七 Traditori • • •

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Anche se era impossibile ignorare che Akari fosse un Robotsu, i suoi ragionamenti erano talmente complessi, così come la sua comprensione dell'intelletto umano e di quello di chi aveva accanto, che ci si scordava facilmente di parlare con una macchina. Era dotata delle stesse tecnologie per il riconoscimento e la riproduzione emotiva di cui era dotato SaruKi, forse quelli di quest'ultimo erano un po' più sofisticati, ma quelli di Akari erano più che sufficienti per svolgere il ruolo per cui era stato creato.

Hiroshi Gen si avvicinò minaccioso e serio ad Akari, anche se il Robotsu, data la sua estetica, era più minuto del generale, non aveva motivo di sentirsi minacciato. Se avessero confrontato le loro forze sarebbero stati sicuramente alla pari, anche se Gen aveva il timore che Akari si sarebbe potuto rivelare leggermente più potente, ma non avevano mai combattuto uno contro l'altro sul campo di battaglia, quindi rimaneva comunque un mistero.

«Non mi fido ciecamente di voi, come mi assicuri che manterrai la promessa fatta?»

Akari non rispose immediatamente, cambiò posizione e i suoi capelli olografici divennero uno schermo. Mostrò a Hiroshi Gen un corpo artificiale simile al suo, ma maschile, i quali componenti avevano tinte bluastre e celestine. Poi l'immagine si concentrò sulla parte dietro della testa artificiale: il vetro lasciava trasparire una costruzione elaborata e artificiale di un componente che ricordava il cervello, ma invece che materia grigia, era costituito da silicone celeste.

«Il tuo nuovo corpo è pronto. Consegna a noi la ragazza, e se solo se puoi, parti insieme a noi per Tokyo, e il tuo desiderio sarà esaudito. Però non fare mosse azzardate: abbiamo bisogno che l'imperatore si fidi di te e del tuo giudizio, altrimenti, quando arriverà il momento dell'attacco finale e decisivo, chi porterà i Saibo alla sconfitta, se non tu?»

Il generale Gen lo sapeva che la fiducia dell'imperatore era estremamente importante per la vittoria finale dei Robotsu, ma anche per il raggiungimento del suo più grande sogno: quella che per lui era vita eterna.

Quel corpo artificiale, quella macchina sofisticata costruita dai Robotsu, era la tecnologia che teoricamente gli avrebbe permesso di trasportare la sua coscienza da un cervello di carne in uno artificiale. Questo era quello che gli era stato promesso per il suo tradimento, e lui aveva accettato.

"Nemmeno il più Saibo dei Saibo ha perso completamente la sua umanità. Solo quella parte di lui poteva dare vita a un desiderio tanto ossessivo quanto irrazionale" calcolò tra sé e sé Akari con gli occhi fissi su Gen.

«Davvero funziona?» chiese il generale con desiderio nella voce.

«Certamente. Abbiamo provato la tecnologia su uno dei prigionieri Saibo che avevamo catturato. Solo che l'esperimento non aveva un corpo bello e potente come il tuo, e nemmeno diritto a continuare a vivere nella sua nuova forma. Così lo abbiamo eliminato, ma abbiamo anche appurato che è possibile trasportare un'intera coscienza umana in un corpo artificiale.»

«Anche il mastro meccanico ci aveva provato, ma non ci era riuscito. Ma voi ce l'avete fatta sul serio. Ce l'avete fatta...»

«Sì.»

Quella parte irrazionale e passionale di Hiroshi Gen gli aveva talmente tanto offuscato la ragione che non poteva immaginare che Akari potesse benissimo mentire senza però farlo realmente. Se il mastro meccanico fosse stato lì, avrebbe spiegato a Hiroshi Gen che anche se l'esperimento era andato a buon fine, un Robotsu non sarebbe mai stato in grado di riconoscere una vera coscienza originariamente naturale da una copia artificiale. Solo l'occhio di qualcuno che conosceva l'umanità, poteva dire con certezza o meno se quella presente nella macchina fosse una vera coscienza, oppure una copia digitale a bassa definizione di quella che un tempo era una coscienza. Il tempo e lo sguardo di qualcuno di vivo poteva giudicare qualcosa cosciente o meno. Ma al generale bastavano quelle sicurezze come garanzia per fidarsi di Akari. Così decise e agì di conseguenza.

Anche se il suo tradimento era mille volte peggiore di quello del mastro meccanico, Hiroshi Gen non si sentiva con la coscienza sporca.

Il generale era una persona che poneva fede e fiducia solo in se stesso. Tutto quello che fece, che faceva e che avrebbe fatto, era per raggiungere i suoi obiettivi e mantenere lo stile di vita che gli era caro.

La violenza era una parte di sé che non aveva mai combattuto e non aveva mai giudicato come negativa. Il potere e l'autorità erano altrettanto piacevoli per lui, così intraprese la sua carriera da generale senza troppe riflessioni morali. Ovviamente, nonostante questi suoi desideri, non poteva sfuggire ai limiti culturali della sua società, e prendere il posto dell'imperatore non divenne mai un suo obiettivo, perché l'imperatore era una figura divina, la quale genetica possedeva qualcosa che lui non possedeva nel suo sangue. Quindi, dato questo principio, non pensò mai di sorpassare l'imperatore, finché non nacque in lui un'idea che lo avrebbe posto al di sopra e al di fuori della società dei Saibo: diventare un essere eterno.

Quell'idea da sola, sorpassava ogni suo precedente desiderio; il fascino di raggiungere tale eternità aveva su di lui un ascendente che gli aveva fatto perdere la ragione. Era come se tutto il peggio dell'umano che c'era in lui si fosse concentrato in quell'unico obiettivo.

Il generale sognava, sognava in grande e questo sogno avrebbe potuto portare la completa distruzione della società Saibo.

Dopo essersi inchinati per salutarsi, Akari e Gen andarono per le loro strade, sicuri che a breve si sarebbero incrociate di nuovo.

Il giorno seguente l'operazione iniziò alle prime ore dell'alba. Hiroshi Gen salutò il suo imperatore senza avere il minimo rimorso del fatto che lo stesse tradendo. Con addosso i caschi appositi, il gruppo attraversò la Nebbia Rossa.

Silenziosi e mortali, presto avrebbero incontrato gli sfortunati umani.

Quando Joji e Nena si svegliarono quel fatidico giorno non potevano immaginare che quella sarebbe stata molto probabilmente la loro ultima giornata in libertà.

I due umani avevano stretto velocemente un rapporto unico e intenso; condividevano qualcosa di importante e grande per entrambi, quindi separarli sarebbe stato ogni giorno più difficile e impossibile.

La squadra di ricerca li avrebbe raggiunti solo il giorno seguente, e il piano era di coglierli di sorpresa. Gen non sottovalutava più le capacità di Joji; anche se era lui a essere in vantaggio, non voleva offrirgli nemmeno la più piccola possibilità di salvarsi.

JPNWhere stories live. Discover now