L'oscurità che c'è in me

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10 gennaio 1977, binario 9 e ¾

Erano passate poco meno di due settimane da quando era tornata a Londra per le vacanze di Natale eppure ad Arya sembrava passata una vita intera, si guardava attorno sul binario 9 e 3/4 e tutto le appariva così lontano che per un istante fu tentata di voltare le spalle al treno scarlatto, che con una serie di sbuffi stanchi annunciava l'imminente partenza, e andarsene via da quella banchina che brulicava di ragazzi e ragazze la cui unica preoccupazione era quella di dover passare notti insonni a preparare i propri G.U.F.O. o a compilare infinite pergamene per i compiti di pozioni e storia della magia, tutte cose che ad Arya ora apparivano più superflue che mai.

"non devi avere paura di quello che sei, devi solo esserne consapevole Arya"

Ripensò a quelle parole che suo padre le aveva detto il giorno precedente mentre se ne stavano seduti sul vecchio muretto a secco osservavano le onde frangersi contro le infinite scogliere della Scozia, appena qualche minuto dopo che una lettera mezza ammuffita ebbe cambiato la vita di Arya per sempre.

Chiuse gli occhi e si ripeté ancora e ancora quelle parole, mentre qualcuno sollecitava gli ultimi studenti perché salissero sul treno che si apprestava a partire, si sforzò di guardare dentro di sé e di capire chi fosse davvero, eppure tutto le appariva confuso ed oscuro, e per quanto Arya lo desiderasse si rese improvvisamente conto di non poter fuggire né da quel binario, né tanto meno da sé stessa.

Si ritrovò quindi schiacciata in uno dei vagoni dell'Hogwarts express, mentre una lunga fila di ragazzini le passava accanto buttando l'occhio nei vari scompartimenti alla ricerca degli ultimi posti liberi, costringendola ad appiattirsi a margine dello stretto corridoio, e tutte quelle risate, quelle urla e quei sorrisi divennero dei suoni confusi che vorticavano da qualche parte lontano da lei.

"io sono come lui"

Quelle parole le rimbalzarono in testa ed Arya dovette appoggiarsi con tutto il suo peso contro la parete dietro di sé, aggrappandosi alla tappezzeria colorata per non scivolare inesorabilmente in quel baratro che quella lettera, quelle antiche parole avevano creato in lei.

Alzò lo sguardo oltre le teste che scorrevano come un fiume in piena davanti a lei, vide Londra allontanarsi e per la prima volta nella sua vita ebbe paura. Una paura reale e forte, che le serrava il petto e la stringeva nella sua morsa togliendole pian piano il fiato. Arya Ellis-Miller aveva paura di ciò che sarebbe successo da quel momento in poi, aveva paura di quelle parole scritte con un inchiostro così scuro ed indelebile che nemmeno il tempo era riuscito a cancellare e soprattutto aveva paura che quella lettera l'avrebbe resa qualcosa che non voleva essere, che l'avrebbe fatta diventare come lui, come Tom Riddle.

Si riscosse solo quando qualcosa sfiorò la sua spalla, facendola sobbalzare e rischiando di farle perdere l'equilibrio già precario. Spostò quindi lo sguardo accanto a sé, appena in tempo per vedere il sorriso di Sirius spegnersi davanti ai suoi occhi, lasciando il posto ad un'espressione confusa e preoccupata.

La paura paralizzante di poco prima sfumò pian piano, assieme al resto dei suoi pensieri nella sua mente, mentre Arya si sforzava di produrre un sorriso che sembrasse almeno lontanamente convincente

-ehi, mi hai spaventata-

Gli disse, accorgendosi però di quanto suonasse falso quel tono amichevole e quasi divertito uscito dalle sue labbra quando lo sguardo di Sirius si fece ancora più cupo

-Arya, che succede? - 

-niente, cosa dovrebbe succedere? Ero distratta e mi hai presa alla sprovvista, tutto qui-

Disse quindi, ricomponendosi ed alzando le spalle proprio come avrebbe fatto se fosse stato davvero tutto normale. Sirius però rimase qualche istante ancora a fissarla, sostava davanti a lei studiandola come se potesse leggere nei suoi occhi ciò che non andava ed Arya da parte sua sapeva che se non fosse provvidenzialmente intervenuto James Potter a richiamare l'attenzione di Sirius, probabilmente lui avrebbe visto davvero l'ombra scura che aleggiava in lei.

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