Fai ciò che devi

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20 settembre 1976. Campo da Quidditch, Hogwarts

-assolutamente no-

Ripeté ostinatamente Arya dopo che per la terza volta Regulus l'ebbe pregata di non prendere parte alla partita: Regulus si rese conto per la prima volta di quanto l'amica sapesse essere ostinata e ferma nei propri propositi, sfoggiando un'invidiabile determinazione nel sostenere le proprie ragioni. Per un secondo fu persino tentato di dirle la verità, di spiegarle cosa Nott avesse intenzione di fare e il perché, ma non voleva che Arya sapesse che suo padre era coinvolto in qualche modo nei loschi traffici del Signore Oscuro

-Arya... -

-no, basta così, tu non hai intenzione di darmi spiegazioni e io giocherò questa partita, fine della discussione-

Regulus tentò di fermarla ma Arya gli aveva già voltato le spalle, incamminandosi verso lo stretto corridoio che dagli spogliatoi portava direttamente sul campo da gioco, per raggiungere il resto della propria squadra, che si preparava a fare il proprio ingresso sul soffice terreno erboso.

-dove eri finito, Black? –

Gli chiese Nott, passando la punta dell'indice su una piccola scheggiatura sul manico della propria scopa

-non sono cazzi tuoi-

Gli rispose secco Regulus, sistemandosi proprio davanti al compagno di squadra, il quale perse improvvisamente ogni attenzione per la propria scopa: Regulus gli dava le spalle, ma riusciva ugualmente a percepire quel suo fastidioso sorriso compiaciuto

-sicuro che non c'è nulla che ti preoccupi? –

Gli sussurrò avvicinandosi al suo orecchio destro e per riflesso Regulus non poté fare a meno di voltarsi appena, volgendo lo sguardo alle sue spalle, verso il punto in cui Arya stava in piedi, la schiena diritta e lo sguardo concentrato, fisso davanti a sé. Percepì anche lo sguardo di Nott posarsi su di lei, ed il suo sorriso allargarsi

-fai ciò che devi-

Disse infine, sforzandosi di convincersi che ci sarebbe voluto ben altro che quel imbecille di Nott per far cadere Arya Ellis-Miller dalla propria scopa.

Quando i suoi piedi si staccarono da terra, Arya, come sempre, si costrinse a guardare di fronte a sé e a dimenticare che sotto di lei c'erano null'altro che una decina di metri di vuoto. Una volta ferma a mezz'aria chiuse gli occhi, serrando più saldamente le proprie mani attorno al manico della sua Nimbus: non aveva mai volato su una scopa prima di arrivare ad Hogwarts, in parte perché il quartiere in cui abitava a Londra era prevalentemente babbano perciò non era davvero il caso che qualche ignara vecchietta la vedesse volare fuori da una delle finestre su di una scopa magica, ma soprattutto sua madre le aveva tassativamente vietato di salire su qualsivoglia genere di scopa, persino quella che la loro governante usava per pulire casa: Elizabeth Ellis-Miller era tutto sommato molto aperta nei confronti di tutte quelle stranezze del mondo magico che inevitabilmente erano entrate a far parte della sua vita quotidiana, tuttavia quando aveva capito cosa suo marito intendesse con le espressioni "scopa magica" e "Quidditch" l'aveva guardato sconvolta per il fatto che volesse sistemare sua figlia di appena cinque anni in sella ad un manico di scopa incantato che poteva volare a decine di metri da terra e ad una velocità che sfiorava quella di un'auto da corsa babbana. Ad ogni modo, ad essere più deluso per l'inflessibilità di sua madre sul fatto che Arya non avrebbe volato finché non fosse andata ad Hogwarts, fu proprio suo padre, ed anche per questo Arya si era presentata alle selezioni per un posto da cacciatrice nella squadra della propria casata: Edward Ellis-Miller era stato uno dei migliori cacciatori di Serpeverde e lei non avrebbe mai voluto deluderlo confessando di avere un'irrimediabile paura dell'altezza.

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