Il piano, la fuga, la libertà - parte II

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Quando la porta della cameretta di Grace si aprì, Gabrielle era ancora seduta in un angolo del lucido pavimento in legno con la piccola stretta tra le braccia. Tuttavia, lo shock e il labbro rotto non le impedirono di afferrare prontamente la bacchetta e puntarla davanti a sé: era pronta ad ucciderlo, questa volta l'avrebbe fatto davvero se Bruce avesse provato di nuovo ad avvicinarsi a lei o ai suoi figli. La bacchetta però le scivolò mollemente tra le dita finendo per rotolare rumorosamente sul pavimento quando di fronte a lei non si parò la figura scura ed imponente di suo marito, ma quella di Arya.

-Arya, ma cosa... -

-Gabrielle mi dispiace, mi dispiace tantissimo... stai bene? –

Le chiese l'amica precipitandosi ad inginocchiarsi di fronte a lei per esaminarle il labbro ferito. Gabrielle si sentì rispondere distrattamente di sì, mentre cercava di spiegarsi come fosse possibile che la sua amica fosse lì e perché.

-Bruce potrebbe tornare a momenti, devi andartene subito-

Le disse quindi, in un lampo di lucidità. Ma Arya scosse la testa, mentre con un movimento rapido della bacchetta fece in modo che la ferita sul viso di Gabrielle si rimarginasse.

-Jonathan lo sta trattenendo, ma non abbiamo molto tempo, dobbiamo andare-

-andare dove? Lui verrà a cercarmi-

-andiamo in Inghilterra. Tu e i bambini sarete in un posto sicuro dove Bruce non potrà trovarvi. Ti prego Gabrielle, vieni via con me-

La supplicò sfiorandole appena la pelle arrossata nel punto in cui Bruce l'aveva colpita. Gabrielle non le rispose subito, perché prima si prese qualche istante per contemplare la piccola Grace che dormiva pacifica tra le sue braccia come se nulla fosse mai successo. Quantomeno Bruce se l'era presa solo con lei. "Per questa volta", le ricordò la sua mente e quando il pensiero che suo marito un giorno avrebbe potuto sfogare i propri momenti d'ira su Grace la sfiorò, Gabrielle si sentì gelare.

-sei certa che sia un posto sicuro? –

Chiese quindi all'amica, pregando con tutta sé stessa che alla fine Arya sarebbe riuscita davvero a convincerla ad andarsene da quella casa.

-più che certa. Hai la mia parola, Gabrielle: lui non vi troverà, mai più-

Gabrielle avvertì le lacrime salirle agli occhi, mentre accarezzando dolcemente il viso della propria bambina annuiva, dapprima sommessamente e poi con sempre maggiore convinzione, finché alla fine non accettò di alzarsi dal pavimento lucido.

Scivolarono poi nel silenzio della casa fino alla cameretta in cui Ethan dormiva avvolto nelle coperte su cui sfrecciavano una dozzina di boccini dorati.

-tesoro, tesoro svegliati, dobbiamo andare-

Gabrielle si sforzò di sorridergli, come se andasse tutto bene e il suo viso non fosse il riflesso di tutti quei sentimenti che sentiva fremerle dentro: paura, trepidazione, ansia, sollievo. Il bambino si voltò a guardarla con gli occhi verdi perfettamente svegli e vigili, tuttavia non le rispose spostando invece lo sguardo su Arya, prima di tornare a rivolgerlo alla madre

-lei chi è? –

-è una mia amica, ci porterà in un posto sicuro, ma dobbiamo andare ora, Ethan-

-papà si arrabbierà di nuovo quando lo scoprirà. Non voglio che si arrabbi di nuovo-

-sì, papà si arrabbierà, ma saremo in un luogo dove non potrà trovarci, te lo prometto-

Gli disse e dopo un po' finalmente il bambino si convinse ad alzarsi dalle coperte, lasciando che Gabrielle lo liberasse velocemente del pigiamino per infilargli poi un maglione pesante, pantaloni, scarpe e cappotto.

LumosWhere stories live. Discover now