Il passo falso - parte II

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Vivere nei panni del proprio animagus l'aveva molto probabilmente salvato dalla pazzia, certamente l'aveva aiutato a tenere a bada la nostalgia, la disperazione, l'odio. La sua controparte canina, infatti, avvertiva tutti quei sentimenti complessi in modo attutito, lasciando respiro solo a quelli che rappresentavano degli istinti basilari.

Ora, tuttavia, avvertiva la propria coscienza umana scalpitare all'interno di quel corpo che non era davvero il suo, e il peso di tutti quei sentimenti che provava in fondo al petto gli rendeva difficile concentrarsi sulla ricerca delle tracce di Arya. Però ne era certo: lei era stata lì, aveva camminato su quel pavimento di legno cigolante, si era seduta a quel tavolino, aveva tenuto tra le mani la Gazzetta del Profeta di quella mattina che giaceva abbandonata sulla superficie del tavolo.

Gli occhi grigi di Felpato si soffermarono per un attimo sull'immagine stampata in prima pagina sul quotidiano. Riconosceva quei volti sorridenti, ma non capiva davvero da dove arrivasse quel moto di rabbia che sentiva montare dentro di sé alla vista di quella foto.

Tornò quindi a concentrarsi su quell'odore familiare che saliva su per le scale, correva lungo il tappeto macchiato e rovinato del corridoio al piano superiore e terminava in uno stanzino senza finestre, assieme ad un altro odore che Felpato non conosceva. Era fastidiosamente forte e probabilmente apparteneva ad un uomo.

-ehi tu, sciò! Via di qui! –

Felpato si voltò con uno scatto, riconoscendo all'istante lo stemma sulla divisa del ragazzo che gli stava intimando di andarsene agitando la bacchetta di fronte a sé come se si aspettasse che l'enorme cane nero potesse attaccarlo da un momento all'altro. La riconobbe perché aveva avuto anche lui una divisa come quella, un'infinità di tempo prima.

Con un movimento fluido e veloce scivolò così via di lì, raggiungendo l'uscita del Paiolo Magico per deviare quindi in un vicolo laterale di Diagon Alley, poi un altro e un altro ancora finché non ebbe raggiunto una stradina buia e senza uscita dove un uomo incappucciato e avvolto in un mantello scuro lo aspettava.

-è stata qui, con un uomo, ma devono essersi smaterializzati dal Paiolo Magico-

-sì, beh, è quello che hanno detto anche gli auror-

Commentò Jonathan, allungando un mantello scuro a Sirius il quale, incapace ormai di tenerla a bada, sentì di dover cedere a quella tensione che andava accumulandosi nel suo petto da quella mattina, da quando come un fulmine a ciel sereno Jonathan Blackburn era piombato al numero dodici di Grimmauld Place per comunicare ciò che era successo poche ore prima al Paiolo Magico: il corpo privo di vita del barista, quell'uomo che era stato scambiato per Sirius, l'arrivo di un'allegra combriccola di maghi oscuri, l'articolo sulla Gazzetta del Profeta di cui Sirius non era stato informato. La sparizione di Arya.

-allora potresti sforzarti di farti venire almeno una fottuta idea su dove potrebbe essere andato a nascondersi il tuo amico! –

Sbottò quindi, mentre immagini più o meno orribili gli scorrevano davanti agli occhi veloci come una serie di fotogrammi.

-Bruce non è mio amico, non lo è più da molto tempo ormai-

Puntualizzò Jonathan, ma Sirius ne aveva abbastanza delle farneticazioni di quel idiota buono a nulla.

-non me ne frega un cazzo di chi è lui per te! Io devo trovare mia moglie! –

Gli urlò contro Sirius, afferrando la stoffa del mantello di Jonathan che senza opporre alcuna resistenza si lasciò strattonare fino al solido muro alle proprie spalle. Fu allora che Sirius si rese conto di odiare quell'uomo tanto quanto odiava sé stesso. Non erano stati capaci di proteggerla, nessuno dei due, sebbene entrambi avessero avuto la pretesa di amarla.

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