperatore colpì prima gli arti artificiali che meno gli servivano, ma l'imperatore non si fermava, e tra scintille e rumori, pezzo per pezzo il mastro meccanico si stava frantumando. Aveva appena attaccato la sua gola artificiale, distruggendo le sue corde vocali, ma non potè ucciderlo definitivamente perché il generale Gen si intromise. I due non si sfidarono, ma Hiroshi ci mise un po' per fermare Kin Kote.

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