Arya -parte II

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-non è colpa mia se ci caschi ogni volta, fortuna che voi Corvonero dovreste essere più svegli degli altri-

Arya borbottò qualche altra lamentela prima di farsi da parte osservando Regulus muoversi perfettamente a proprio agio nella stanza. Fu inevitabile per lei a quel punto constatare quanto lui e il fratello fossero così simili eppure così diversi, erano i piccoli dettagli a distinguerli più di ogni altra cosa. Tanto per fare un esempio Regulus era sempre vestito in modo impeccabile, senza che nemmeno un angolo del colletto della camicia fosse in disordine e Arya non si ricordava una sola volta in cui l'avesse visto senza la cravatta perfettamente annodata, ad eccezione delle partite di Quidditch a cui prendeva parte come cercatore per la squadra di Serpeverde. Sirius invece era completamente l'opposto, viaggiava sempre per i corridoi con gli ultimi due bottoni della camicia perennemente slacciati e la cravatta abbandonata mollemente attorno al collo, quando si ricordava di metterla. Inoltre Sirius non amava particolarmente il Quidditch, se mai preferiva le feste che seguivano alle vittorie di Grifondoro che, a quel che si diceva, erano sempre una scusa per scolarsi qualche bicchiere di whisky incendiario e appartarsi con una qualche ragazza. Fu allora, quando davanti ai suoi occhi di palesò l'immagine del bel Grifondoro avvinghiato a una compiacente sconosciuta che Arya scacciò quel pensiero fastidioso dalla mente per tornare a concentrarsi su Regulus che nel frattempo si era accomodato di fronte al maestoso pianoforte a coda

-tutto bene?-

le chiese sorridendole e Arya si sentì improvvisamente in colpa, come se gli stesse nascondendo un terribile segreto ma d'altronde sapeva benissimo che Regulus non sopportava il fratello, perciò non poteva certo fargli uno sproloquio su quello che era successo la sera prima sulla buia terrazza della Torre di Astronomia e così elaborò frettolosamente la prima frase che le venne in mente che non comprendesse la parola "Sirius":

-non hai risposto alla mia lettera quest'estate-

quasi istantaneamente tuttavia vide il sorriso di Regulus sparire, e quando distolse lo sguardo da lei Arya capì troppo tardi di aver detto ugualmente la cosa sbagliata.

-ma non... non importa-

tentò di aggiungere ma Regulus continuò a tenere lo sguardo fisso sull'ampia finestra oltre la quale si estendeva il parco di Hogwarts e poi la foresta proibita, coperta da una fitta e inquietante nebbia.

Regulus ricordava ancora perfettamente il rumore della carta che viene strappata e lo sguardo deluso di sua madre che gli ricordava che lui ora era l'unico erede della nobile e antica casata dei Black e che non gli avrebbe permesso di disonorare la loro famiglia intrattenendo rapporti con una mezzosangue. Regulus era rimasto in silenzio ad ascoltare la gracchiante voce di sua madre e quando finalmente era rimasto solo aveva raccolto tutti quei piccoli pezzettini di carta ed aveva obbligato Kreacher a rimetterli assieme dal momento che a lui non era permesso compiere incantesimi al di fuori delle mura di Hogwarts.

-mi dispiace, davvero, è solo che...-

-lo so, non importa-

disse Arya bloccando il flusso delle sue parole. Sentì come un improvviso vuoto invaderla e per un secondo rimase a guardare Regulus, che là, seduto davanti a quel pianoforte silenzioso, le appariva più lontano e più solo che mai.

Non ne avevano mai parlato veramente, ma Arya sapeva bene che la famiglia Black era sostenitrice della purezza del sangue e tutte quelle cavolate sulle tradizioni e le antiche casate perciò in cuor suo sapeva benissimo perché Regulus non aveva risposto alla sua lettera, ed era lo stesso motivo per cui suo padre aveva fatto lasciare il paese a sua madre e a sua sorella, essendo loro babbane.

-avevi detto di avere qualcosa per me-

disse sorridendogli e cercando di stemperare la tensione che si era creata, riportando l'attenzione sul vero motivo per cui si trovavano lì. Regulus la guardò per un attimo spaesato, come se fosse appena riemerso da un luogo lontano, prima di afferrare la bacchetta e con un breve movimento del polso far levitare una serie di fogli fuori dalla propria cartella. Arya si avvicinò afferrando al volo l'ultimo, prima che si posasse in cima agli altri sul leggio.

-"Arya"?-

lesse sorridendo il nome che lui aveva scelto per la composizione

-davvero originale-

disse lasciandosi scappare una piccola risata che fece rilassare anche Regulus. Il suo sorriso e il suo modo di ridere, così caldo e contagioso, erano due delle cose che Regulus amava di lei.

-oh prego, continua pure a prendermi in giro-

disse lui che, accantonati in un angolo della mente i cattivi pensieri, cercò con tutto sé stesso di apparire sinceramente offeso, eppure quella risata cristallina lo distraeva inesorabilmente dai propri propositi

-no scusa, è solo che nessuno ha mai pensato di dare il mio nome ad una canzone, è molto... carino-

disse Arya, sapendo benissimo quanto Regulus fosse un inguaribile perfezionista: per lui termini come "carino" non erano mai abbastanza, tutto ciò che lui faceva doveva essere se mai "bello" o "meraviglioso", non esistevano per lui le mezze misure e Arya si divertiva immensamente a prenderlo in giro per questa sua mania.

-carino dici? Va bene, me ne ricorderò alla prossima partita di Quidditch Corvonero-Serpeverde-

Regulus la osservò scuotere la testa e alzare gli occhi al cielo mentre con un movimento agile si posizionava con le gambe a penzoloni seduta sulla grande scrivania del professor Vitious. La guardò ancora un attimo mentre si sistemava le mani sotto le cosce coperte dalla gonna in tweed, incrociando i piedi, e poi sfiorò con le dita i tasti di fronte a lui, dapprima delicatamente, senza che da essi si levasse alcun suono, e poi con decisione, dando inizio alla melodia.

L'aveva scritta davvero pensando a lei, unendo ritmi diversi e in modo che fosse dolce ma allegra al tempo stesso. Perché Arya era così, lei era un mix unico di modi di essere diversi che a tratti sembravano cozzare tra loro: sapeva essere estremamente precisa e attenta nello studio nonostante avesse un'incredibile propensione alla trasgressione delle regole oppure sapeva diventare un'agguerrita cacciatrice quando si trovava sul campo da Quidditch e trasformarsi in un secondo in una figura leggera e delicata quando si sedeva davanti al pianoforte e accarezzava i tasti con una dolcezza infinita.

Regulus alzò lo sguardo e la vide lì mentre muoveva a ritmo la testa e un piede, con gli occhi chiusi e lo sguardo rilassato e pacifico, e un milione di cose gli passarono per la testa in quel momento, un fiume di pensieri che confluì tutto in quegli occhi azzurri che ora gli sorridevano.

-è bellissima-

disse Arya e Regulus non poté fare a meno di guardarla compiaciuto

-lo so-

-oh ti prego, non essere così modesto!-

gli disse scendendo con un piccolo balzo dalla cattedra e avvicinandosi cominciò a gesticolare con una mano

-spostati Mozart, ora tocca a me-

Regulus non aveva la minima idea di chi fosse "Mozart" ma ubbidì ugualmente, cedendole il proprio posto al centro dello sgabello imbottito. Arya si sgranchì teatralmente le mani prima di abbracciare con le dita una serie di tasti bianchi e neri, il suo viso si contorse appena in un'espressione concentrata e non appena ebbe chiuso gli occhi una lieve e sottile melodia si diffuse tutta attorno a loro, avvolgendoli delicatamente.

Regulus avrebbe dato qualsiasi cosa perché il tempo in quella stanza si fermasse, perché il giorno non tornasse ad illuminare, rendendolo più evidente che mai, l'abisso che separava lui ed Arya. Quell'abisso fatto di pregiudizi e di stupide ideologie che dividevano il mondo in sanguepuro e sanguesporco. Per quanto lui si sforzasse, non riusciva a non pensare alle parole di sua madre. "È ora che tu diventi un uomo Regulus e che ti comporti come il degno erede della famiglia Black", gli aveva detto quel giorno, dopo aver fatto a brandelli la lettera di Arya e Regulus sapeva benissimo cosa avrebbe comportato quella frase.

Nonostante questo, nonostante tutto ciò che li attendeva, quando le dita di Regulus si posarono accanto a quelle di Arya, nuovi suoni si articolarono tutti attorno a loro, armonizzandosi perfettamente gli uni con gli altri. E così, almeno per quella notte, ogni vuoto fu colmato, ogni distanza fu azzerata, ogni pregiudizio fu distrutto.

LumosWhere stories live. Discover now